Qualche anno fa un gruppo di giovani donne musulmane italiane si impegnava nel dare vita al Progetto Aisha, per difendere i diritti delle donne vittime di violenza, ma non solo.
Il Progetto Aisha è nato a Milano come attività socio-culturale all’interno della realtà islamica per la difesa dei diritti delle donne vittime di violenza. Nel 2017 è diventato un’associazione di promozione sociale, gestita da donne per aiutare altre donne. Lo scopo iniziale del Progetto era quello di proteggere le vittime di violenze tra le mura domestiche.
La fondatrice Amina Al Zeer, attivista nata a Modena, aveva iniziato a far visita alle donne della comunità islamica, con l’obiettivo di aiutare le vittime di ogni tipo di violenza, offrendo supporto sociale e psicologico. Parlando della sua esperienza Amina ha raccontato che, dopo aver subito in prima persona maltrattamenti nel suo precedente matrimonio, si è resa conto della “mancanza di ascolto in questa società, del bisogno urgente di un luogo sicuro, dove le donne musulmane potessero sentirsi libere e non giudicate”.
Amina è diventata la vicepresidente del Progetto Aisha e insieme a lei, per la difesa dei diritti delle donne, lavorano anche Bianca Guarino, medico omeopata, la presidente Selma Ghrewati, l’educatrice e terapeuta Sara Sayed e Dina El Nassag nella comunicazione. Un team tutto al femminile. Tutte donne che lavorano per aiutare altre donne (e non solo).
La missione del Progetto Aisha: emancipazione femminile e lavoro
La missione del Progetto Aisha è quella di aiutare le donne ad emanciparsi, attraverso la libertà di scelta e l’indipendenza economico-sociale. Viene offerto un sostegno specifico a chi è vittima di maltrattamenti e discriminazioni.
Amina e le sue colleghe raccontano che: “Alla nostra porta bussano donne spaventate (di cui il 20% non musulmane), vittime di violenza psicologica e fisica. Purtroppo è difficile che si rivolgano a noi al primo schiaffo, quando arrivano qui portano in dote un disastro taciuto per anni, per timore di essere stigmatizzate, di perdere la patria potestà, ma anche per la mancata conoscenza dei servizi preposti al loro aiuto e, talvolta, per le barriere linguistiche e culturali che le rendono incapaci di comunicare con immediatezza”.
Il primo contatto che si ha con l’associazione viene fornito attraverso uno sportello di ascolto, per instaurare un immediato rapporto di fiducia. Successivamente si attiva un programma di inserimento all’interno della società attraverso il riconoscimento dei propri diritti. La riappropriazione della persona è il primo step fondamentale per riscoprire le proprie abilità e per inserirsi nel mondo del lavoro.
L’associazione Aisha cerca di lottare contro le discriminazioni che tutti i giorni devono subire le donne in Italia, e in particolare modo quelle islamiche. Amina dice infatti che: “Già le donne in Italia partono svantaggiate sul mercato del lavoro, se poi portano il velo ancora di più. Ci sono imprese di pulizie, per esempio, che proprio non ti assumono se indossi il chador. Alcune, pur di guadagnare qualcosa, sono disposte a toglierlo. Anche questa, però, è una forma di violenza.”
Il Progetto Aisha promuove anche una campagna di sensibilizzazione contro l’islamofobia nelle scuole: famosa è infatti la loro rubrica social “Chiedilo all’imam”. Le donne del Progetto Aisha nelle scorse settimane sono riuscite ad organizzare il primo International Youth Forum Against Islamophobia a Roma: un evento per promuovere l’integrazione e le diversità culturali, con giovani provenienti da tutta l’Italia e l’ Europa.
Francesca Mazzini
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