I più penalizzati sul mondo del lavoro sono i lavoratori stranieri, ma quelle più colpite sono le donne straniere. Secondo i dati riportati dall’Istat, i posti perduti dalle donne straniere sono 109mila. Queste donne svolgono per lo più lavori precari e più esposti al contagio.
I dati del Dossier Statistico immigrazione: la situazione occupazionale delle donne
A riportare i dati è il “Dossier statistico immigrazione“, presentato oggi 28 ottobre. Nei dati si legge che sono le lavoratrici donne straniere ad aver sofferto maggiormente la crisi causata dalla pandemia, sia a causa della perdita di lavoro che per i contagi. Tra gli stranieri residenti in Italia (l’8,5% della popolazione del Paese), il 51,9% sono donne, per un totale di 2,6 milioni di persone. In prevalenza sono donne provenienti dalla Romania (650mila), seguite da albanesi e marocchine. In totale si contano 198 provenienze geoculturali diverse.
Le donne straniere sono fin dagli anni ’70, protagoniste sia dell’immigrazione che dell’inserimento nel mondo lavorativo. Alla fine del 2020, il 42% degli occupati stranieri è donna, dato del tutto in linea con quello della popolazione italiana. I dati sono stati raccolti dall’Istat, nella Rilevazione sulle Forze Lavoro dell’Istat. Con la crisi economica causata dalla pandemia sono tornati ad aumentare i divari tra italiani e stranieri. Le donne straniere sono ancora più svantaggiante, in quanto donne e in quanto straniere.
La pandemia ha prodotto un calo eccezionale dell’occupazione (-456mila, -20%). I più colpiti sono gli stranieri (-159mila, -6,4%) e tra loro le donne sono le più penalizzate: -109mila posti di lavoro, in percentuale il 10%. Le donne da sole coprono un quarto delle perdite totali: il 24%. La situazione peggiore la vivono le donne per le lavoratrici straniere, che in percentuale hanno perso il lavoro in misura più alta, rispetto agli uomini stranieri (-10% contro 3,5%). Le donne italiana hanno perso il lavoro in misura simile ai connazionali maschi, -1,6% contro -1,3%.
Il tasso di occupazione delle donne straniere ha subìto un calo di 4,9 punti percentuali. Il doppio rispetto agli uomini stranieri (-2,2) e otto volte quello delle donne italiane (-0,6). In forte aumento anche le quote delle sotto-occupate, cioè le donne che lavorano meno di quanto vorrebbero. Nel 2020 sono il 14% tra le straniere (nel 2018 erano l’8,1%) e il 9,1% tra le italiane. Elevata anche la percentuale delle sovraistruite: il 42,3% delle lavoratrici straniere ha un livello di istruzione superiore alla mansioni svolte. Quota nettamente superiore alle donne italiane (24,8%) e degli immigrati maschi (27,7%).
Le professioni svolte dalle donne straniere: tra precarietà e accesso ritardato alla vaccinazione
I lavori svolti dalle straniere sono anche quelli meno tutelati e più esposti alla precarietà. Più della metà di esse svolge 3 professioni: collaboratrici domestiche, badanti, addette alla pulizia di uffici e esercizi commerciali. I maschi stranieri svolgono prevalentemente 13 professioni, le donne italiane 20. Il 39,7% delle donne straniere è un’addetta ai servizi domestici o di cura. A pesare sul loro lavoro anche la lentezza delle procedure di regolarizzazione del lavoro nei settori domestici. Questi tipi di lavoro limita fortemente la possibilità per queste donne di contare sul blocco licenziamenti e sull’accesso alla cassa integrazione. Tra gli stranieri, le donne che percepiscono cassa integrazione ordinaria sono solo il 10,5%, 24,3% in quella straordinaria.
Le assistenti familiari e le lavoratrici socio-sanitarie pagano anche un duro prezzo in termini di salute ed esposizione al Covid. Con la pandemia è aumentato il Caregiver’s burden, l’impatto che il lavoro ha sul benessere psicofisico. Allo stress psicofisico si aggiunge il rischio di contagio e la preoccupazione di perdere il lavoro. Solo dopo diversi mesi il contagio sul posto di lavoro è stato riconosciuto come infortunio. Tra i contagi denunciati all’Inail dai lavoratori stranieri 8 su 10 si riferiscono a donne.
Anche l’accesso al vaccino è stato ritardato rispetto ad altre categorie “a rischio“. Alle caregiver non è stato garantito da subito l’accesso prioritario alla vaccinazione. Molte di queste donne mentre erano in viaggio nel loro Paese d’origine, hanno aderito alle vaccinazioni locali, a volte con gravi conseguenze. Nei paesi dell’est è infatti somministrato lo Sputnik, che, oltre ad essere rischioso, non garantisce il rilascio del Green Pass in Italia.
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