Encanto è, nomen omen, un film incantevole e incantato, al quale spero di rendere giustizia con la seguente recensione; che però so già, per forza di cose, non sarà sufficiente a evocare la potenza narrativa, immaginifica ed emozionante di quello che non stento a definire un nuovo capolavoro Disney. Sulle orme musicali di Coco, nel solco emotivo assolutamente adulto tracciato da Onward, Encanto scorre veloce nella nostra immaginazione; che siate adulti, ragazzi o bambini non importa: sa quando colpire, e come dosare la forza per lasciare il segno senza fare (troppo) male.
Non lasciatevi ingannare dal coloratissimo impianto estetico, o dalla natura di cartone-musical vecchio stampo della produzione. Encanto è un film stratificato e complesso, ma solo per chi vorrà scavare più a fondo nella pellicola… e in sé stesso. Un lungometraggio animato che come e a tratti più di Soul (di Pixar) parla agli adulti persino più che ai bambini. Ai quali però riserva, oltre a un messaggio di cui fare tesoro in futuro, anche uno spettacolo sonoro e visivo a dir poco scoppiettante.
Encanto Recensione, saturazione al massimo…
Encanto è ambientato in una non meglio specificata regione del Sud America. Similmente a Coco, quindi, fin dal primo istante il film vi avvolge in una calda atmosfera fatta di musica compassata, con trombe e chitarre a tutto volume, accenti ispanici e terminologie in lingua originale (lo spagnolo) pronunciate dai personaggi con naturalezza; senza marcarle eccessivamente, ma nemmeno nascondendole sullo sfondo dei dialoghi. Quando, poi, si accendono i riflettori su ambientazioni e personaggi, farete meglio ad avere pronto un bel paio di occhiali scuri.
Infatti, in Encanto vi attendono colori molto saturi e palette variopinte e accese; mai innaturali per il contesto narrativo, essenziali per rappresentare una cultura vivace e un cast in perenne movimento. Perfette, anche, sia per sottolineare la vivacità delle situazioni proposte, che per enfatizzare i momenti “di buio” emotivo. Se lo schermo si spegne, e la situazione dei protagonisti si fa dura, l’impianto colorimetrico è il primo a parlarvi direttamente e senza possibilità di fraintendimenti.
Lo segue a ruota la colonna sonora, i cui generi, sia per i brani cantati che per i sottofondi, mixano sonorità modernissime e strumenti tipici della cultura latino-americana; proponendo, e non era scontato, testi solidi, mai forzati persino per un musical. Le cui esigenze narrative, per la natura stessa del genere, possono spesso imporre brani meno godibili se estrapolati dal contesto della trama. A memoria, solo un paio di canzoni perdono di senso e intensità se ascoltate distanti dalle vicende raccontate nel film.
Solo dopo, per ultima, interviene la narrazione diretta: lo script di Encanto. Quasi a volerci dire che il film, come la “casita” della famiglia Madrigal, non ha bisogno di troppi dialoghi per arrivare dritto dove deve nelle menti e nei cuori degli spettatori di tutte le età.
…per un casto IPER variopinto
In Encanto, motivo per cui sono FELICISSIMO di poter scrivere questa recensione, Disney ha realizzato un piccolo miracolo. Fondendo insieme l’immaginario supereroistico e magico, una cultura quasi religiosa e il concetto di “famiglia”, ha infatti dato vita ai Madrigal; i protagonisti di Encanto. Sebbene, per forza di cose, il film si concentri maggiormente sulle vicende di una sola di loro, la giovane Mirabela, nessun membro della famiglia può essere escluso dalla narrazione senza distruggere il delicato equilibrio di Encanto.
Da quando la matriarca (e non a caso i Madrigal si chiamano in questo modo…) ha ricevuto la benedizione di una candela magica, la sua discendenza ha ricevuto in dono straordinari talenti magici. Tanto bilanciati e credibili (in un impianto fantascientifico/fantasy) che ciascuno dei membri dei Madrigal non sfigurerebbe di fianco agli Avengers. Va da sè che i talenti corrispondono e plasmano la psicologia di chi li riceve; non si sa, e qui sta il bello, se adattandosi al carattere pre-esistente dei personaggi, o influenzandoli in seguito all’ottenimento del potere.
Senza fare spoiler, giusto per offrire un esempio pratico, la fortissima sorella di Mirabela, capace di alzare e portare sulle spalle una chiesa intera, soffre del complesso di Atlante; e tutto il peso “fisico” che riesce a portare sulle spalle lo somatizza “al contrario”, avvertendone gli effetti sul piano psicologico. Mentre Mirabela, cerca di sopperire con l’entusiasmo e il dinamismo il fatto che la candela magica abbia “saltato” una generazione con lei; Mirabela è difatti l’unica Madrigal senza un talento.
“Accettarsi” non significa “rassegnarsi”
Il vero miracolo di Encanto, però, non è nella capacità di far sognare i bambini mettendo in mostra una famiglia di supereroi “a la Incredibili”. Nè nel mero e “scontato” messaggio di fondo che Mirabela avrebbe potuto lanciare a pieni polmoni una canzone alla volta. Perchè “accettarsi”, in Encanto, FINALMENTE non significa “rassegnarsi”. Non è sinonimo di arrendersi all’evidenza, o di fare spallucce, come fa inizialmente Mirabela per tutta l’intro della pellicola. L’accettazione di sé stessi e dei propri limiti, dei propri desideri e delle proprie ambizioni prescinde dal “talento” innato che possediamo; dall’immagine di noi che restituiamo “al di fuori”.
Accettarsi è un processo lento e laborioso; sofferto e dolorosissimo. Un processo che tutti, indistintamente, dobbiamo affrontare nella vita persino più di una volta; precisamente, ogni volta che apprendiamo qualcosa in più su noi stessi, e decidiamo con coraggio di aprirci a chi ci vuole bene per lasciare un pezzo di noi dentro di loro. Encanto, dietro la patina luccicante e musicalmente “da montagne russe” che pone di fronte allo spettatore con abilità sopraffina, nasconde tutta “la polvere” delle esistenze dei protagonisti. Quella polvere che inutilmente provano a celare alla vista. Che anche noi, gli spettatori, tentiamo di occultare a noi stessi in primis.
Il vero miracolo di Encanto è dunque offrire un’interpretazione differente dalla massa di produzioni, anche della stessa Disney, che affollano la cinematografia e l’animazione. Calcando la mano con forza sul suo messaggio profondissimo, che si svela in tutta la sua forza emozionale esplodendo come tanti piccoli Geyser lungo lo svolgimento del film. Non, quindi, tutto insieme alla fine; ma come un percorso costellato di trial and error; di avvicinamenti e allontanamenti; di emozioni realistiche, poste in un contesto irrealistico. Che poi, a ben pensarci, è uno specchio magico in cui riflettere incertezze, dubbi, paure molto più realistiche di quanto potremmo mai immaginare.
Encanto Recensione, welcome to the Family Madrigal!
Benvenuti nella famiglia Madrigal, dunque! Una squadra imperfetta che rappresenta perfettamente le famiglie, i sentimenti di chiunque desideri esplorare lati di sé che il “super io” della società, o di noi stessi, schiacciano sul fondo delle nostre personalità. Una famiglia in cui chiunque troverà un personaggio in cui riconoscersi; protagonista di un film al quale non riesco, anche cercando di essere molto obiettivo, a trovare veri difetti. A partire dall’intreccio narrativo, che porta il film dall’inizio alla fine senza incongruenze, leggerezze o “WTF” tipici dei cartoni animati.
La musica, poi, è coinvolgente e mai banale, né riciclata o “gratuita”; fruibile sia nel film come strumento narrativo, che al di fuori, come brani a sé stanti. Ma un plauso ulteriore va al design dei personaggi, che è peculiare e unico NON nel senso che Disney non ci abbia mai proposto tratti fisici simili; infatti molti dei volti o dei Body Type presenti in Encanto sono sovrapponibili con altri personaggi dell’universo “animazione digitale” Disney. Ma è unico perché riesce a comunicare al primo sguardo psicologia, talenti, emotività dei protagonisti. Si tratta di un design, insomma, attentamente “personalizzato”, cucito su misura per i personaggi. Infine, inquadrature e fotografia, tecnicismi assortiti e vari non li commento nemmeno: Disney, ormai, non ha certo bisogno di presentazioni o insegnamenti al riguardo.
Encanto Recensione, in conclusione: perfetto
Encanto vi stupirà, rapendovi con il suo ritmo cangiante e travolgente sotto ogni punto di vista. Vi lascerà dentro un’emozione durevole, che non potrete rimuovere facilmente a meno che non l’abbiate già affrontata in passato. E anche in quel caso, ricordarla potrebbe far rinascere in voi un’emotività sopita, parte della nostra natura umana. Il bello, è che il film riesce in tutto questo senza dimenticarsi mai di “incantare” i più piccoli con l’atmosfera magica; quella tipica del marchio Disney (esigente sempre e solo…). Insomma, ormai se avete letto con attenzione questa recensione lo avrete capito: Encanto è un nuovo, grande capolavoro classico dell’animazione. Destinato a far parlare di sé negli anni a venire, parlando alle nostre anime con una lingua più moderna dei classici provenienti dal passato; ma con lo stesso, intatto, desiderio di spronarci a far avverare i nostri sogni.
E dato che oggi “sognare e sperare fermamente, dimenticando il presente” come faceva Cenerentola non è più possibile per tanti, Encanto ci insegna anche che non basta “un poco di zucchero” per mandare giù la pillola. Piuttosto, che possiamo accorgerci, con l’aiuto dei nostri cari, che forse, semplicemente, quella pillola non è la medicina che fa per noi.
ENCANTO
Data di uscita: al cinema dal 24 novembre
Durata: 107 minuti
Distribuzione: The Walt Disney Company Italia