Un Natale da cani”, la prima puntata dei Simpson andata in onda per intero, usciva il 17 dicembre del 1989. Con oltre trent’anni di programmazione ininterrotta e di puntate viste e riviste che però non stancano mai, è difficile riuscire a prendere le distanze dai Simpson per cercare di vederli come veicoli di temi didascalici che colpiscono la società americana, il consumismo e la mediocrità della famiglia tipo. Perché sì, i Simpson colpiscono tutti questi bersagli e anche molto altro, ma senza sforzo: Matt Groening voleva soltanto divertirsi, con i suoi omini gialli. Ma perché i Simpson continuano a piacerci così tanto? Forse, in fin dei conti, anche perché ci somigliano.

La famiglia Simpson al centro di Springfield

Potremmo parlare dei Simpson per ore. Come accade per ogni storia (anche per la nostra storia personale) il tema sale a galla dopo un iniziale e casuale immistione di ingredienti. Quindi è vero, Matt Groening voleva divertirsi, ma i cinque geni gialli che ha generato dal caso si sono fatti e modificati da soli, e ci raccontano qualcosa di precisissimo. La cittadina di Springfield è abitata da tutti gli archetipi umani e si potrebbe dedicare un lungo articolo a ognuno di loro.

I Simpson funzionano così bene anche per questo: ogni personaggio è un nucleo compiuto. Hanno tutti una storia dettagliata, un background preciso e una caratterizzazione estremizzata ma sempre verosimile. Potremmo parlare a lungo del religiosissimo Ned Flanders, del corrotto commissario Winchster o del malefico signor Burns, ma in questo articolo ci focalizzeremo sul vero centro delle vicende: la famiglia Simpson. Noi conosciamo Springfield sempre con gli occhi di Homer, di Marge, di Bart e di Lisa (e a volte anche di Maggie), e non ci siamo mai accorti di quanto la loro vita somigli alla nostra. Che cosa rappresentano i Simpson, e che cosa rappresenta Springfield?

Homer e Marge Simpson

Homer e Marge si sono conosciuti ai tempi della scuola, come accade a molte coppie consolidate anche nel mondo vero. Si frequentano con leggerezza fino a che Marge non rimane incinta per errore. Marge è una delicata ragazza dedita allo studio che si vede costretta ad abbandonare le proprie passioni. Homer, un ragazzotto tutto birra e superbowl, ha un cuore buono ma non conosce l’amore di una famiglia vera. Matt Groening ha creato la pozione perfetta per esemplificare la mediocrità- una mediocrità socialmente imposta che ci spinge a sacrificare tutto in nome dell’ordinario. Ma se da un lato Homer e Marge rappresentano in pieno le tacite regole sociali che portano senza sconti ad una vita infelice, dall’altro si mostrano anche come perfetti ignari della trappola in cui sono finiti. E anzi, nella trappola sembrano viverci benissimo.

La coppia inventata da Groening non scoppia mai, nemmeno davanti alle situazioni più catastrofiche (ma davvero esilaranti). Il motivo forse risiede davvero nella loro ingenuità: Homer e Marge non lo sanno, di vivere in un mondo corrotto. Nemmeno l’alcolismo di Homer viene recepito come un problema. Non si accorgono di essere finiti in trappola: Springfield è e sarà per sempre tutto quello che conoscono, anche nelle puntate in cui si mostra il loro futuro, anche senza i figli per casa. E se vogliamo davvero provare a ricamare una filosofia dietro alla vita dei signori Simpson, non possiamo non notare quanto ci somiglino. Springfield è confortante, pur nelle sue contraddizioni, come del resto è confortante la nostra routine fatta di chiacchiere, serie TV, lavoro, casa, aperitivi… che se il mondo andasse in pezzi, noi non ce ne accorgeremmo. Quanto riusciamo davvero a percepire l’oscurità intorno alle nostre vite ordinarie?

I figli dell’America: Bart, Lisa e Maggie

Dalla mediocrità da manuale- alleggerita dalle gesta di Homer, che scavalcano l’ordinario senza volerlo-, vengono generati Bart, Lisa e Maggie. Rispettivamente: il bambino iper-stimolato, la bambina prodigio promessa d’America e l’incognita verso il futuro. Bart, Lisa e Maggie sono i figli dell’America, della televisione, del sistema scolastico scadente e della scatola in cui ci infilano appena cominciamo a vedere bene. Springfield inghiotte anche loro, educandoli con quello che può e generando tre risultati differenti. Bart è il teppista dal cuore tenero, abituato all’iper-stimolazione, ai cartoni animati violenti e senza limite e alle corruzioni che non vengono censurate. Lisa, all’opposto, lotta e sgomita per mantenersi un posto d’onore sul podio dei migliori della classe, terrorizzata all’idea di rimanere a Springfield per sempre. Maggie, anche se dotata di un’intelligenza geniale, non dice mai una parola.

La società ci educa alla violenza e alla corruzione, ma poi si aspetta che tu non sbagli. Ci offre le armi, ci mostra come sparare e poi se ne lava le mani, se tu spari davvero. E a Springfield la situazione è proprio questa. Bart è costretto a sbagliare e sarà per sempre condannato a credere di essere un buono a nulla. E quanto a Lisa: anche la giovane campionessa di spelling incarna perfettamente l’ideale dominante della società contemporanea. O competi e vinci, oppure non ti scolli dalle sabbie mobili in cui sei incastrato da quando sei nato. E non importa quanto sei disposto a cedere per vincere, né a qualcuno importa se non avrai mai le possibilità di gareggiare. Lisa crede davvero al sogno di diventare Presidentessa degli Stati Uniti: vorrebbe cambiare il mondo, senza accorgersi di essere soltanto un ingranaggio del sistema che detesta così tanto.

Una filosofia del riflesso

Un cartone animato che denuncia la società, utilizzando gli stessi stili di comunicazione della società che denuncia, è qualcosa di geniale e oscuro allo stesso tempo. Perché i Simpson sono diseducativi ed educativi nello stesso momento, e probabilmente questo è il loro segreto di lunga vita. Ci mostrano una Springfield terribile, ma anche così divertente. E non solo: ci mostrano la nostra stessa società, ma sono capaci di non farcelo capire. Homer ha dei problemi con l’alcool, Marge ha sviluppato delle nevrosi, Lisa non si è mai goduta la propria infanzia perché spinta alla competizione ossessiva e necessaria, Bart non combinerà mai nulla nella vita e Maggie non imparerà mai a comunicare perché appartiene a una nuova generazione… ma chi pensa davvero a queste cose, quando guarda i Simpson?

Nessuno, ed è giusto che sia così. I Simpson sono tantissime cose, e allo stesso tempo non sono niente: è solo intrattenimento. E l’intrattenimento non deve essere né giusto, né sbagliato: rispecchia soltanto l’ambiente in cui nasce. Se Bart e Lisa crescono davanti a Grattachecca e Fichetto, noi siamo cresciuti davanti ai Simpson. Matt Groening in fondo ha soltanto messo la propria famiglia e la propria infanzia nei suoi disegni. Come rispondere allora alla domanda iniziale? Qual è la filosofia contemporanea dietro ai Simpson? Forse, si tratta di una filosofia del riflesso: i Simpson riflettono una società che denunciano, e in cui noi ci riflettiamo. La filosofia che sta davvero alla base è quella di saper riconoscere i prodotti sociali e sapersi chiedere da dove arrivano e dove vogliono portarci. Solo così possiamo davvero iniziare a captare l’oscurità che abbiamo sotto il naso, ma che non riusciamo a vedere.

Immagine di copertina © Tara Ziemba

Marta Barone

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