«Siamo stati carne da macello per 9 anni» commenta il legale della famiglia Cucchi. L’avocato Anselmo ha infatti seguito le vicende processuali dei Cucchi e, all’indomani della sua durissima arringa e richiesta milionaria di risarcimento, spiega: «Non ce la facciamo più: è stato fatto di tutto per nascondere responsabilità gravi».

Una verità che sarebbe stata nascosta con depistaggi per quasi 12 anni. Era infatti il 22 ottobre 2009 quando Stefano Cucchi morì in carcere, mentre era nelle mani dello Stato per detenzione di droga, ed iniziò quindi il successivo processo a carico di otto Carabinieri di Roma i cui nomi sono: Alessandro Casarsi, Francesco Cavallo, Luciano Soligo, Luca De Cianni, Tiziano Testarmata, Francesco Di Sano, Lorenzo Sabatino e Massimiliano Colombo Labriola.

Le accuse di depistaggio

Gli otto militari oggi alla sbarra sono accusati dalla famiglia Cucchi di aver messo in atto attività per sviare le indagini. «Depistaggi – ha chiarito l’avvocato Anselmo – finalizzati, fin dal primo momento, ad allontanare qualsivoglia responsabilità delle istituzioni dello Stato». L’Avvocato Anselmo fa quindi nomi e cognomi: «Depistaggi che hanno come principale motore e ‘anima nera’ nel generale Alessandro Casarsa». Ma alla fine, ha affermato il legale Fabio Anselmo, la verità sulla morte di Stefano Cucchi è emersa. Il PM Musarò ha quindi chiesto, per gli otto militari, condanne per 34 anni di carcere.

Il ruolo di Casarsa

È proprio contro di lui che è partita l’invettiva più dura dell’avvocato Anselmo: «L’esame di Casarsa è una confessione – ha affermato Anselmo – di chi sente al di sopra di tutto e di tutti, di chi mostra un amore viscerale per la carriera. È l’uomo operativo. Si è tentato di farci credere che nessuno sapeva nulla, che le notizie venivano apprese dalla stampa. La cosa che più mi ha stupito in questo processo è che si è negata l’evidenza, la logica, fino alla fine». Secondo il legale, Casarsa, più alto in grado nella catena di comando, sarebbe il «principale motore e anima nera» nell’attività di depistaggio. Una mistificazione continua della realtà messa in atto per “allontanare qualsiasi responsabilità delle istituzioni dello Stato sulla sua morte”.

Il risarcimento e la provvisionale

È in base alla gravità delle accuse e del tempo trascorso che il difensore della famiglia Cucchi, al termine di una durissima arringa, ha quantificato il risarcimento. Un ammontare milionario, ben 2 i milioni di euro richiesti, ed una provvisionale di 750 mila euro. In aula, il legale ha anche fatto ascoltare la registrazione dell’udienza di convalida del fermo di Cucchi per detenzione di droga. “Fa venire i brividi ascoltare Stefano – ha commentato – esce da quell’udienza per andare a morire. Cucchi era un ragazzo perfettamente sano, faceva palestra, era magro esattamente come sua sorella”.

Le accuse

I capi, sono quelli di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia. Per tutti il PM Giovanni Musarò ha chiesto la condanna. «Un intero Paese è stato preso in giro per sei anni», ha detto lo stesso sostituto procuratore Musarò nella requisitoria al termine di cui ha chiesto la condanna. Il PM ha sollecitato infatti la pena di 7 anni di reclusione per il generale Casarsa, 5 anni e mezzo per Francesco Cavallo. Cinque anni per Luciano Soligo e Luca De Cianni mentre quattro anni per Tiziano Testarmata, per Francesco Di Sano tre anni e tre mesi. Tre anni di carcere invece per Lorenzo Sabatino e, infine, un anno e un mese per Massimiliano Colombo Labriola.  Il legale dei Cucchi ha commentato: «Questa è stata una vicenda tremenda per la famiglia, per gli agenti penitenziari, per lo Stato, e anche per l’Arma che è parte civile». 

Di Serena Reda