Nel nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, il culto di Veiove; il Dio romano, proveniente da una divinità giovanile infernale italica di origine etrusca, protettore della fecondità.

Veiove, l’antica divinità italica dall’ambigua natura

La figura di Veiove è avvolta nel mistero. Per gli etruschi era il Dio della vendetta, raffigurato come un giovinetto cinto da una corono d’alloro, in mano delle frecce e, al suo fianco, una capra. Tuttavia Veiove, Vediovis in latino, è noto anche in ambito sannita; le frecce possono essere paragonate ai fulmini di Giove, un’immagine che suggerisce come quest’ultimo fosse considerato un dio che punisce ma con giustizia. Il Veiove romano è invece il corrispettivo di un dio giovanile infernale italico, di origine etrusca e protettore della fecondità e del bosco sacro.  Protettore dell’Asylum,   luogo “inviolabile” dove chiunque poteva rifugiarsi senza timore di esser scacciato; il bosco sacro in questione si trovava nella sella del Campidoglio. Il dio era spesso raffigurato anche con un pilum: un giavellotto.

 Il pilum, simbolo del fulmine, si collega probabilmente a Pilumnus: divinità misteriosa della mitologia romana antica, protettore dei neonati contro le aggressioni di Silvano, dio custode della natura e delle divinità agresti considerato pericolosissimo per i neonati e le partorienti. La capra, simbolo di lussuria e fecondità, sarebbe invece collegata al dio Fauno. Probabilmente, gli erano dedicate le Agonalia del 21 maggio, festività romane celebrate quattro volte l’anno e, ogni volta, dedicate a una divinità differente. In seguito, al Dio, fu dedicato un santuario nella parte nord dell’Isola Tiberina attorno al 194 a.C.

Un efebo dal lato infero

Veiove è raffigurato come un bellissimo giovinetto eppure, la bellezza di questo efebo, nasconde un lato oscuro. Se Giove è colui che governa le folgori, regola i temporali e indirizza i fulmini in cielo, Veiove ne rappresenta il lato infero e ostile. Nonostante la bellezza, il Dio è sempre rappresentato con dei fulmini e con una pelle di capra; l’immagine ctonia che ne deriva stride con la sua apparenza. Ma perché la pelle di capra? La Dea Capra in Grecia era Amaltea; nutrice di Zeus con la cui pelle costruì l’egida, famoso scudo con il quale il re dell’Olimpo, a sua volta, si difese combattendo contro i Titani. Dal corno di Amaltea staccato da Zeus deriva anche la famosissima Cornucopia, nota anche come Corno dell’Abbondanza. La Dea Capra, in questo caso, è assimilata da Giunone poiché, anche lei, avvolta in pelli di capra che le cingono il capo. Da queste informazioni si suppone quindi, che il giovane dio ctonio, fosse figlio della grande Dea di cui conserva, appunto, la pelle dell’animale simbolo di lussuria e fertilità.

Stella Grillo

 

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