In un articolo su Il manifesto Il giurista Quirino Camerlengo s’interroga sulle candidature lanciate in questi giorni per la corsa al Quirinale come quella di Silvio Berlusconi. È giusto, si chiede, parlare di candidature se il Presidente della Repubblica è un organo super partes?
Le candidature per il Quirinale e il ruolo del presidente della Repubblica
“I rischi che si annidano dietro questa e altre possibili candidature, presentate all’opinione pubblica con una insistenza e una sistematicità mai viste prima, sono tangibili”. È Quanto afferma il giurista Quirino Camerlengo che sulle pagine di Il manifesto si interroga se sia giusto o meno parlare di candidature al Quirinale come quella di Silvio Berlusconi. Per Camerlengo il concetto di candidatura stride con quello di Presidente della Repubblica previsto dalla Costituzione italiana.
La candidatura di Berlusconi, come le altre previste dai diversi partiti, sarebbe un errore grave perchè darebbe un imprinting fortemente politico al Presidente che si troverebbe ad orientarsi verso quella parte politica da cui proviene e da cui è stato eletto. Il presidente della Repubblica, spiega Camerlengo, è un organo super partes “chiamato a svolgere funzioni preordinate a garantire il corretto funzionamento delle istituzioni e a presidiare l’equilibrio dei rapporti tra i diversi organi costituzionali”. Per tanto il Presidente ha una storia politica ma la mette da parte diventando garante dell’unità nazionale nel rispetto di tutti i partiti politici .
Una scelta condivisa
Per evitare che al prossimo o alla prossima Presidente della Repubblica sia assegnata un’etichetta politica dalla quale non riesca a liberarsi, occorre procedere a piccoli passi “con un metodo inclusivo informato ai supremi princìpi costituzionali”. È quanto si augura Camerlengo che strizza l’occhio alle precedenti elezioni dove lontano dai riflettori “i rispettivi leader hanno intessuto relazioni prudenti, contatti informali, animando così un confronto dialettico poi culminato in elezioni tutto sommato condivise e, soprattutto, lontane dalle logiche di appartenenza politica”.
Stefano Delle Cave