Alicia Keys, nata Alicia Augello Cook, nasce a Hell’s Kitchen, New York, il 25 gennaio 1981. Di origini afroamericane da parte di padre e irlandese, scozzesi e italiane da parte di madre, viene cresciuta solo dalla madre dopo l’abbandono del tetto coniugale del padre poco dopo la sua nascita.

Una condizione tutt’altro che facile, che obbliga la madre a lavori doppi e tripli pur di avere di che sostenere la famiglia. “Un esempio di tenacia e di resilienza che mi ha insegnato molto” dirà la cantante anni dopo. La stessa Hell’s Kitchen, alla pari del modello materno, costituirà un campo di formazione estremo e prezioso.

Alicia Keys: una palestra chiamata Hell’s Kitchen

Formicaio popolare a basso reddito, il quartiere è un posto spigoloso e infestato da gang di strada, droga, prostituzione e da tutte le scontate conseguenze della povertà diffusa. E poi, Alicia, è semplicemente bellissima. il perfetto mix estetico di quel guazzabuglio di etnie che è il suo patrimonio genetico, campione umano esemplare della nevrotica Torre di Babele chiamata New York. Una qualità che in un posto come Hell’s Kitchen è capace in un attimo di trasformati nell’agnello in mezzo al branco di lupi. Ma Alicia è sveglia e sa mostrare i denti quando si tratta di tutelarsi: inizia a girare con un coltello artigianale e a vestirsi con abiti neutri per non attirare ulteriori attenzioni su di se; frequenta Harlem, irresistibilmente attratta dalla sua identità black,  dove prende lezioni di canto.

“Credo che essere nel centro del tutto sia stata un grandissima fortuna”.

Ha dichiarato Alicia ripensando agli anni della sua formazione.

“La città ha avuto un’enorme influenza su di me, per quanto dura possa essere stata. Ho come l’impressione che tutto quel cemento mi abbia semplicemente dato una direzione. Ho visto di tutto, quanto di peggiore e di migliore mia sia mai capitato di vivere. Una dicotomia che è stata fondamentale nella mia crescita artistica”.

Una consapevolezza che le permetterà, per sua stessa ammissione, di muoversi nel music business proprio come se fosse quella ragazzina sveglia di Hell’s Kitchen. Un essere raro e prezioso in un mondo di predatori.

Alicia Keys: la formazione musicale

Nonostante le difficoltà economiche, la madre riesce immediatamente a coltivare la propensione per la musica della giovane Alicia. I dischi jazz della madre diventano i suoi primi, veri stimoli musicali e dall’età di 10 anni inizia uno studio matto e disperatissimo di pianoforte. Ore e ore sui classici della tradizione europea che, oltre ad affinarne la tecnica, la insegneranno “la disciplina, la concentrazione e la necessaria dedizione per poter vedere qualche frutto del proprio lavoro”. Presto quel calderone che è New York trascina la sua attenzione verso la black music e tutte quelle derivazioni che fanno parte del suo innato patrimonio: dal soul di Marvin Gaye e Curtis Mayfield, all’hip hop e al R&B.

Tredicenne, durante una delle esibizioni con il trio vocale formato con due amiche del Bronx, viene notata da Jeff Robinson, manager musicale e fratello del suo maestro di canto ad Harlem. Per Robinson è una folgorazione. Decide quindi di puntare su di lei e di iniziarla alla giungla del music business. Con l’aiuto di Peter Edge, allora cacciatore di talenti  per la Warner Bros. Record, Alicia incide il suo primo demo e dà di fatto il via a un duello a suon offerte da parte di diverse labels: a spuntarla è la Columbia Records. Alicia ha 15 anni. Tenta di far convivere gli studi e i nuovi impegni musicali, ma dopo poco decide di concentrarsi del tutto sulla nuova sfida. Che è anche e soprattutto il primo vero assaggio delle regole del music business.

It’s a long way to the top

La Columbia ingaggia un team di compositori, produttori e stilist per costruire ex novo la propria Alicia. “Era una battaglia continua” ricorda Alicia.

“ Non solo sulle questioni meramente musicali. C’era un sacco di sessismo, di manipolazione nei confronti dei più giovani, di approcci inaccettabili”.

In piena produzione del nuovo materiale, la figlia di Hell’s Kitchen ripudia le richieste della Columbia e decide di fare tutto da se. Prima ad Harlem e poi nel Queens, con l’amico Kerry Brothers getta gran parte dei semi di quello che fiorirà poi come il suo disco d’esordio. Ma alla Columbia ancora non piace.  Ora la misura è colma, e Alicia decide di lasciare la label. In suo soccorso arriva Peter Edge, ora executive della Arista Records. Alicia firma immediatamente un nuovo contratto con loro e mantiene la maternità legale di quanto inciso con la Columbia.

Il nuovo contesto, che lascia estrema libertà creativa ad Alicia, dà immediatamente i suoi frutti: un paio di pezzi per colonne sonore (“Shaft” e “Dr. Dolittle 2”), la scelta del cognome d’arte “Keys” e il passaggio alla J Records assieme all’uomo che l’aveva accolta all’Arista, Clive Davies. Una settimana prima dell’uscita ufficiale del suo primo singolo, Alicia Keys lo presenta in esclusiva allo show di Oprah Winfrey. La ballata dalle evidenti radici gospel “Fallin’” raggiunge immediatamente la testa dei singoli di Billboard e ci resta sei settimane consecutive. Due mesi dopo, il 5 giugno 2001, esce “Songs in A Minor” e il mondo musicale si inchina davanti alla perfetta sintesi tra tradizione soul, retaggi classici e jazz, strutture blues e funk. Un compendio moderno di black music che si abbatte sul mercato musicale come un tornado e detta legge in classifica. L’album vende worldwide quasi 20 milioni di copie e conquista, l’anno successivo, cinque Grammy.

il 2001 e il meritato successo

Nei primi 2000 forse solo Lauryn Hill riesce ad essere così trasversale nell’unire pubblico, mercato e critica come Alicia Keys. Appena un anno dopo, nel dicembre 2003, esce “The diary of Alicia Keys” e fa di nuovo piazza pulita. Quattro singoli sempre tra i primi posti delle classifiche e un’attività live che di fatto la fa collaborare con tutti i grandissimi: da Jill Scott a Stevie Wonder a Jay-Z. Arriverà poi un “MTV Unplugged”, il primo dopo quello inciso da Lauryn Hill cinque anni prima, a decretare la definitiva consacrazione del fenomeno-Keys. Assieme alla continua produzione musicale, che dovrebbe portarla a breve alla settima uscita in studio, Alicia Keys ha negli anni ulteriormente stretto i propri rapporti con il cinema, sia in qualità di songwriter per colonne sonore che come interprete. Si è poi sistematicamente esposta in prima persona per diverse battaglie civili contro la diffusione dell’AIDS in Africa e del razzismo in casa propria.

Andrea Avvenengo

Seguici su Facebook, Instagram, Metrò