John Michael Osbourne ha 20 anni, una non particolarmente grande voglia di lavorare e un vuoto che non ha ancora capito come riempire. Del resto la Birmingham della fine degli anni 60 non dà grandi prospettive ai figli delle famiglie proletarie.
John, o Ozzy, come lo chiamano gli amici, appena può molla la scuola e inizia il suo girovagare tra mille lavori: macellaio, operaio, muratore, idraulico. Tra un lavoro e l’altro trova anche il tempo di farsi arrestare diverse volte per qualche furtarello. Nemmeno in quello è particolarmente portato. E’ stato per un po’ affascinato dalla sottocultura mod e dalla soul music, ma anche quell’interesse vola via al primo alito di vento.
Ozzy e Tony, i due figli di Birmingham
Almeno finchè non sono arrivati i Beatles. Per John i Fab Four sono la più classica delle folgorazioni. “Non appena li ho ascoltati, ho capito che sarei diventato un cantante” dirà anni dopo ripercorrendo quei momenti. Nel 1967 quindi, con l’amico chitarrista Terence “Geezer” Butler, fonda i Rare Breed. Come Ozzy, anche il figlio di immigrati italiani Tony Iommi percorre le stesse tappe di altre migliaia di giovani inglesi di quell’epoca. Scuole dell’obbligo e poi il primo ingaggio lavorativo nella metallurgia. Al contrario di molti di loro però, Tony arriva da una famiglia appena più abbiente, che può permettergli sin dall’adolescenza di studiare chitarra ed approfondire le proprie conoscenze musicale in ambito jazz e blues. Suona parecchio nel giro dei locali con diverse formazione blues. Senonchè, appena diciassettenne, un brutto incidente durante la sua ultima giornata di lavoro presso una compagnia metallurgica locale gli porta via le falangi del dito medio ed anulare della mano destra.
La sentenza è presto scritta. “Non potrai più in alcun modo suonare la chitarra” gli dicono i medici. Tony è mancino, e ogni tentativo di imparare a suonare la chitarra con la mano destra è fallimentare. Dopo mesi di frustrazione e depressione, un amico gli fa ascoltare qualcosa che potrebbe i qualche modo dargli una nuova speranza. Django Reinhardt è il più famoso esponente del gipsy jazz, o manouche, come viene chiamato in territorio francofono. E’ uno dei chitarristi più amati e stimati dal mondo musicale che conta e, soprattutto, anche lui è stato vittima di un terribile incidente. L’incendio della carovana della propria famiglia sinti appena fuori Parigi distrugge tutto quel poco che hanno. Django all’epoca ha appena diciotto anni ed è già un virtuoso del banjo.
A lezione di resilienza da Django Reinhardt
Sopravvive per miracolo all’incidente ma il prezzo da pagare è comunque alto. Perde l’uso di tre dita della mano sinistra e con essa ogni speranza di poter continuare a suonare il fisicamente impegnativo banjo. Passa così alla chitarra, più pratica e maneggiabile, sviluppando una tecnica innovativa che gli permette di usare solo l’indice e il medio della mano sinistra. Il resto è storia ed esempio. Django diventerà uno dei chitarristi più stimati ed importanti della scena musicale mondiale ed un esempio di dedizione e coraggio per Tony. Che inizia a creare con i tappi del detergente Fairy Liquid modellati a caldo e coperti da strisce di una giacca di pelle delle falangi posticce. I limiti sono comunque enormi, quindi Toni, per rendere più gestibile l’uso delle corde, ne diminuisce la tensione abbassandole di fatto di un semitono.
Il timbro della sua chitarra ora è più basso, paludoso e sinistro. Fonda con il batterista Bill Ward i Mythology, band hard rock il cui futuro viene affossato dalla polizia locale in seguito a una denuncia per consumo di cannabis. Costretti a ripartire da capo per l’ennesima volta, i due si ricordano di una coppia di musicisti, cantante e chitarrista, con cui hanno diviso parecchie serate nei club locali con le rispettive band. I Rare Breed hanno avuto vita breve, e Ozzy e Geezer si uniscono immediatamente a Tony e Bill negli Earth. Il nome però appartiene già a un’altra band dello stesso giro, quindi sono costretti a trovarsi un nuovo nome. A questo punto interviene Geezer.
Black Sabbath: Ozzy, Tony, Geezer e Bill
Formatosi a Birmingham in una famiglia irlandesi di stretta osservanza cattolica, Geezer è diventato presto insofferente alle rigide regole e ritualità della confessione di famiglia. Si avvicina così, già da adolescente, a quello che gli sembra il suo esatto opposto. Rimane affascinato dalla figura dell’occulista Aleister Crowley, dalle forme più popolari di occultismo e dalle produzione letterarie e cinematografiche horror. E’ anche convinto che una delle soluzioni più efficaci per emergere dal marasma di band tutte uguali da cui sono circondati sia quello di estremizzare la propria proposta musicale ed estetica. Propone così il nome Black Sabbath, direttamente dal film di Mario Bava del 1963 con protagonista Boris Karloff. Stanco della chitarra, decide di dedicarsi al basso. La formazione così è al completo e il segno tracciato. Il primo pezzo su cui la band si mette al lavoro nasce da un’ennesima intuizione di Geezer Butler.
Partendo dalle suggestioni nere dello scrittore Dennis Weathley e da una presunta apparizione di cui il bassista sarebbe stato testimone, i nostri buttano giù un testo cupo e ansiogeno accompagnato dalla funebre ripetizione alla chitarra di un accordo ipnotico e ossessivo. Il pezzo “Black Sabbath”, è una secchiata di spaventosa materia nera e drammatica su una scena ancora nel pieno trip di colori e ottimismo del flower power e della cultura hippie. “Il pezzo più spaventoso mai scritto” dirà qualcuno a riguardo. L’identità della band è ormai formata e non manca di creare interesse, tanto che nel novembre del 1969 firmano per la Philips Records, che pubblica anche il primo singolo “Evil Woman”. Cover della blues band dei Crow e approccio soft al mercato, il singolo non ha grande successo. Ma i nostri poco dopo partecipano al programma radio” Top Gear” di John Peel, dj seminale della musica pop inglese, rampa di lancio per decine e decine di band e step necessario per il definitivo salto di qualità. Qui presentano in esclusiva altri tre pezzi del LP che stanno incidendo.
Black Sabbath: L’esordio discografico
Il 13 febbraio 1970 “Black Sabbath” esce sul mercato e arriva subito al sesto posto delle charts. La brutale immersione delle classiche strutture blues nell’immaginario dell’horror e occulto ha creato qualcosa di nuovo. Lento più che veloce, sulfureo e dilatato fino al limite nella sua compiaciuta contemplazione dell’oscurità, il suono del disco d’esordio dei Black Sabbath è qualcosa di nuovo e spaventoso. Diventerà presto un classico imprescindibile della musica popolare e pietra angolare per la nascita dell’heavy metal, come di molti altri sottogeneri del rock.
Andrea Avvenengo
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