Valentino Clemente Garavani nasce l’11 maggio del 1932, a Voghera, in provincia di Pavia. Fin da piccolo si interessa alla moda e convinse i suoi genitori ad iscriverlo alla “Chambre Syndacale de la Couture” di Parigi. Una scuola di moda prestigiosa che lo formò nell’attenzione al dettaglio e nell’artigianalità per l’haute couture. Subito dopo essersi diplomato cominciò a lavorare per il couturier Jean Dessès, dal quale impara l’arte del drappeggio, che da lì a poco diventerà la firma del suo lavoro.
Durante questa sua prima esperienza lavorativa, Valentino conobbe Jacqueline de Ribes, aristocratica icona della moda, incontro che segnò la sua carriera. Collaborarono insieme per la creazione di un abito, e da li lo stilista capì il potere mediatico delle celebrità. In seguito ad un breve periodo lavorativo da Guy Laroche, dopo cinque anni, Valentino decise di tornare in Italia e aprire la sua maison.
Gli anni Sessanta: la nascita della maison Valentino
Grazie all’aiuto economico del padre, Valentino aprì il suo primo atelier in Via dei Condotti, nel 1960, stesso anno in cui incontrerà il suo futuro partner di vita e professionale, lo studente di architettura, Giancarlo Giammetti. Egli prende in mano la parte amministrativa e organizzativa del brand che in quel primo periodo, rischiò di chiudere. La prima sfilata ufficiale di Valentino ha luogo a Firenze nel 1962, un vero successo. In passerella porta avanguardia e innovazione, moderata da tanta raffinatezza. Il pubblico resta impressionato dalla perfezione delle linee e dalla bellezza di quegli abiti che restano impressi nella mente di chi li guarda.
Due anni dopo, ci fu un evento che cambiò la rotta del brand: Jackie Kennedy scelse sei abiti scuri della maison, per affrontare il periodo di lutto seguente all’assassinio del marito. La First Lady abbandonò Washington per trasferirsi a New York, e come primo evento mondano assistette alla presentazione dell’haute couture Valentino. Superato il tragico periodo, iniziò a vestirsi sempre di bianco, in Valentino, incluso nel 1968 per sposare Aristotele Onassis.
Una maison controcorrente in ascesa a Parigi
Durante gli anni della Contestazione, Valentino presentò a Roma una collezione totalmente bianca, dedicata a Jacqueline, in contrasto con i colori vivaci proposti dai movimenti giovanili. In questo periodo comparve per la prima volta il logo contraddistinto dalla “V” posto su abiti e accessori come dettaglio decorativo. In seguito a questo posizionamento centrico nel settore moda, due anni dopo lo stilista affiancò alla sua collezione di haute couture, una linea di prêt à- porter.
Valentino è uno degli ultimi couturier a offrire un solido ideale di lusso ed esclusività, un concetto passato ma con un valore che ancora permane sul mercato. Dagli anni Ottanta, l’alta moda romana, verrà definitivamente cancellata per favorire una nuova città, che rimarrà il fulcro della moda italiana, Milano. Nel 1989 iniziò a sfilare a Parigi con la linea di alta moda, conquistando la città con i suoi abiti eleganti e femminili, per affermare che la moda italiana può rivaleggiare in raffinatezza con quella francese.
La nuova direzione creativa
Nel 1991, per festeggiare il 30esimo anniversario della sua carriera, organizzò a Roma, la mostra retrospettiva “Valentino. Trent’anni di magia”, presso l’Accademia Valentino e il Museo del Campidoglio. Pur continuando ad esercitare il ruolo di direttore creativo, lo stilista cedette il marchio alla HDP. Tale ruolo verrà poi abbandonato nel 2007, dopo quarantacinque anni di attività, celebrati con una grande mostra “Valentino a Roma. 45 Years of Style”.
Pierpaolo Piccioli rimane alla guida del brand, con l’aiuto di Maria Grazia Chiuri, direttore creativo di Dior, riescono a rilanciare l’alta moda come linguaggio contemporaneo, affermando la centralità dell’atelier come luogo di ideazione e creazione delle collezioni Valentino. Piccioli riprende creazioni dall’archivio Valentino per adattarli all’estetica contemporanea. Le persone che in passato vestivano Valentino erano quelle di ceto alto, ora condividono dei valori e situazioni, che accomunano tutta l’umanità. Sarebbe un errore dividere la passerella dallo street style: la couture diventa più urbana.
Silvia Colaiacomo