Salt and Sacrifice è l’ultima fortunata opera della casa di sviluppo Ska Studios, fondata da James Silva e già “mamma” del Souls Like 2D Salt and Sanctuary. Un’introduzione necessaria, dato che sono passati entrambi fin troppo in sordina. In realtà, soprattutto nell’ambiente Indie, il precedente Salt and Sanctuary è ancora oggi giustamente indicato nel gruppo dei giochi indipendenti più riusciti; ispirato, e forse anche più che ispirato e basta, dai Dark Souls di From. Ciononostante, Sanctuary era stato comunque capace di ribadire in più modi la sua unicità.
Oggi, nel 2022, sono più che lieto di raccontarvi come tutti quei “modi”, quell’unicità si siano concretizzate con ancor più forza espressiva nell’ottimo sequel: Salt and Sacrifice. Che oltre a riproporre, a volte meglio, a volte allo stesso modo, raramente peggio le stesse “magie” del predecessore, aggiunge al calderone un ingrediente inedito per la saga, sotto forma di… Boss fight Itineranti. “E’ un gioco tutto nuovo, più grande, più bello e brilla anche al buio!” verrebbe da dire se fossimo in una pubblicità anni ‘90. E, a parte la rifinitura fluo, più o meno avremmo centrato nel segno.
Salt and Sacrifice Recensione, 2D is megl che 3?
Immediatamente dopo aver parlato di pubblicità, e riferendomi al primo elemento di Salt and Sacrifice che salta all’occhio, non potevo che chiedermi/vi: 2D is megl che 3D? Battuta a parte, però, la risposta non può che essere del tutto personale; impossibile da definire con certezza. Posso affermare con serenità, però, che ne sono passati di pixel sugli schermi dagli esordi dei primi Souls Like 2D; più o meno ibridati con il genere Metroidvania, a sua volta alla base di alcuni elementi Souls Like. Pertanto, il 2D di Salt and Sacrifice, forte di tutti i predecessori riusciti (e di quelli falliti) non delude nè i puristi delle due dimensioni, nè, e non è scontato, gli amanti delle telecamera rotante. Parlando di Souls aggiungerei “perennemente incastrate su un muro”.
Il level design delle macro-aree riunite tra loro da un hub centrale dotato di teletrasporto è sufficientemente vario, articolato e interconnesso. E ogni zona è disegnata tenendo conto non solo della percorribilità, ma soprattutto della ri-percorribilità. Infatti, Salt and Sacrifice non si accontenta di calcare le impronte profonde lasciate dal suo predecessore. E ai summenzionati generi di appartenenza (metroidvania, Souls Like) e alle loro implicazioni ludiche somma quelle… reggetevi forte… dei Monster-Hunter Like.
Monster Hunter Like
La trama e la lore, fondamentali e criptiche come in ogni Souls Like che si rispetti, raccontano di un mondo dove i maghi sono fuori controllo. Le loro azioni deplorevoli sono punibili solo tramite esecuzioni, operate da individui altrettanto deplorevoli; peccatori costretti a consumare un fluido magivoro che impedisce loro di venir sedotti dai maghi, e li fa resuscitare presso apposite pietre per proseguire i combattimenti con i potenti e mostruosi stregoni. Pertanto, da luoghi in cui completare esplorazioni, abbattere nemici ostili e recuperare sale (esperienza) loot ed equipaggiamento, ogni macro area si trasforma di volta in volta in una gigantesca arena nella quale inseguire il Mago da abbattere.
Il che, ha implicato di certo una serie di complicazioni in fase di sviluppo. Risolte tuttavia elegantemente con soluzioni di design mai troppo invadenti, anche quando si fruisce della mappa prima di iniziare lo scontro con lo stregone. Inoltre, proprio come in Monster Hunter, potrete affrontare le battaglie in compagnia di un alleato in co-op. Feature introdotta degnamente, e che abbiamo potuto testare grazie ai due codici forniti in fase di review da Ska Studios.
Unico vero appunto “negativo” (tra virgolette in quanto riconosco l’opinabilità dell’aggettivo) sta nell’incontro tra i tanti generi che coesistono in Salt and Sacrifice. A volte, infatti, si ha come l’impressione che alcune dinamiche (come i Boss sfuggenti) non coesistano troppo efficacemente con il comparto soulistico. Il risultato sono sfide a tratti frustranti, a tratti triviali; nella maggior parte dei casi, in realtà, abbastanza bilanciate. Inoltre, aver diviso la mappa in zone con teletrasporto attivo ha minato in parte l’effetto “ah ma qui c’è uno shortcut!” che aveva reso Salt and Sanctuary così simile, in positivo, ai Souls originali. E terminata la missione magivora, le attività da eseguire in ogni zona non sono poi così numerose. Con il risultato che passerete in fretta alla successiva, dimenticandovi delle passate e di ri-esplorarle a dovere per eventuali segreti sbloccati (e ce ne sono a volte).
“Faccia da rana” assente
Con “faccia da rana” ero solito definire, e non ero da solo nel farlo, il protagonista di Salt and Sanctuary. Le cui fattezze stilizzate, prive di naso, corrucciate in un’espressione indecifrabile lo facevano assomigliare, appunto, a un batrace. Conscio che fosse una scelta di stile ben precisa, che si ripercuoteva positivamente in numerosi altri design riuscitissimi tra mostri, Boss e aree dalla grande atmosfera, già all’epoca ingoiai… il rospo. E sarei stato pronto a farlo anche in Salt and Sacrifice, se in Ska non avessero ripulito l’art direction con precisione ed efficacia. Così, pur senza perdere un briciolo del loro stile e della loro riconoscibilità, i protagonisti e i personaggi, i mostri e i Boss di Salt and Sacrifice non hanno più nessun tratto in comune con gli anfibi. Per fortuna.
Ottimo anche il lavoro svolto nell’ottimizzazione delle animazioni, delle movenze e dei moveset delle armi amiche e nemiche. Mai troppo fluide in realtà, come non lo erano nel predecessore; sempre nell’ottica di restare riconoscibili a chi ne aveva apprezzato l’unicità su Sanctuary. Sono diventate, però, molto meno legnose e innaturali. E tra rimbalzi, recoil e parry, salti, lanci e chi più ne ha più ne metta, assai più dinamiche e scenografiche persino. Senza mai dimenticare la natura cartoonesca e molto deformed che sta alla base dell’idea “Salt”. Infine, trovo che proprio come nei migliori Souls originali il gameplay e i combattimenti siano in perfetta armonia con il level design, la direzione artistica e i modelli di gioco. Recapitando un feeling di pesantezza ora più, ora meno pronunciata, ma mai rinunciabile.
Sto parlando della pesantezza dei colpi, dei corpi, delle frecce e dei dardi. Della fisicità di ogni scontro e incontro che fa la differenza tra il sentire il gioco giocato, e il non percepire la differenza con un video in playback. Ma, anche, di quella minima “legnosità” dei controlli, delle schivate e di tutte le movenze belliche; il velo di affascinante ruggine che ricopre le giunture nei punti giusti, e ti impone di pensarci bene prima di agire.
Salt and Sacrifice Recensione, in conclusione: un mostro di Frankenstein che funziona
Se da questa recensione di Salt and Sacrifice emerge un quadro forse fin troppo roseo, è perchè rientro pienamente nel target della produzione Ska Studios. Tuttavia, come noterete dal voto in calce a questa recensione, Salt and Sacrifice è tutto fuorché perfetto. E purtroppo, sono proprio le sue unicità, spesso, ad affossarlo. Nonché, il tentativo di renderlo originale rispetto al predecessore introducendo un elemento di gameplay, anche abbastanza inedito per le produzioni 2D. Ma che lo discosta dall’ideale della fan base costruita su Salt and Sanctuary quel tanto che basta per generare piccole incongruenze e cali qualitativi dovuti al mastodontico lavoro richiesto per bilanciare tutto. E dal momento che va di moda dirlo: il titolo è stato sviluppato da sole due persone. Come se in effetti dovesse cambiare qualcosa nella valutazione. Spoiler: invece no. Almeno non in positivo.
In definitiva, Salt and Sacrifice è un esperimento riuscito solo per metà. Che piacerà a una parte, non tutti, dei giocatori amanti di Sanctuary. E interesserà una parte, non tutti, dei giocatori precedentemente non interessati a Sanctuary. Il rischio è che proprio loro, gli “odiatori” di Sanctuary, potrebbero non trovare sufficienti differenze con il predecessore per apprezzare Sacrifice. Che, invece, merita ben altri plausi.
SALT AND SACRIFICE RECENSIONE | TESTATO SU PC (EPIC)
Specifiche del PC su cui è stato eseguito il test:
- Sistema operativo: Windows 10 (64-bit)
- Processore: AMD 7 3700x
- Memoria: 16 GB di RAM
- Scheda video: NVIDIA GeForce RTX 3070
+Level design e Direzione Artistica migliorate rispetto al predecessore
+Livello di difficoltà interessante…
+Tanti equipaggiamenti tutti diversi tra cui spaziare
-… ma a tratti diventa frustrante
-La deriva “monsterhunteriana” è riuscita solo in parte
-Se non vi piaceva Salt and Sanctuary, non vi piacerà nemmeno Sacrifice