In piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974 alle dieci del mattino era prevista una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista.
La manifestazione voleva essere una risposta decisa da parte della comunità bresciana agli attentati di chiara matrice fascista e alle continue provocazioni che tentavano di capovolgere le istituzioni democratiche del Paese. Saranno le stesse bombe denunciate dagli organizzatori e dalla cittadinanza a colpire, durante il discorso di Franco Castrezzati – sindacalista della CISL . In Piazza dopo lo scoppio della bomba nascosta in un cestino, rimasero a terra otto cadaveri e decine di feriti: lavoratori, pensionati, studenti e bambini. Un vile attentato fascista e un gravissimo colpo alla democrazia e alla convivenza civile, il cui ricordo è ancora indelebile nei parenti delle vittime e in buona parte del Paese.
L’attentato fascista di Piazza della Loggia si inserisce nel contesto di una lunga stagione stragista
Per ‘’stagione stragista’’ si intende il periodo della storia d’Italia caratterizzato da azioni eversive volte a minare l’ordine democratico dalle fondamenta e a preparare gli strati più ampi della popolazione e delle istituzioni ad una svolta autoritaria. Gli storici concordano sul porre gli attentati di Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969) e della Stazione di Bologna (2 agosto 1980) come estremi in cui fu operante la “strategia della tensione”, così come definita dalla stampa britannica.
La strage di Brescia può altresì essere letta come l’ultima operazione stragista messa in atto nel periodo che va dal 1969 al 1974, quinquennio segnato da azioni violente effettuate da gruppi di estrema destra, spesso affiliati a “elementi deviati” dei servizi segreti, dell’esercito e dell’Arma dei Carabinieri. L’obbiettivo delle violenze “insensate” che scossero la penisola era di provocare un diffuso senso di insicurezza, un clima di terrore che spingesse la popolazione ad auspicare il ritorno di “personalità forti” e ‘’uno stato di polizia autoritario’’, per contrastare la contestazione giovanile e l’extra parlamentarismo di sinistra.
La strage ‘’più politica’’ e il suo capro espiatorio
È la strage più ‘’politica’’, non colpisce a caso chi passa in una banca o viaggia su un treno ma gli aderenti a una manifestazione antifascista convocata dai sindacati. L’obiettivo scelto furono i movimenti dei lavoratori e degli studenti. Soggetti vicini a posizioni di estrema sinistra, che dall’ultimo triennio degli anni Sessanta propagandavano una rivoluzione sul modello socialista, finalizzata a liberare la popolazione dalla schiavitù del lavoro salariato, dalle illusioni del libero mercato, dal conformismo voluto dalla Democrazia Cristiana e dalla repressione poliziesca.
La strategia eversiva puntava tutto sull’utilizzo di forme di lotte violente, quali l’omicidio politico e la strage di innocenti. Azioni che avrebbero dovuto mettere in ginocchio i più deboli spaventandoli e creando un clima di terrore atto a legittimare la presa di potere della nuova “aristocrazia guerriera”. La passione per le armi d’assalto si univa a quella per gli esplosivi, materiale propedeutico per la successiva rivoluzione anti-borghese e anti-comunista.
La strage di Piazza della Loggia è l’atto conclusivo di una serie di atti violenti
Le tentate stragi sono tutte riconducibili alle frange neo-naziste lombarde e venete. Già da tempo i membri più in vista della destra eversiva bresciana – fra questi Silvio Ferrari, Nando Ferrari e Arturo Gussago, uniti da un forte legame con i milanesi Pierluigi Pagliai e Marco De Amici – erano noti alle forze dell’ordine e ai gruppi organizzati della sinistra parlamentare e extra-parlamentare. I violenti scontri fra giovani di destra e di sinistra, la diffusione di giornali e le numerose iniziative dei giovani neo-fascisti animavano la cittadina lombarda già dalla fine degli anni Sessanta. Nel 1974 incominciarono a piovere bombe su tutta la provincia bresciana.
Nella notte tra il 15 e il 16 febbraio ad esempio una bomba devasta l’ingresso e parte dei locali del supermercato Coop di Viale Venezia, gestito da una cooperativa vicina al PCI. A rivendicare l’attentato saranno le Squadre d’Azione Mussolini (SAM). Una minaccia annunciata quindi quella di Piazza della Loggia e anello finale di una strategia della tensione nera che ancora oggi ha degli irrisolti.
Una lunga vicenda giudiziaria costellata di errori quella sulla strage di Piazza della Loggia
Le indagini si sono protratte per più di quarant’anni senza dare risultati soddisfacenti. Assoluzioni, insufficienza di prove, condanna delle parti civili – ovvero i familiari delle vittime – al rimborso delle spese processuali ( come per la strage di piazza Fontana). Solo nel giugno del 2017 la Corte di Cassazione ha messo fine alla lunga vicenda giudiziaria. L’organizzazione neofascista Ordine nuovo è tra i responsabili ed esecutori materiali della strage. Tuttora non si è stabilito se gli errori commessi durante le indagini fin dal principio fossero intenzionali. Ciò che emerge è infatti la gravità di certi comportamenti tenuti dalle forze dell’ordine nel rilevamento di importanti informazioni.
Senza tenere in considerazione la cattiva gestione degli spazi e dell’ordine pubblico durante la manifestazione. Si possono inoltre annoverare altri episodi che lasciano dubbi sulla bontà delle intenzioni della questura. Non appena esplosa la bomba le persone, terrorizzate, vengono caricate dalla celere; a ciò seguono interrogatori e perquisizioni di attivisti di sinistra e degli stessi feriti che si riveleranno una perdita di tempo. Come se non bastasse, il vicequestore ordina ai vigili del fuoco di ripulire la piazza con un getto d’acqua, perdendo così i pochi indizi disponibili rimasti sul luogo della strage.
Il 20 giugno 2017 la Suprema corte ha confermato le condanne all’ergastolo inflitte nel 2015 ma ad oggi la corte di appello di Brescia ha accolto l’istanza di revisione di Tramonte, uno degli esecutori
Carlo Maria Maggi viene ritenuto uno dei mandanti della strage, e Maurizio Tramonte uno degli esecutori materiali. Maggi, ex leader di Ordine nuovo, è deceduto nel 2018 all’età di 84 anni. Tramonte, ex informatore dei servizi segreti è stato estradato dal Portogallo nel dicembre del 2017 e sta scontando la condanna nel carcere di Fossombrone. I loro nomi si aggiungono a quelli degli altri coinvolti nella strage: Carlo Digilio, Ermanno Buzzi e Marcello Soffiati.
Oggi la corte di appello di Brescia ha accolto l’istanza di revisione del processo presentata dalla difesa di Tramonte. Ci sarà quindi un nuovo processo, il sesto. L’8 luglio i giudici ascolteranno le dichiarazioni della sorella e della moglie sulla circostanza che, a differenza di quanto riportato dalla consulenza antropometrica di quella mattina, portava la barba e che quindi non era in piazza il giorno dello scoppio.
Perché bisogna ricordare l’anniversario della strage di Piazza della Loggia a Brescia
Perché mai e poi mai però si deve smettere di vigilare contro il pericolo fascista che mina la libertà e la democrazia. Mai e poi mai si deve smettere di raccontare e fare informazione in particolare per le nuove generazioni, ma anche perché la verità storica riguarda sempre tutti e tutte.
Quel giorno rimasero a terra senza vita: Giulietta Banzi Bazoli, anni 34, insegnante; Livia Bottardi Milani, anni 32, insegnante; Euplo Natali, anni 69, pensionato; Luigi Pinto, anni 25, insegnante; Bartolomeo Talenti, anni 56, operaio; Alberto Trebeschi, anni 37, insegnante; Clementina Calzari Trebeschi, anni 31, insegnante; Vittorio Zambarda, anni 60, operaio. Vittime innocenti della violenza neofascista.
Alessia Ceci