“Cioè, siccome me s’è creata una situazione strana, nel senso che me s’è liberato un posto in machina… per un viaggio che m’ero organizzato in Polonia, ‘na cosa favolosa, guarda!”. Inizia così la telefonata più bizzarra dell’anno, arrivata a Ferragosto. Attaccato al telefono, in piena calura, con i recapiti dei conoscenti in rubrica, è Enzo (no Renzo). Che nonostante la macchina accessoriata, le penne a biro e le calze di nylon già in valigia, rimane senza compagno di viaggio. “Tabbella de Marcia: Roma, Var de Chiana, Borzano, Cracovia“, stasera in tv si scaldano ancora cilindri e motori della spider di “Un sacco bello“.
Appuntamento al Palo della morte
Con l’amico di Martucci, si incontrano a piazzale dei Partigiani. Con lui, Enzo (Carlo Verdone) riprenderà le tappe del viaggio per passare il 15 di agosto nella città polacca di Cracovia. Prima aveva provato con il tormentone telefonico: “T’avevo telefonato per sapè come t’eri messo per Ferragosto“. Chiamando anche chi aveva conosciuto al distretto militare “in coda, a pijà er duplicato der congedo“. E dopo innumerevoli tentativi: “No, ma perché se io lo so prima io me regolo meglio con un altro che già m’aveva dato ‘na mezza risposta, capito?…“, aveva dato appuntamento a Sergio (Renato Scarpa), “A mezzogiorno al Palo della Morte”. Un traliccio dell’alta tensione che oggi non esiste più, ma il bello, un sacco, è che centinaia di persone si danno ancora oggi, l’appuntamento ‘ferragostano’ a mezzogiorno in punto, in via Giovanni Conti, all’angolo con via delle Vigne Nuove, in zona Tufello, per celebrare la pietra miliare della romanità. Come fu quel giorno, quando tutta cromata arriva l’auto, la Fiat Dino con i pulsanti truccati di Enzo: “Voi la musica? Music! Voi beve? Drink! Voi fuma’? Smoke! Te la voi sbraga’? Fuck!”. “..de modo che domani sera a mezzanotte io e te stamo a Cracovia”.
Era il 1980 quando Carlo Verdone esordì al cinema con “Un sacco bello“: la parafrasi, la beffa, dei personaggi di quegli anni, tutti interpretati da lui. C’è il bullo coatto (Enzo) che veste come Elvis, ovatta nei pantaloni e in mente solo il sesso; un mammone, impacciato e ingenuotto (Leo Nuvolone), che quando riflette dice meccanicamente “In che senzo?“, che doveva raggiungere Ladispoli ma incontra la turista spagnola bella e disinibita; (Ruggero) ‘figlio dell’amore eterno’, con i suoi ‘Love, Love, Love,’ misticamente rapito da visioni e sette, di moda ai tempi. E poi don Alfio da Crotone, pane vino e parabole. Diverso dalla tonaca di “Acqua e sapone” (il finto padre Spinetti e le sue locuzioni: “con questo Cristo Che si immola..”). Alfio, invece, sotto un rovo di spine parlava a otto anni con se stesso. Descritto così dal padre al figlio hippie: “È un grosso filosofo…è un omo de chiesa con du’ cosi così!”.
Ferragosto e la Roma di Brega
Tutti i protagonisti, in una Roma assolata e deserta, senza mai incontrarsi tra loro, devono raggiungere il luogo vacanziero prescelto. Mario Brega, Florestano il vero nome, stasera in tv in “Un sacco bello“, recita al naturale: l’immagine di una vecchia Roma che non c’è più, nel ruolo del padre di Ruggero. Contro lo stile di vita del figlio: “Tutti dentro sta piscina co ‘sti cosi de fori!!“. Violentemente umano, comunista con due pugni alzati, ma guai a dire “Fascio… fascio a me?”; e con il grande monologo della “Spada de foco“, o quando costretto a suggerire la parabola scordata dal prete “..E mi vado a lavare le mani come Pilato davanti a…” , dice: “…A nostro signore, santa Madonna, manco le basi der mestiere te ricordi… ma che cazzo, Arfiooooo”.
“Ma ‘n padre pò avè un fijio così, senza ‘na casa, senza ‘na famijia, co ‘e pezze ar culo, ai semafori a chiede l’elemosina?!.” Ruggero era in via Petroselli, mentre chiede l’elemosina, e Brega, suo padre, lo riaccompagna di notte a casa: “Manco lo vojo sape’ ndo annate a dormi’. Me pijano li brividi me pijano!“. “Uno come Mario Brega, oggi sarebbe un bandito“, disse di lui Verdone. A chiunque gli chiedeva quali attori erano presenti nel nuovo film di Leone, Mario rispondeva: “Nel film ce sto io. Poi ce sta De Niro, James Wood…”. Isabella De Bernardi, che nel film interpreta Fiorenza la ragazza di Ruggero, è la figlia di Piero De Bernardi, sceneggiatore del film. Verdone la incontrò a casa loro mentre lavoravano al film: la sentì litigare con la sorella maggiore, rimanendo colpito dalla sua parlata in romanesco strascicata e indolente, che la rendeva perfetta per la parte.
Ce sta er dottorino
Assisteremo a Enzo che intrattiene i barellieri con i suoi aneddoti davanti l’ospedale San Gallicano. Racconti sangunolenti, da rabbrividire, enfatizzati all’occorrenza per quel pubblico infermieristico. “A capo! C’avrei da fa da’ na guardata a uno… No, n’è n’incidente! Come posso dì… Sta male de suo. Se piega tutto mettendose come na mano qua, no?“, inizia così il dialogo con gli infermieri e il portantino, che risponde: “Nun ce stà er dottore, ce stà er dottorino… so cazzi sua...“. E prima, sull’autostrada mentre Renato Scarpa (Sergio) a terra si contorce dal dolore: “Annate annate tanto ve ripijo a tutti”.
Dopo aver rifiutato decine di sceneggiature, arrivò la telefonata di Sergio Leone. Verdone era suo grande ammiratore, amante del Western all’Italiana; e da suo mentore, divenne produttore di questo suo primo film, “Un sacco bello“, che aveva per soggetto il repertorio cabarettista televisivo, tratto da “No stop“, la trasmissione di Enzo Trapani. “I personaggi sono suoi fino al midollo“, disse Leone ‘inchinandosi’ alla bravura del comico romano. E venne arruolato nel cast anche Mario Brega che entrò a casa di Leone, facendo conoscenza con Verdone, con occhiali a montatura dorata, reggendo una grande cassa di frutta e verdura presa ai Mercati Generali. Il regista era alla ricerca quasi disperata di un attore in grado di interpretare il ruolo del padre dell’hippie Ruggero. Senza troppe domande, ne rimase folgorato.
Famola fa’ a Ennio
Fu così che si diede inizio alle riprese, nell’estate del 1979, “in cinque settimane e due giorni”. Nulla di più. Il resto è storia. Ennio Morricone ha composto la colonna sonora, con il fischio di Alessandro Alessandroni, famoso per l’eco dei western, lui che iniziò ne “I 4 + 4 di Nora Orlandi“. Una melodia lenta, espressione dell’afa e solitudine della città in agosto. Fu Leone a dire, invece di utilizzare il disco “Train Time dei Cream” i cui diritti costavano troppo, “Famola fà a Ennio che c’aa fà uguale!”. Racconti, millanterie, favole spartane, in “Un sacco bello“, la notte dei tempi per narrarle cade di Ferragosto: “Devi sapè che ‘na sera me trovavo in machina co una, no? Una mezza sposata, una che c’aveva ‘na situazione strana co uno, un bel ragazzo pure lui no..”
Federica De Candia Seguici su Google News