Negli ultimi giorni la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha rilanciato la proposta del presidenzialismo aprendo al dialogo con gli altri partiti su quale modello e composizione adottare, puntando inoltre su un particolare metodo attuativo: la Bicamerale. Opposizione nettissima l’ha offerta il Partito Democratico, il cui segretario Enrico Letta si è subito dichiarato contrario: “Il cuore della Costituzione non si tocca”, ha tuonato ieri contro la proposta meloniana. “Se vinceremo anche noi vorremo discutere di riforma della Carta Costituzionale… e comunque lo faremo anche dall’opposizione”, ha dichiarato, indicando inoltre quello che secondo lui è il vero obbiettivo delle destre: “Tutta questa fretta, tutto questo ardore solo per mandare a casa Sergio Mattarella. Ma noi ci opporremo in ogni modo“. Ma che cos’è e come funziona una Bicamerale?
Il Presidenzialismo che vuole Giorgia Meloni e la bicamerale: a cosa guardano e come funzionano
Con “bicamerale” Giorgia Meloni si riferisce alla “Commissione parlamentare bicamerale“, organo formato da rappresentanti di Camera e Senato istituito per legiferare intorno a specifiche questioni, di importanza spesso radicale. Nella storia della Repubblica a oggi ce ne sono state tre, concluse tutte senza un vero e proprio approdo legislativo. L’ultima, istituita da Berlusconi e D’Alema nel 1997, riguardava proprio il progetto di presidenzialismo del Cavaliere che ultimamente è tanto caro anche a Giorgia Meloni, che nella sua esperienza politica si è praticamente formata. La Bicamerale di cui parla la leader è in realtà una commissione particolare proprio perché si occupa specificamente di riforme costituzionali. Un lavoro, quello della Bicamerale, che rimane comunque di bilanciamento politico e, di conseguenza, tende a farsi insostenibile e teso in poche ore, più che in pochi giorni.
L’istituzione della Bicamerale aggirerebbe il ben più lungo e complesso processo di riforma costituzionale parlamentare, che stando al segretario dem ha lo specifico obiettivo di sostituire Berlusconi a Mattarella. Proprio Letta ha proiettato recentemente uno scenario bulgaro delle destre in Parlamento, tornando a invocare il voto utile. Insomma, sembra dire, non fate il gioco delle destre, votate una coalizione, come la nostra, che ha un minimo di unità. Anche con il 70% dei seggi in Parlamento, un progetto di riforma avrebbe bisogno di una maggioranza qualificata, con i 2/3 dei voti di ciascuna camera, le cui deliberazioni possono giungere a minimo 3 mesi l’una dall’altra, altrimenti si passerebbe al referendum popolare. Invocare la Bicamerale è quindi una scusa per permettere ai partiti di bilanciare le proprie proposte nell’ambito ristretto di una commissione, tentando di mettere d’accordo tutti. Ma stando alle parole del Segretario PD, quell’accordo è lontano dall’essere siglato.
A che modello guarda la leader FdI. Così la sovranista vuole modificare i principi cardine della Carta Costituzionale, l’ultima volta ci ha provato Berlusconi, nel 97′
L’ultimo progetto di riforma presidenzialista in Italia si ebbe durante la Bicamerale “D’Alema”: la commissione parlò di semipresidenzialismo e di riduzione del numero dei parlamentari, pur concludendosi in un clamoroso ma inevitabile nulla di fatto. Se uno di questi progetti (il secondo) è riuscito attraverso un referendum – che adesso alcuni partiti rinnegano, quasi pentiti -, il primo potrebbe diventare realtà dalla prossima, imminente legislatura. Giorgia Meloni però ha ricordato di non avere un’idea unica su che modello presidenziale adottare, in caso di riforma costituzionale. Si potrebbe puntare a un presidenzialismo francese o a un più diretto modello americano, ma le carte dell’eventuale riforma sono ancora tutte da dare.
Alberto Alessi
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