Il decreto aiuti bis, atteso da tempo, ha ottenuto l’approvazione al Senato. Ma qualcosa ha fatto storcere il naso. Una mano non identificata avrebbe inserito al suo interno un emendamento particolare che nessuno aveva notato prima. L’unica soluzione per poter concedere la liquidità della quale l’Italia aveva bisogno, era comunque approvarlo.

Il decreto aiuti bis e l’emendamento passato in sordina

Il decreto aiuti bis è stato approvato al Senato della Repubblica. E sarebbe stata questione di poco prima che venisse reso effettivo. Ma La notizia di un emendamento comparso all’improvviso ha attizzato la brace che nuovamente fa sfrigolare la carne sul fuoco della campagna elettorale. L’emendamento emerso a “sorpresa”, riguarda la rimozione del tetto massimo di 240mila euro di retribuzione annuale riservato alla classe dirigenziale ai più alti vertici di pubblica amministrazione e forze armate.

In parole povere, la deroga a tale limite è stata eliminata con la soppressione dell’articolo 41 bis e non è stato inserito nessun’altro limite. Una mossa che certamente fa gridare allo scandalo. L’inserimento di un emendamento che potenzia la capacità di percezione di reddito dei dirigenti pubblici inserita in uno dei decreti salva Italia.

L’esser venuto a conoscenza dell’amara furberia, ha fatto infuriare Mario Draghi. Il parlamento, d’altro canto, una volta letto il testo, non ha potuto fare altro che approvare. Pena: il ritorno del decreto al senato e il blocco momentaneo della misura che proponeva 17 miliardi di euro di aiuti per imprese e famiglie e il finanziameento di bonus rimasti in bilico come quello del 110%.

Un contro emendamento per riparare all’errore

Dopo l’avvenimento, ancora una volta i partiti hanno aperto la sassaiola. Il PD accusa Forza Italia, Fratelli d’Italia accusa il PD. Il “mano lesta” autore dell’emendamento, ancora non ha volto né identità parlamentare. Ma a quanto pare, chi necessita degli aiuti dovrà attendere per davvero. La notizia ha fatto scalpore e non poteva mancare l’intervento riparatore. Si sono aperte due ipotesi.

La prima: il testo torna al senato per essere nuovamente votato, con la rimozione dell’emendamento. La seconda: comaprirà nel decreto aiuti ter un contro-emendamento che annullerà il primo.  Apparentemente sembra che il rimendio sia già arrivato. La camera voterà l’emendamento e il decreto ritornerà al Senato il 20 settembre. Quale che sia la soluzione che parlamento e governo adotteranno, rimanderà inevitabilmente l’elargizione dei fondi.

La rabbia di Mario Draghi che non ci sta

Il presidente ancora in carica (quasi ex) che potrebbe o no rivestire lo stesso ruolo con la prossima legislatura, ha espresso la sua contrarietà all’emendamento che l’autore misterioso ha furtivamente aggiunto alla lista di provvedimenti. Il Ministero dell’Economia, sostiene si sia trattato di inconsapevolezza. Ma la polemica ha trovato ancora una volta terreno fertile. Nonostante il tono pacato, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sembra aver espresso la sua opinione deifinendola “una misura inopportuna”.

Non può essere inconsapevole l’abrogazione di un articolo né comparsa da sola nel testo del decreto. Qualcuno quell’emendamento lo deve aver inserito.

Il presidente del consiglio non ha potuto far altro che utilizzare i suoi poteri per evitare che lo scandalo giungesse a compimento. Ma l’infausto risultato è comunque un prolungamento dell’attesa per gli aiuti. Il decreto aiuti bis probabilmente non vedrà la luce prima che il nuovo governo si sia insediato e il paese ha bisogno come l’aria di risorse che lo tengano a galla. Un contrattempo che nessuno o quasi si sarebbe aspettato di trovare o che forse, fa parte di un certo tipo di strategia da campagna elettorale. L’Italia può permettersi di attendere?