Karl Wilhelm Friedrich von Schlegel nasce il 10 Marzo del 1772 da una famiglia luterana ad Hannover, insieme al fratello August è considerato uno dei fondatori del Romanticismo. Sebbene la sua formazione iniziale fu quella di giurista, declinò successivamente i suoi studi verso la sua reale passione: quella della poesia e della filologia. Non si esime, inoltre, dall’impegno politico vivendo con grande spirito critico gli avvenimenti storici del periodo post-napoleonico. Fu chiamato, infatti, dal cancelliere austriaco Metternich in qualità di stretto collaboratore per dare inizio alla Restaurazione propugnata dai Sovrani europei all’inizio del XIX Secolo.
La fine di un secolo
Il percorso formativo di Shlegel ha luogo in un momento storico dinamico e pieno di cambiamenti. La Rivoluzione Francese, iniziata nel 1789, aveva sconvolto l’ordine costituito e abbattuto lo status quo dell’Ancien Regime. L‘Illuminismo era giunto ormai alla sua parabola discendente. La Ragione pura, infatti, stava dando segni di cedimenti in favore di una concezione più trascendentale della filosofia occidentale. Inoltre il movimento del Classicismo stava esaurendo le sue propaggini formali e la mitologia classica aveva cessato di essere il mito ispiratore di molti autori. Infine, negli anni successivi, l’ascesa Napoleonica vibrò l’estremo colpo per quanto riguarda la stabilità dell’Europa.
Questo il quadro clinico della cultura di fine secolo in cui si innesta il pensiero di Schlegel. Insieme al fratello August Wilhelm, nel 1798, fonda la rivista Athenäum, istituzione riconosciuta dai critici come esperienza primigenia del Romanticismo. Le sue prime opere sono fortemente influenzate dai profili intellettuali in ascesa di autori come Novalis e Schiller. Nei due scritti Von der Schule der griechischen Poesie e Über das Studium der griechischen Poesie, infatti, riprende la dicotomia schilleriana di poesia ingenua e quella sentimentale. La prima, è caratterizzata da una spontaneità intrinseca all’uomo che vive un rapporto armonioso con la natura. Proprio per la sua innata perfezione formale, invero, è considerata oggettiva. Essa è identificata nella poesia dell’Antica Grecia. Al contrario la nuova poesia, quella romantica, è soggettiva, in quanto il poeta stesso ermeticamente avvia una meditazione individuale atta a cogliere il senso determinato della natura. Tuttavia, con ineluttabile epilogo, fallirà nell’impresa. La poesia romantica è, quindi, espressione di quella trascendenza propugnata dal pensiero di ispirazione kantiana e fichtiana. Inoltre è universale poiché non è ascrivibile formalmente e in senso univoco ad alcuna forma espressiva canonicamente affermata. L’opera nuova, pertanto, è un continuo scambio tra diversi generi e vive in un perpetuo rapporto intrinseco tra arte e vita, non più tra opera e canone formale. Il romanzo in questa direzione rappresenta indubbiamente la forma romantica per eccellenza. Storia e poesia, arte e filosofia trovano in esso la loro compenetrazione strutturale.
Il Romanticismo ariano
Über die Sprache und Weisheit der Inder (Sulla lingua e sulla saggezza degli indiani) del 1808 rappresenta un testo chiave per lo sviluppo di molte correnti letterarie e filosofiche di inizio secolo. L’opera è frutto di un accurato e indefesso studio della cultura secolare nata in seno alla penisola indiana. In essa si afferma che la totalità delle cultura che hanno lasciato un solco profondo nella storia provengano da un unico popolo: quello di una “razza” bianca indo-nordica. Altro non è che la popolazione che lui definisce ariana che vede la sua origine sul monte Meru, luogo sacro alla mitologia induista e buddhista. Importante precisare che le tendenze antisemite e razziste scaturite da questa teoria nel corso degli anni non rispecchiano affatto le intenzioni dello Schlegel. Le prime intenzioni dell’autore, infatti, furono quelle di diffondere i nuovi studi iniziati da un celebre studioso britannico del tempo: sir William Jones. Costui fu pioniere degli studi volti ad approfondire la cultura indiana approfondendo la conoscenza del sanscrito e portando ad una consapevolezza indoeuropea l’antropologia culturale del XIX secolo.
Schlegel e il cristianesimo romantico
Tra il 1812 e il 1820 Schlegel fonda due riviste: Deutsches Museum e Concordia. Per mezzo di questi organi culturali, il filosofo tedesco propone un tentativo di rinnovamento ispirato alle istanze di un cristianesimo tradizionalista ed europeista. La dottrina Cattolica, pertanto, riprende il suo posto sullo scranno di fondatrice del Vecchio Continente. Infatti è proprio in seno all’egemonia cesaropapista che l’Europa vede affermarsi e formarsi le sue prime identità nazionali, quali l’Inghilterra, la Francia e la Spagna. Insomma, il mito romantico delle vicende medievali e, successivamente, le mitologie precristiane afferenti al continente tutto, sostituiscono la narrazione marmorea e ormai esaurita della classicità greco-romana. La ripresa delle mitologie nazionali non resta inascoltata dai popoli soffocati dalla Restaurazione, che Schlegel stesso aveva architettato insieme a Metternich. I pensatori dei moti rivoluzionari del XIX secolo, infatti, ritrovano nelle idee propugnate dal filosofo tedesco nuova linfa vitale atta ad ispirare una speculazione intellettuale circa il sogno di libertà tanto agognata nella fase post-restaurazione. Soprattutto in Italia, Giuseppe Mazzini, fortemente influenzato dalle letture di Schlegel portò avanti il mito romantico in cui il sogno di un Italia affrancata da una tirannide illegittima risale al Medioevo, quando del cuore cristiano dell’Europa se ne avvertiva il polso.
Paolo de Jorio
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