Il nuovo film di Nanni Moretti, “Il sol dell’avvenire”, nelle nostre sale eccezionalmente prima dell’anteprima in concorso a Cannes 2023, è una summa del suo lavoro fino ad oggi. Un riepilogo divertito della sua carriera, con autocitazioni sparse ovunque. Ricompare la coperta patchwork che lo avvolgeva in “Sogni d’oro” (1981), la passione per i dolci già manifestata in “Bianca” (1984), il riferimento alla scomparsa della madre, la sequenza della piscina dove tra una bracciata e l’altra pensa al nuovo film, dal “Nuotatore” di John Cheever che richiama naturalmente “Palombella Rossa” (1989). Mentre in “Caro Diario” (1994) girava Roma in vespa ora lo fa in monopattino elettrico, affiancato da un sorridente Mathieu Almaric, nel ruolo del produttore del film che sta girando.

Ciò che rende Nanni Moretti un personaggio unico nel panorama del cinema italiano contemporaneo è sicuramente la sua immensa libertà autoriale, una scintilla che spinge gli spettatori a seguire con interesse il suo cinema negli anni. Non è possibile che io faccia un film ogni cinque anni ripete più volte il suo personaggio, il regista, suo alter ego, Giovanni che sta girando un film ambientato nel 1956 quando ci fu la rivolta ungherese contro l’Unione Sovietica. I due protagonisti del film sono Ennio, segretario della sezione del Partito Comunista del Quarticciolo, interpretato da Silvio Orlando e Vera sua moglie, interpretata da Barbara Bobulova. Questo piccolo quartiere romano di cartone, che ospita il circo ungherese Budavari, sarà il terreno della crisi che il PC, guidato da Togliatti, visse in quegli anni.

“Il sol dell’avvenire”, una grande storia d’amore

Nanni Moretti e Margherita Buy in una scena del film “Il sol dell’avvenire”.

Nel film ci sono tutte le ossessioni di Nanni Moretti, la politica e la psicanalisi. Il personaggio di sua moglie interpretato da Margherita Buy, in analisi, rivela la profonda crisi che sta attraversando il loro rapporto. Giovanni ricostruisce frammenti della loro storia d’amore in quello che a tutti gli effetti diventa il terzo film nel film. Il film che vuole girare da tutta la vita, quello su una grande storia d’amore lunga cinquant’ anni che ha come colonna sonora solo canzoni italiane. Così ci troviamo magicamente in un cinema degli anni ’60 dove sta finendo la proiezione della “Dolce vita” e due giovani si scambiano il primo bacio sulle note di “Lontano, lontano” di Luigi Tenco.

Non poteva mancare la più grande ossessione di Nanni Moretti, il cinema. L’incipit del film con due uomini che si calano giù da un muro per scrivere con la vernice rossa il titolo del film, la colonna sonora dalle sonorità circensi, composta da Franco Piersanti e il corteo finale con tutti i personaggi del film e molti volti noti del cinema italiano è un omaggio a “Otto e mezzo” di Fellini. Il protagonista riguarda “Lola” di Jaques Deny, ogni volta che sta lavorando a un nuovo film.

Voglio vederti danzare e cantare

Nei suoi interventi poco concilianti rivolti a attori, registi e produttori parla del cinema che ama, quello di Wim Wenders, Cassavetes. Il cinema di Kieślowski, di cui usa il suo “Breve film sull’uccidere” come esempio per una lezione di etica ed estetica sulle scene di violenza. Su il loro abuso nel cinema d’intrattenimento contemporaneo che conducono all’imitazione più che alla repulsione.

“Il sol dell’Avvenire” inaspettatamente è anche un film musicale con lunghe sequenze che sprigionano una vitalità di Nanni Moretti, raramente vista nei suoi film. Scalda il cuore vederlo cantare in macchina a squarciagola “Sono solo parole”, un rivolgimento del suo tormentone Le parole sono importanti (Palombella Rossa). O vederlo calciare un pallone con in sottofondo “Je tu ne exist pas” di Jo Dossin. Sul finale, il regista Giovanni (Nanni) ritrova sé stesso nell’obiettivo della macchina da presa verso cui lancia un sorriso compiaciuto al pubblico per poi iniziare a volteggiare con la troupe sulle note di “Voglio vederti danzare” di Battiato.  

Eleonora Ceccarelli

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