Il 6 giugno 1919, su Il Popolo d’Italia, veniva pubblicato il Manifesto dei Fasci italiani di combattimento. Il documento riportava diverse proposte politiche e sociali che dovevano far fronte a delle riforme per arginare due pericoli ”insidiosi” per la società: la destra e la sinistra. In questo caso, il Manifesto si collocava come una via di mezzo; un terza posizione sviluppata su teorie moderniste, successivamente nota come ”Terza via fascista”.
Manifesto dei Fasci italiani di combattimento, la terza via fascista sviluppata sulla concezione di teorie moderniste
La terza posizione, detta anche terza via fascista, è un’ espressione nata la prima metà del XX secolo nelle prime rudimentali ideologie fasciste. La genesi di tale alternativa nasce come teorizzazione di un nuovo sistema sociale, culturale e politico. L’idea, infatti, era che questa nuova alternativa potesse rappresentare un’ opzione ai già presenti sistemi capitalisti e comunisti.
Secondo i fondatori della nuova opzione, questa forma di governo doveva rappresentare un potere che stesse al di sopra delle divergenze esistenti fra partiti già esistenti. Ovviamente, tale ideologia cozzava con la realtà; essendo questa opzione inserita in una nazione avente un sistema partitico, la formazione di un partito si rivelava necessario per ottenere il potere.
«[I Fasci Italiani di Combattimento] non sono un partito, ma piuttosto l’antipartito. Non sono un’organizzazione di propaganda, ma di combattimento. Più che al proselitismo, per vendere marchette, tendono all’azione. Non hanno programmi immutabili. Non si propongono di vivere all’infinito. Non promettono il paradiso in terra e la felicità universale. Nella vasta democrazia della civiltà essi rappresentano l’aristocrazia del coraggio. Libertari, sono per necessità antidemagogici. Spregiudicati, sanno andare contro corrente. È una associazione di uomini che possono provenire da tutti gli orizzonti perché si “ritrovano” in alcune identità o affinità ideali.»
Benito Mussolini, La prima adunata fascista in Il Popolo d’Italia, n. 274, 6 ottobre 1919, VI
Il 23 marzo 1919, in piazza San Sepolcro a Milano, si assiste alla fondazione ufficiale dei Fasci italiani di combattimento.
La pubblicazione su Il Popolo d’Italia
Il 6 giugno 1919 il Manifesto dei Fasci italiani di combattimento è ufficialmente pubblicato su Il Popolo d’Italia, il quotidiano politico fondato da Benito Mussolini nel 1914. Alla stesura del Manifesto partecipa anche Alceste De Ambris, fra i maggiori esponenti del sindacalismo rivoluzionario italiano. Il Manifesto dei Fasci italiani di combattimento riassumeva una serie di proposte che miravano a riformare sia l’area politica che sociale da due pericoli; ”quello misoneista di destra” e quello ”distruttivo di sinistra”, così come si legge in un comunicato apparso su Il Popolo d’Italia il 9 marzo 1919:
«Il 23 marzo sarà creato l'”antipartito” sorgeranno cioè i Fasci di combattimento, che faranno fronte contro due pericoli: quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra»
L’idea iniziale era quindi improntata alla realizzazione di novità sulla base delle teorie moderniste e la concezione di ”Uomo nuovo”; un concetto nato dopo la Prima Guerra Mondiale sulla base delle filosofie interventiste e dei movimenti futuristi che volevano recidere i legami con gli usi ottocenteschi, promuovendo un desiderio di rinnovamento ideologico.
Manifesto dei Fasci italiani di combattimento, il programma di San Sepolcro
L’espressione sansepolcrismo si è utilizzata, in seguito, per indicare il periodo storico riferito alle origini del fascismo in Italia. Durante il periodo fascista era la denominazione di coloro i quali avevano partecipato alla riunione tenuta a Milano, in piazza San Sepolcro, il 23 marzo 1919 per la fondazione dei Fasci italiani di combattimento. Il programma di San Sepolcro, pubblicato su “Il Popolo d’Italia” del 6 giugno 1919 si caratterizzava per le tematiche nazionaliste:
Per il problema politico:
- Suffragio universale a scrutinio di lista regionale, con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne.
- Il minimo di età per gli elettori abbassato ai I 8 anni; quello per i deputati abbassato ai 25 anni.
- L’abolizione del Senato.
- La convocazione di una Assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di costituzione dello Stato.
- La formazione di Consigli Nazionali tecnici del lavoro, dell’industria, dei trasporti, dell’igiene sociale, delle comunicazioni, ecc. eletti dalle collettività professionali o di mestiere, con poteri legislativi, e diritto di eleggere un Commissario Generale con poteri di Ministro.
Per il problema sociale:
- La sollecita promulgazione di una legge dello Stato che sancisca per tutti i lavori la giornata legale di otto ore di lavoro.
- I minimi di paga.
- La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria.
- L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici.
- La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasporti.
- Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sulla invalidità e sulla vecchiaia abbassando il limite di età, proposto attualmente a 65 anni, a 55 anni.
Il programma militare e finanziario
Per il problema militare:
- L’istituzione di una milizia nazionale con brevi servizi di istruzione e compito esclusivamente difensivo.
- La nazionalizzazione di tutte le fabbriche di armi e di esplosivi.
- Una politica estera nazionale intesa a valorizzare, nelle competizioni pacifiche della civiltà, la Nazione italiana nel mondo.
Il problema finanziario:
- Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze.
- II sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le mense Vescovili che costituiscono una enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi.
- La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro dell’ 85% dei profitti di guerra.
Tuttavia, le idee proposte sul Manifesto videro solo una parte della loro realizzazione.
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