Michel Fugain (Grenoble, 12 maggio 1942) è un cantante e compositore francese. Figlio di un medico combattente nella Resistenza francese durante la Seconda guerra mondiale, il giovane Michel, nonostante risultati poco brillanti alle scuole superiori, si iscrive alla facoltà di Medicina per seguire le orme paterne ma a 21 anni lascia l’Università per andare a Parigi e dedicarsi al cinema.
Stagista in alcuni cortometraggi, viene anche ingaggiato per partecipare alle riprese di alcuni film del cineasta Yves Robert. In questi anni Fugain frequenta corsi di recitazione senza mostrar ancora alcun interesse per la musica.
Successivamente, a seguito di un’amicizia stretta con il cantante Michel Sardou, gli scrive quattro canzoni per un’audizione; i risultati lo spingono a dedicarsi alla composizione. In seguito compone anche per artisti come Hugues Aufray, Hervé Vilard, Dalida e, successivamente, per Marie Laforêt il cui produttore gli propone di registrare un disco.
Esordisce nel 1966 con Un pas devant l’autre, LP contenente solo quattro canzoni; ma è con Je n’aurais pas le temps del 1967 che raggiunge notorietà, tanto che gli viene commissionata la composizione dell’inno ufficiale dei Giochi olimpici invernali nel 1968 che si sarebbero svolti a Grenoble.
Il 1969 è l’anno che lo vede esibirsi all’Olympia di Parigi, e prendersi la sua prima serie di “pause” nella sua carriera di cantante.
Il suo periodo migliore – per prolificità e successo di pubblico – è quello dal 1972 al 1974 quando entra a far parte del folto complesso musicale Big Bazar. Di quel periodo sono Une belle histoire (da noi conosciuta come Un’estate fa con il testo italiano di Franco Califano) e La fête.
Michel Fugain, moglie e figlia
Il brano ha un successo mondiale di tale portata da stravolgere tutto. Fugain ed i ragazzi del Big Bazar fanno un tour in Brasile, il brano viene tradotto in oltre 20 lingue (in italiano lo scrive Franco Califano, lo cantano dapprima gli Homo Sapiens, poi Caterina Caselli e Mina). Michel ottiene una trasmissione propria in TV, diventa cantautore nazionale ed entra nella schiera dei giganti della Chançon Française. Non vende l’anima: organizza un festival in strada di musica e saltimbanchi nella città di Le Havre, finge di fare il contadino insieme a sua moglie Stephanie – insomma, trasforma la sua immagine hippie in un mestiere.
Una moglie? Contadino? Una vita che è una metafora di “Viaggio di un poeta” dei Dik Dik… e chi se ne importa: gli anni 60 non sono stati meravigliosi per motivi politici o ideologici – sono stati una sarabanda folle di colori sgargianti, di canzoni indimenticabili, di ragazzi che hanno gettato la saggezza al pozzo e, nonostante questo, sono stati costretti a crescere. Come Fugain, spezzato dalla morte della figlia Laurette, che ha portato con sé anche il suo matrimonio. Avevano trovato la vera pozione magica, quella per la felicità. Anche questa, purtroppo, improvvisamente esaurisce il suo effetto