Summer Time Rendering è un anime disponibile su Disney+ che contiene una serie di elementi che spaziano dalla fantascienza al dramma, con qualche momento di leggerezza sparso qua e là. Sembrerebbe che l’anime abbia tutte le carte in regola per essere apprezzato da una vasta fetta di spettatori e spettatrici, e anche chi, in genere, non prediligerebbe questo genere a una prima scelta. Avvisiamo i lettori di fare attenzione agli SPOILER.

Su Disney+, l’anime Summer Time Rendering ti trasporta in altre dimensioni

Summer Time Rendering: l'anime su Disney+ che distorce il tempo - Photo Credits Disney+
Summer Time Rendering: l’anime su Disney+ che distorce il tempo – Photo Credits Disney+

L’opera animata intriga immediatamente chi guarda ed è una trasposizione dell’omonimo manga di Yasuki Tanaka, trasformato in un Anime di ben 25 episodi, diffuso globalmente da Disney attraverso il marchio Star. Un ragazzo, Shinpei Ajiro, torna nella sua isola natale dopo aver vissuto a Tokyo: il suo ritorno non è dovuto, sfortunatamente, a un lieto evento, anzi: si ritrova lì proprio per il funerale della sua migliore amica, Ushio Kofune.

Già a partire dalla prima puntata risulta immediato che qualcosa non va, e scopriamo successivamente che, ogni volta che muore, Shinpei torna al 22 luglio, bloccato in un loop temporale di cui non sappiamo l’origine. I misteri sono tantissimi, e le linee temporali, forse, altrettante. Uno spettatore o una spettatrice occidentale è tentata di attribuire certi tipi di meccanismi alla serie, appresi durante la visione di altre opere appartenenti al mondo Europeo o Americano.

Eredità o confusione?

Nei primi episodi, probabilmente si penserà a una serie di riferimenti del mondo Occidentale. Come non pensare, ad esempio, a Doctor Who, la serie in cui un alieno solitario viaggia nel tempo e nello spazio? O, ancora, come non avere qualche reminiscenza del film Source Code, in cui un giovane Jake Gyllenhaal tenta di sventare un attentato su un treno, provando e riprovando ogni volta? Tra i lavori più recenti, è possibile anche ripensare a una versione meno crudele della puntata di Black Mirror White Bear, in cui la protagonista è messa ripetutamente in una situazione simile ad ogni risveglio.

Andando avanti con la visione, però, ci si rende conto che tutte le nostre supposizioni vanno crollando, e che il proseguimento della narrazione perde qualunque caratteristica occidentale che gli si era voluta attribuire – escludendo, di conseguenza, varie influenze apprendibili nel corso della visione. In tutta la sua particolare modalità di sviluppo, una narrazione tipicamente orientale si dipana, sorprendendoci ad ogni puntata.

Il nemico

L’antagonista principale in Summer Time Rendering non è immediatamente chiaro: i nemici, però, sono tanti; si tratta di esseri denominati ombre, protagonisti di vecchie leggende, che capiamo essere realtà. Il vero nemico, però, ci è celato per parecchi episodi, fino a un faccia a faccia fondamentale che, però, non avviene alla fine dell’intera narrazione: questa è forse la più forte virtù nell’anime, che grazie all’espediente del viaggio nel tempo del protagonista, riesce ad accompagnare chi guarda nei meandri più profondi di tutto ciò che accade.

Anche i nemici si evolvono insieme al protagonista e ai suoi amici, scoprendo di poter anticipare in modo analogo le loro mosse. Allo stesso tempo, la rappresentazione delle ombre diventa sempre più mostruosa man mano che comprendiamo la loro storia e i loro moventi: inizialmente, sostituendo le persone, non ci è dato vedere la loro forma originaria – solo più avanti le osserviamo in tutta la loro mostruosità. Esse conservano comunque alcuni tratti umani, quel tanto che basta a renderle ancora più grottesche e inquietanti. Un altro elemento è particolarmente interessante: non tutte le ombre sono cattive e non tutti gli umani sono buoni.

Gli alleati

Il protagonista ha numerosi amici già all’inizio, ma, nel corso dei loop – che permettono di apprendere nuove informazioni, la memoria non subisce danni – riesce a spiegare a tutte le persone ancora salve dal “morbo dell’ombra” tutto ciò che sta accadendo.

Shinpei giunge, così, a formare una vera e propria squadra, da proteggere e da cui farsi proteggere, legata da sentimenti nobili e affettuosi. Nel corso degli episodi si disvelano i vari misteri che anche i personaggi “buoni” hanno: a partire dalla doppia personalità della scrittrice Hizuru Minakata, al segreto del cecchino Ginjiro Nezu, tutti hanno la possibilità di aprirsi con la loro back story, operazione magistralmente orchestrata dal creatore. Non si ha, infatti, l’impressione di assistere a una descrizione o a uno “spiegone”, bensì, le vicende di tutti sono narrate durante il susseguirsi degli eventi e per mezzo di essi.

Il videogioco fa scuola

Il loop temporale grazie al quale Shinpei viaggia indietro nel tempo ogni volta che muore è un manifesto che rimanda al funzionamento dei videogame. Ogni volta, Shinpei ritorna a un check-point da cui riparte con nuova informazioni su cosa accadrà.

Il parallelismo è evidente, e anche colui che si scoprirà essere il vero cattivo, ne parlerà negli ultimi episodi: per lui l’esistenza è solo un macabro gioco. Altro elemento importante è quello del punto di vista: tutto, infatti, gira intorno agli occhi di Haine (uno dei personaggi più importanti e controversi della serie), occhi che hanno poteri particolari, e sul concetto di cambio di prospettiva, che Shinpei utilizza per risolvere le situazioni più difficoltose.

Beatrice Martini

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