Non sembrano essere i giorni migliori per la Santa Chiesa quelli vissuti nelle ultime settimane. Dopo il polverone alzato dal giornalista Emiliano Fittipaldi pubblicando presunti documenti inediti riguardo al coinvolgimento del Vaticano nel caso Orlandi, la Santa Sede torna a far parlare di sè per le dimissioni di Libero Milone
E’ di ieri l’intervista/sfogo di Libero Milone, ex Revisore dei Conti del Vaticano a partire dal 2015, che ha deciso di raccontare a diverse testate, tra cui “Il Corriere della Sera” il motivo delle sue dimissioni avvenute il 19 giugno scorso e fino ad ora rimaste nel silenzio.
«Parlo solo ora perché volevo vedere cosa sarebbe successo dopo le mie dimissioni del 19 giugno. In questi tre mesi dal Vaticano sono filtrate notizie offensive per la mia reputazione e la mia professionalità. Non potevo più permettere che un piccolo gruppo di potere esponesse la mia persona per i suoi loschi giochi. Mi spiace molto per il Papa. Con lui ho avuto un rapporto splendido, indescrivibile, ma nell’ultimo anno e mezzo mi hanno impedito di vederlo. Evidentemente non volevano che gli riferissi alcune cose che avevo visto. Volevo fare del bene alla Chiesa, riformarla come mi era stato chiesto. Non me l’hanno consentito». Con queste parole Libero Milone ha deciso di rompere il silenzio e dire la sua verità.
Libero Milone, dal 2015 Revisore dei Conti della Santa Sede aveva avuto il compito di riformare l’opaco sistema finanziario del Vaticano, compito affidatogli direttamente da Papa Francesco con il quale, a sua detta, aveva un buonissimo rapporto. Fino a quando, improvvisamente, questo sembra inspiegabilmente inscrinarsi.
«Dal 1° aprile del 2016 non l’ho più visto (il Papa) – dice Milone -. A settembre chiesi di vederlo ma mi dissero di fare la richiesta tramite la segreteria di Stato. Ne ho fatto due, scritte. Mai una risposta. Prima lo incontravo ogni 4-5 settimane. Parolin una volta al mese. E Becciu ogni 5-6 settimane. […] Ho qualche idea. Credo che il Papa sia una grande persona, e era partito con le migliori intenzioni. Ma temo sia stato bloccato dal vecchio potere che è ancora tutto lì, e si è sentito minacciato quando ha capito che potevo riferire al Papa e a Parolin quanto avevo visto nei conti. Questo dice la logica».
Il 19 giugno 2017 succede però qualcosa che spinge Libero Milone a rassegnare le proprie dimissioni.
«Fui ricevuto dal sostituto alla segreteria di Stato, monsignor Becciu, per parlargli del contratto dei miei dipendenti. E invece mi sentii dire che il rapporto di fiducia col Papa si era incrinato: il Santo Padre chiedeva le mie dimissioni. Ne domandai i motivi, e me ne fornì alcuni che mi parvero incredibili. Risposi che le accuse erano false e costruite per ingannare sia lui che Francesco; e che comunque ne avrei parlato col Papa. Ma la risposta fu che non era possibile. Becciu mi disse invece di andare alla Gendarmeria»
Alla Gendarmeria «notai subito un comportamento aggressivo. Ricordo che a un certo punto il comandante Giandomenico Giani mi urlò in faccia che dovevo ammettere tutto, confessare. Ma confessare che cosa? Non avevo fatto nulla».
Libero Milone viene accusato di peculato per aver distratto fondi del Vaticano per scopi che esulavano dal suo ruolo, tra cui l’aver incaricato e pagato una società esterna che svolge indagini private, al fine di cercare «informazioni impropriamente su esponenti vaticani», commettendo pertanto un reato oltre che una grave lesione del rapporto di fiducia che lo aveva portato nelle stanze del Vaticano.
Da qui la lettera delle dimissioni che nel momento in cui Libero Milone andò a preparare gli fu presentata già pronta, ma datata al 12 maggio, segno che, probabilmente, vi era già la volontà di indurlo a dimettersi, forse perchè veramente aveva scoperto qualcosa in quei conti che avrebbe potuto destabilizzare gli antichi e quanto mai radicati poteri forti del Vaticano.
«Non mi sono dimesso volontariamente – denuncia Libero Milone – Sono stato minacciato di arresto. Il capo della Gendarmeria mi ha intimidito per costringermi a firmare una lettera che avevano già pronta».
Immediata è stata la risposta della Santa Sede che con una nota controbatte: «egli è venuto meno all’accordo di tenere riservati i motivi delle sue dimissioni dall’Ufficio. […] In base agli Statuti, il compito del Revisore Generale è quello di analizzare i bilanci e i conti della Santa Sede e delle amministrazioni collegate. Risulta purtroppo che l’Ufficio diretto dal dottor Milone, esulando dalle sue competenze, ha incaricato illegalmente una Società esterna per svolgere attività investigative sulla vita privata di esponenti della Santa Sede – continua la nota -. Questo, oltre a costituire un reato, ha irrimediabilmente incrinato la fiducia riposta nel dottor Milone, il quale messo davanti alle sue responsabilità, ha accettato liberamente di rassegnare le dimissioni. Si assicura, infine, che le indagini sono state condotte con ogni scrupolo e nel rispetto della persona».
I fatti, assai discutibili (ci sarà stato qualche motivo per cui veramente Milone ha ritenuto di dover svolgere segrete indagini interne, qualcosa che forse negli anni era stato nascosto? che cosa ha scoperto Libero Milone?), hanno riacceso il dibattito sullo stato di buona salute della Santa Sede, di cui negli anni si è più volte avuto modo di dubitare, a partire dall’opacità dei traffici dello Ior, le inchieste sulla pedofilia, le spese per attici e proprietà, la morte di Emanuela Orlandi.
A questo punto, spetta alla Chiesa Cattolica combattere e condannare apertamente quanto di negativo, da sempre, esiste al suo interno, prendendo posizione sui fatti, non nascondendoli, così riuscendo, magari, a riconquistare la fiducia di tanti fedeli che negli anni si sono allontanati, disgustati da un’organizzazione che per molti aspetti non rappresenta gli ideali sottesi al cristianesimo.
Lorenzo Maria Lucarelli