L’Arabia Saudita è stata la protagonista dell’estate. Non solo in Italia, ma in tutt’Europa. Il tema principale è sempre quello del calciomercato, ma l’impressione è che stavolta si sia davvero giunti ad un punto di non ritorno.
Se prima era un’eccezione, adesso è diventata quasi la regola. Sempre più giocatori preferiscono i soldi al progetto tecnico, e rifiutare le proposte d’oro provenienti dalla Saudi Pro League diventa quasi impossibile per loro – sia per i talenti in rampa di lancio sia per i ragazzi più esperti ormai nella fase calante della propria carriera.
I principali club dell’Arabia Saudita sono arrivati in Europa come pesi massimi, appropriandosi senza chiedere permesso dei migliori giocatori sul mercato. Per buona pace delle squadre italiane, tedesche, spagnole, inglesi, francesi e così via. Non solo hanno eliminato praticamente le trattative, ma anche la stessa concorrenza. Di conseguenza, sempre più appassionati ricercano pronostici aggiornati con i risultati esatti del calcio arabo, e non più solo di quello europeo.
Secondo qualcuno urge un regolamento al più presto, visto che in Europa vige il cosiddetto Fair Play Finanziario e in Oriente no. Altri invece ritengono che questi soldi possano esser contrastati con un’arma che loro in questo momento non possono neanche lontanamente possedere: la competenza.
Il calcio arabo: la crescita del movimento
La Saudi Pro League nasce nella stagione 1974/75, quando però di calcio vero se ne sapeva ancora poco o nulla. Ora sono passati ormai quasi 50 anni, e di passi avanti ne sono stati fatti. Logicamente, l’infinita disponibilità economica ha fatto tutta la differenza del mondo.
Oggi il massimo campionato arabo è composto da 18 squadre e si svolge esattamente come la Serie A; non ci sono playoff e playout, ma retrocessioni, qualificazioni alla Champions d’Asia ed una sola vincitrice del torneo.
Negli ultimi anni l’Arabia Saudita ha pigiato clamorosamente sull’accelerato con un obiettivo ben preciso: acquisire quanto prima i diritti sportivi per organizzare i Mondiali di calcio. Ma come farlo senza possedere sufficiente appeal per attrarre l’interesse di milioni di appassionati, oltre che ovviamente quello della FIFA? Semplice, portando i migliori calciatori al mondo a giocare nella propria patria.
Questo è proprio ciò che sta avvenendo in questi mesi. Tutto è iniziato nel dicembre del 2022, subito dopo i Mondiali in Qatar, quando il grande Cristiano Ronaldo scelse di trasferirsi all’Al-Nassr e di lasciare così per sempre il Manchester United. Da lì, è stato tutto in discesa per gli arabi. In estate sono arrivati decine di giocatori che, convinti ovviamente dall’immenso potere economico, hanno firmato per squadre sconosciute con l’unico scopo di arricchirsi il più possibile.
Scelta condivisibile o meno, i numeri parlano chiaro. Ora la Saudi Pro League vanta un palmares davvero illustre. Fra i più, oltre a CR7, ci sono anche Neymar, Benzema, Kanté, Fabinho, Brozovic, Telles, Fofana, Mané, Koulibaly, Milinkovic-Savic, Marhez, Firmino, Mendy, Ibanez, Kessié e molti altri ancora. Addirittura, ha firmato per gli arabi anche Gabri Veiga, talento spagnolo giovanissimo che – anziché andare al Napoli campione d’Italia ed affermarsi definitivamente nel grande calcio europeo – ha preferito le proposte faraoniche del mondo asiatico.
La crescita repentina del calcio arabo sarà un fuoco di paglia come il calcio cinese? Solo il tempo darà questa risposta. Ma quel che è certo è si è all’inizio di qualcosa di davvero molto grande e rivoluzionario.
Come battere il calcio arabo? L’idea di Giuseppe Marotta
Al momento, calcisticamente parlando, l’Arabia Saudita rimane in Arabia Saudita e l’Europa rimane in Europa. Com’è giusto che sia.
Tuttavia, in questi mesi i club arabi starebbero pensando di espandersi ulteriormente: non solo prendendo i giocatori delle migliori squadre europee, ma anche appropriandosi delle loro principali competizioni. La Champions League, per intenderci.
L’ultima idea araba sarebbe infatti quella di ottenere una sorta di lasciapassare da parte dell’Uefa per partecipare, con il club vincitore del campionato, alla grande Coppa dei Campioni europea. L’obiettivo è quello chiaramente di diffondere ancor di più la fama e lo status arabo in prospettiva della possibile organizzazione della Coppa del Mondo di calcio in Arabia Saudita.
È dunque chiaro come queste persone stiano tentando di tappare sempre più le ali al calcio europeo, sia sul mercato che sul campo. Ma come fare per impedirlo? Ne ha parlato di recente Giuseppe Marotta, amministratore delegato dell’Inter, ai microfoni di “Radio Rai”. Queste le sue parole sull’argomento: “Il calcio arabo può portare tanti guadagni, ma anche un senso di rinnovamento e nuovi investimenti in strutture e formazione. Spero che da qui possa nascere una mentalità vincente”.
Il dirigente nerazzurro passa poi al lato economico: “In questo momento è ovvio come loro abbiano grande disponibilità economica. Le loro spese sono imparagonabili alle nostre, ma c’è grande divario anche con la stessa Premier League – spiega Marotta, che infine conclude – Noi non disponiamo di queste cifre, ma possiamo competere in altro modo: con la nostra esperienza, le nostre capacità e le nostre competenze. La crescita del movimento arabo può spronarci anche a noi a mettere in campo nuove strategie, organizzazioni e business plan. Dobbiamo trovare una classe dirigenziale in grado di sostenere il calcio moderno”.