Per questo secondo episodio di Halloween Pills non possiamo non parlare di quello che è, con tutta probabilità, il film horror più importante della storia del cinema: L’esorcista. Uscito il 26 dicembre 1973, L’esorcista è, senza ombra di dubbio, uno spartiacque nel panorama cinematografico. È stato quello che 2001: Odissea nello spazio è stato per la fantascienza. Proprio come ha fatto Heros di David Bowie con il rock, L’esorcista ha sdoganato il genere, l’ha reso alto e fatto capire che, anche attraverso l’orrore, si poteva parlare di tematiche profonde attraverso la paura. Si poteva parlare di religione, di disagio giovanile e interiore, di ribellione e lutto. Tutto attraverso il messaggio che la paura non era un mezzo per film da serie B. ma un tramite, un medium che ti porta ad esplorare l’io più profondo dell’individuo e a scomporlo. Un ponte tra il subconscio e la sua messa a nudo. Se oggi esiste l’elevated horror, se esistono registi come James Wan, Jordan Peele o Ari Aster è grazie a William Friedkin e a L’esorcista. Ed è grazie a questo film che abbiamo imparato che la paura non si deve nascondere ma va esorcizzata (appunto), che anche l’orrore può essere pura arte da Oscar e può diventare capolavoro.

L’esorcista: parlare attraverso la possessione

L’esorcista: una delle inquadrature più iconiche della storia del cinema

Il film si apre in un sito archeologico in Iraq, dove padre Merrin trova una piccola statua raffigurante il volto di un demone. Turbato dalla cosa, si reca su un altro sito archeologico poco distante dove, attraverso una sequenza visivamente meravigliosa, si ritrova davanti ad un’imponente statua demoniaca. Nel mentre, a Washington, l’attrice divorziata Chris sta girando un film. Tornata a casa dalle riprese a notte fonda, sente degli strani rumori provenire dalla soffitta. Nei giorni a venire sua figlia Reagan inizia a stare sempre più male. La madre decide di farla visitare da svariati medici e psichiatri che non riescono però a trovarle nulla. Disperata, si affiderà all’ultima spiaggia per liberare la bambina da quella che sempre di più sembra una possessione: un esorcista. Intanto, seguiamo le vicende di padre Karras, un prete gesuita distrutto dalla perdita della madre e dal non esserle stato acconto nei suoi ultimi momenti. Proprio per questo motivo, nonostante la sua poca esperienza, accetterà il compito di esorcizzare il demone dentro Reagan, con l’aiuto dello stesso padre Merrin. Vista così, la trama del film non sembra avere un grande impatto orrorifico. E infatti, la sua grande potenza horror, non sta tanto in ciò che racconta, ma in come lo racconta. Friedkin costruisce la tensione attimo dopo attimo attraverso una regia a dir poco sublime. Piccoli zoom, leggeri carrelli a stringere, pan quasi impercettibili che guidano la nostra attenzione e la nostra ansia. E quando c’è bisogno di muovere la macchina, la lascia andare libera, quasi fosse posseduta. Tecnicamente non è invecchiato di un giorno, rimane ancora tutt’oggi un film perfetto. E la tensione si sviluppa anche attraverso gli altri elementi costitutivi del film: la sceneggiatura e i dialoghi di Peter Blatty sono intoccabili e magnifici. L’idea di mantenere alta la tensione senza praticamente mai mostrare se non a fine film è qualcosa che nel 1973 aveva dell’incredibile. E la capacità di inserire tematiche difficili all’interno di un film del genere è da maestri. In fondo, la possessione non è altro che la manifestazione corporea di un malessere interno a Reagan: quello del divorzio dei genitori e le conseguenze che esso comporta. Infatti, L’esorcista è un film profondamente cattolico e religioso: affronta sì un tema ecclesiastico come l’esorcismo, ma ci inserisce discorsi riguardanti il divorzio, il matrimonio e la fede ineluttabile che vince sul male. E, da un altro punto di vista, è un film pienamente anni Settanta: possiamo vedere la possessione come la manifestazione di un disagio giovanile nei confronti di un sistema chiuso e conservatore. La profondità è enorme. Owen Roizman compone poi una fotografia a dir poco meravigliosa, con degli scatti che sono poi diventati iconici e rubati da chiunque negli anni successivi. Quell’aria fredda dentro la stanza e fuori dalla casa non si scorda facilmente. Così come tutto il comparto audio (che gli valse uno dei due Oscar) che rende inconfondibile quelle voci sovrapposte quando parla Reagan. E poi la colonna sonora, il montaggio, la recitazione. C’è poco da dire, L’esorcista è un film tecnicamente perfetto, intoccabile e iconico. Resta ancora oggi incredibilmente bello da vedere ed un capolavoro.

New Hollywood

Solamente una corrente come quella della New Hollywood poteva permettere la nascita di un film come L’esorcista. Friedkin aveva già girato Il braccio violento della legge due anni prima e film come Easy Rider e Il Padrino erano usciti da pochi anni. Erano anni in piena Nuova Hollywood, dove registi giovani, pieni di fame di raccontare e riprendersi un’autonomia autoriale perduta, proliferavano. È stato un film controverso e scandaloso ma che, proprio nella controversia e nello scandalo, ha trovato la sua forza. Fino agli Oscar. E tutta l’aura venutasi a creare intorno lo ha reso ancora più magico. Un po’ per marketing, un po’ per fortuna, L’esorcista creo un vero e proprio fenomeno di massa impensabile per quegli anni. Tra notizie di persone svenute nelle sale e presenze demoniache sul set e alle proiezioni, L’esorcista divenne un vero e proprio evento, capace di farlo diventare uno dei maggiori incassi della storia. Anche se l’accoglienza critica fu decisamente tiepida, il tempo ha dato ragione a Friedkin e a Blatty, scolpendo L’esorcista nell’olimpo della storia della settima arte.

Alessandro Libianchi

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