Mauro Corona ha raccontato spesso la sua infanzia difficile, il rapporto turbolento con il padre e l’abbandono della madre, che ha fatto fatica a perdonare. Uno dei suoi fratelli, che quando lui era piccolo era emigrato in Germania, è anche morto annegato. Nonostante sia un uomo che ricerca solo la Natura e le cose essenziali della vita, Mauro Corona ha tuttavia dei profili social, dove di tanto in tanto ama pubblicare alcune foto. Proprio su Facebook 6 anni fa, è apparsa una foto di lui con suo fratello Richetto che all’epoca compiva 60 anni di età. “Oggi mio fratello Richetto compie 60 anni. Ci siamo bevuti un caffè assieme” È la didascalia che accompagna lo scatto in cui i due uomini si abbracciano sorridenti guardando verso l’obiettivo.

La famiglia di Mauro Corona, genitori e fratelli

Figlio di Domenico “Meni” Corona e Lucia “Thia” Filippin, venditori ambulanti, nasce a Baselga di Piné. Dopo i primi anni dell’infanzia trascorsi in Trentino, la famiglia ritorna a Erto, il paese d’origine nella valle del Vajont, a quel tempo in provincia di Udine e poi passato in provincia di Pordenone nel 1968, dove trascorre i successivi anni nella contrada San Rocco. Fin da bambino segue il padre nelle battute di caccia come bracconiere ed è proprio su questi monti, dove trascorre gran parte della sua gioventù, che nasce in lui la passione per la montagna e l’alpinismo.

Dopo la nascita del terzo fratello, seguita pochi mesi dopo dall’abbandono della famiglia da parte della madre, esausta delle percosse del marito, Corona si dedica alla lettura: Tolstoj, Dostoevskij e Cervantes sono i suoi scrittori preferiti e contemporaneamente impara l’arte della scultura lignea dal nonno intagliatore. Dopo aver frequentato le scuole elementari a Erto, iniziò le medie nella vicina Longarone, in provincia di Belluno. Il 9 ottobre 1963 cambiò radicalmente la sua vita quando l’ondata del Vajont spazzò letteralmente via la parte bassa della cittadina bellunese e le frazioni vicine al lago a cavallo tra Veneto e Friuli, causando oltre 2 000 morti. La sua famiglia non subì alcuna perdita nel disastro. Vari anni dopo raccontò l’accaduto nel romanzo Aspro e dolce.

Insieme al primo fratello minore si trasferì successivamente nel Collegio Don Bosco di Pordenone: questo fu per lui un periodo difficile in quanto la nostalgia, il senso di prigionia e la mancanza dei boschi di Erto lo tormentarono incessantemente. Alcuni insegnanti salesiani rafforzarono il suo amore per la letteratura e lo incoraggiarono nello studio. Quando i due fratelli tornarono a Erto, Corona voleva frequentare la Scuola d’Arte di Ortisei, ma la mancanza di soldi lo costrinse a frequentare l’Istituto per Geometri Marinoni di Udine, perché gratuito.

Dopo alcuni anni venne ritirato dalla scuola, visto che per ribellione non seguiva più le lezioni, preferendo leggere Tex in classe. Nel 1968 il primo fratello minore, Felice Corona, partì in cerca di lavoro per la Germania, dove annegò tre mesi più tardi in una piscina di Paderborn. Nel frattempo, Corona aveva lasciato il posto da manovale a Maniago per andare a lavorare nella cava di marmo del monte Buscada. Questo duro lavoro fu alleviato dall’essere a contatto con le cime, le foreste e i prati che gli ricordavano l’infanzia.

Fu costretto a sospendere questo lavoro durante il periodo del servizio militare, che iniziò a L’Aquila, arruolato negli Alpini. Da lì andò a Tarvisio nella squadra sciatori. Si congedò con un mese di ritardo a causa di trentadue giorni di cella di punizione di rigore accumulati per le sue numerose intemperanze durante l’espletamento del servizio.