Mentre Israele ottiene un placido sostegno in Italia, facendoci di nuovo apparire molli, qualcun altro in Europa alza la testa: è (sorprendentemente) il Regno Unito.

Ghali dice “stop al genocidio” e Israele definisce quest’affermazione, proprio la sua, come “un attacco a Israele”. Ghali non li ha mai nominati, ma la parola “genocidio” li fa sentire evidentemente chiamati in causa.

Non fatico a crederlo: quel che sta avvenendo a Gaza ai danni dei civili di Palestina non è un’opinione ma ha fonti giuridiche internazionali di tutto rispetto (Corte Internazionale di Giustizia, Ordine del giorno del 24 Gennaio 2024). Il Regno Unito è “molto preoccupato” per la situazione dei civili palestinesi a Rafah, che “non hanno più dove andare”. Lo ha detto il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, alzando i toni nei confronti del governo israeliano sulla scia degli Usa.

David Cameron:

“E’ impossibile vedere come si possa combattere una guerra fra la gente”

ha poi rincarato Cameron riferendosi ai civili della Striscia di Gaza e sollecitando Israele a

David Cameron, Ministro degli Esteri UK:

“fermarsi e riflettere molto seriamente prima di ogni ulteriore azione militare: noi vogliamo una pausa immediata dei combattimenti che conduca a un tregua sostenibile senza ripresa delle ostilità”

Indicativo che questa notizia arrivi proprio dopo pochissimo rispetto all’imbarazzante comunicato che la Vernier ha letto da parte dell’amministratore delegato Rai. Mentre in Italia si condannano gli artisti che chiedono la pace, altre nazioni riescono (fortunatamente) a fare quello che noi non sappiamo ancora fare: alzare la testa.

Israele attacca l’ONU: dice all’UNRWA che è “burattino di Hamas” e caccia una funzionaria delle Nazioni Unite

Nel frattempo Israele ha deciso di negare l’ingresso nel Paese a Francesca Albanese, inviata del consiglio dei diritti umani dell’Onu. La decisione, hanno fatto sapere i ministeri degli Esteri e degli Interni, è legata

“alle sue oltraggiosi affermazioni che ‘le vittime del massacro del 7 ottobre non sono state uccise per la loro ebraicità ma in risposta all’oppressione israeliana’

Nella striscia di Gaza ci sono quasi 30 mila vittime, dal 7 Ottobre:

  • Gaza: nella Striscia oltre 27mila morti, tra i palestinesi (nei quali ricordiamo esserci civili e bambini)
  • Le vittime di Israele sono 444, di rimando
    ( la maggior parte è stata uccisa proprio nel giorno dell’attacco di Hamas e nei giorni immediatamente seguenti, quando l’esercito israeliano ha compiuto una serie di operazioni militari nei territori al confine con la Striscia di Gaza dove erano ancora presenti miliziani del gruppo radicale)

Il 3 febbraio il ministero della Sanità della Striscia di Gaza ha aggiornato ad almeno 27.238 morti il bilancio delle vittime palestinesi dal 7 ottobre mentre i feriti sono 66.452.

Israele attaccato dal Regno Unito? C’è mezza Europa che si sta svegliando! Ma l’Italia no

Sanremo è un perfetto esempio. Ne ho parlato anche qui rispetto all’Eurovision. Però Israele è anche un membro storico del contest. La sua prima partecipazione va avanti dal 1973 e lo Stato ebraico è uno dei Paesi di maggior successo nella competizione. Infatti l’ha vinta ben quattro volte. Ma ad oggi non sembra essere più il benvenuto al festival com’è sempre stato finora.

Il movimento di boicottaggio è partito dal nord d’Europa: per questa edizione 2024 molti artisti in Islanda hanno lanciato una petizione: o Israele è fuori, o l’Islanda si ritira. La petizione ha subito iniziato a girare nel nord del continuente e molti stati si sono uniti alla protesta. La petizione è poi esplosa in Finlandia. Lì più di 1000 artisti e non solo (vari e diversi professionisti dell’industria musicale si sono uniti) sono per il boicottaggio di Israele. Poi le proteste si sono allargate dall’Islanda e la Finlandia anche alla Norvegia. Se Norvegia, Finlandia, Islanda e alcuni artisti del contest non bastano, s’è unita anche l’Irlanda. Infatti ad ora anche in Irlanda si propone pubblicamente la richiesta di boicottaggio un politico. La proposta parte da un parlamentare laburista.

A chi dirà “ma la musica è musica, l’Eurovision (come Sanremo) deve tenersi fuori dalla politica” ricordo una cosa. La Russia è stata esclusa negli ultimi due anni proprio per via della guerra in Ucraina. In quel caso la musica era molto politica e si è preso la responsabilità di essere divisivo per difendere l’Ucraina. Non possiamo permettere che esitano paesi di serie A e di serie B, guerre importanti e guerre “ignorabili”. Ne parlo qui, analizzando il fenomeno “EUROQUISION” (che unisce il nome del festival al verbo inglese “quit” ovvero “abbandonare”).

Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine