Sabato sera la conduttrice del programma di Rai 3 Chesarà Serena Bortone ha letto in onda l’intervento sul fascismo e sul governo Meloni che avrebbe dovuto leggere lo scrittore Antonio Scurati, la cui partecipazione al programma però era stata cancellata dalla dirigenza della Rai. Da sabato mattina intorno alla questione si è sviluppato un caso politico, che ha coinvolto prima l’opposizione, che ha accusato il governo di «censura», poi la dirigenza Rai, che ha accampato giustificazioni che sono state smentite dai giornali e da Bortone e Scurati, e infine la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha detto di non sapere quale sia la verità ma ha ripubblicato l’intervento di Scurati.
Bortone ha introdotto il monologo dicendo di aver saputo della cancellazione del contratto firmato con Scurati ieri sera, ribadendo di non aver ricevuto spiegazioni, e negando che la decisione fosse stata presa per ragioni economiche, come aveva sostenuto il dirigente della Rai Paolo Corsini. Anche una comunicazione interna alla Rai pubblicata da Repubblica fa riferimento esplicitamente a «motivi editoriali».
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.