Una retata ha svegliato bruscamente l’Arabia Saudita. Sono stati arrestati 11 principi, oltre a decine di ex ministri e ministri, ufficialmente per corruzione.

Secondo quanto riferisce l’emittente saudita Al Arabiya, gli arresti sarebbero legati a due indagini. La prima sull’alluvione di Gedda, che causò (nel 2009) la morte di circa cento persone, mentre la seconda riguarderebbe la diffusione della “Middle East Respiratory Syndrome” in Arabia Saudita.

Ad ordinare gli arresti è stata una commissione governativa anticorruzione nuova di zecca, creata dal principe Mohammed bin Salman, figlio dell’attuale re, nonché ministro della difesa e successore designato al trono della monarchia più potente del Golfo. La commissione, secondo quanto si sa al momento, sarebbe guidata proprio dal principe ereditario.

Questa mossa, secondo molti osservatori, è da ricondurre ad una più ampia strategia messa in atto da Mohammed bin Salman per consolidare il proprio potere, in netta ascesa dopo la designazione, oltre a togliere dalla circolazione potenziali oppositori. Questo perché le regole di successione in Arabia Saudita non seguono i canoni occidentali: non diventa automaticamente re il figlio dell’attuale regnante in carica, bensì un figlio del fondatore dello stato (re Ibn Saud). Mohammed bin Salman, essendo nipote di Ibn Saud, non avrebbe avuto diritto di salire al trono quindi.

Tra gli arrestati troviamo Bakr bin Laden, fratello di Osama Bin Laden e presidente del gruppo imprenditoriale saudi Binladin, Adel Fakieh, ministro dell’Economia, e, soprattutto, Alwaleed bin Talal, uno degli uomini più ricchi del mondo, noto come “il Warren Buffet del Medio Oriente”. Con partecipazioni che spaziano dai media (Fox News) alle banche (Citi Group), passando per hotel nelle maggiori capitali occidentali oltre che per le maggiori aziende della Silicon Valley (Twitter, Apple, Lyft). Attraverso la sua holding Kingdom è riuscito a costruire un impero e ad estendere la propria influenza fino a Wall Street.

Il terremoto generato da questa ondata di arresti potrebbe avere gravi ripercussioni sul futuro dell’ Arabia Saudita: tra i progetti maggiormente a rischio (per lo scetticismo che potrebbe accoglierli nel mondo finanziario globale) vi sarebbe la quotazione della compagnia petrolifera nazionale Aramco.

Rimane in piedi invece il visionario progetto di Mohammed bin Salman noto come “Vision 2030”: un progetto di sviluppo che mira a ridurre la dipendenza del paese dal petrolio, oltre ad introdurre moderate aperture sociali rivolte principalmente alle donne. Da poco infatti è stato concesso loro di guidare e di assistere agli eventi sportivi dal vivo. Inoltre, poche settimane fa, Mohammed bin Salman aveva dichiarato di voler portare l’ Arabia Saudita ad un Islam più moderato e aperto, anche se si dovrà sicuramente scontrare con l’intransigente clero wahabita.

Tuttavia, dopo gli arresti di oggi, il principe ereditario ha riunito definitivamente sotto la sua guida tutte le forze armate del paese, cosa che lo pone in una posizione di indubbio vantaggio nel caso in cui la situazione dovesse precipitare.

Lorenzo Spizzirri