Megera, pericolosa, crudele. O forse no. La sfortunata Bridget Bishop, prima donna condannata a morte per stregoneria durante i processi di Salem del 1692, è un esempio lampante di quanto una diffusa mentalità chiusa e intollerante possa degenerare in una vera e propria follia collettiva. Durante il diciassettesimo secolo, la cittadina del Massachusetts è stata infatti teatro di una vera e propria “caccia alle streghe”. Tutto ha inizio nel 1626, quando un gruppo di immigrati europei, calvinisti e puritani, s’insedia sul territorio. La nuova comunità segue delle regole ferree e piuttosto restrittive. Si praticano dei digiuni prescritti, droghe (tra queste anche caffè e tè), alcol e tabacco sono vietati. Gli abiti devono essere modesti e non provocanti, e la castità prematrimoniale è imposta. Balli e canti, fatta eccezione per le liturgie, sono messi al bando, e ai bambini è sconsigliato il gioco, ritenuto una perdita di tempo. In questo clima di restrizioni e terrore, s’inserisce la povera Bridget, salita sul patibolo, posizionato su una collina ancora oggi conosciuta come Witches’ Hill, il 10 giugno 1692.
Bridget Bishop: donna libera in una comunità di catene
Bridget Bishop è una creatura sui generis, almeno per l’epoca. Il cognome da nubile è Playfer, o forse Playford, ma si sposa tre volte. La prima, con il Capitano Samuel Wasselbe, nel 1660. La seconda, con l’uomo d’affari Thomas Oliver, dal quale ha una figlia, Christian. Rimasta vedova, viene accusata di aver ucciso il marito ricorrendo ad arti oscure, ma viene assolta per insufficienza di prove. Nel 1687, infine, si unisce in matrimonio con Edward Bishop, un ricco legnaiolo. A sessant’anni, è una proprietaria terriera, indipendente e innocua.
I veri problemi, tuttavia, cominciano il 19 aprile 1692, quando compare davanti al giudice per difendersi da Abigail Williams, Ann Putnam, Jr., Mercy Lewis, Mary Walcott ed Elizabeth Hubbard, cinque fanciulle che la ritengono una strega. Ad esse si aggiunge William Stacy, un concittadino, che alimenta il fuoco del sospetto intorno a lei, complice anche il silenzio della Bishop di fronte alle insinuazioni circa il suo ricorrere a sortilegi e pozioni. Un tale Samuel Shattuck, afferma di aver ricevuto dalla donna la richiesta di tingere un merletto troppo piccolo per essere indossato da un essere umano e quindi, necessariamente, pensato per qualche bambola vudù. Altre persone la incolpano dello strano comportamento del loro maiale dopo un diverbio con lei, e in tanti assicurano di averla vista sedurre numerosi uomini.
L’esecuzione, epilogo di un’isteria collettiva
L’intera Salem, dunque, è contro Bridget. Nonostante i tentativi di discolparsi e la vacuità delle accuse, ormai il suo destino è segnato. D’altronde, nel villaggio si è instaurato un vero è proprio regime del terrore. Nei processi, sommari e influenzati dalle autorità religiose locali, vengono coinvolti circa duecento abitanti, di cui centoquarantaquattro finiscono in tribunale. Fra questi, ben cinquantaquattro confessano, dopo essere stati torturati, di essere devoti a Satana. Nel corso delle sentenze, sommarie e faziose, diciannove persone sono mandate a morte.
La Bishop, con i suoi abiti rossi, giudicati troppo sfacciati e lontani dai dettami puritani, apre le danze. Troppo libera e autonoma in una società opprimente e bigotta, è il capro espiatorio ideale per lanciare un monito e per spaventare le giovani ragazze del posto: ci si deve attenere alle indicazioni, o il Maligno troverà terreno fertile. Etichettata come strega, fattucchiera spregiudicata e lasciva, Bridget Bishop viene impiccata. Una vittoria per l’oscurantismo, un giorno più nero della presunta magia, costata la vita a più di un innocente.
Federica Checchia
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