Siamo ancora nel 2024 o sul finire degli anni ’90? No, il clima è caldo, siamo circondati dalle moderne tecnologie, viviamo le nostre vite attraverso un filtro difformemente sociale. Eppure, sembra di appartenere ad un periodo che non ci appartiene più così tanto. Indiana Jones, Il Pianeta delle Scimmie, il Batman di Michael Keaton. In un tempo che ci incute paura, in un momento in cui il futuro ci appare così incerto e lontano, la risposta a tutti i nostri malanni continua ad essere il passato. E quindi Hollywood scava, e continua a scavare. Fino a riesumare antichi corpi ingessati di cui più non avevamo memoria. Twister appartiene ad un filone un po’ scomparso negli ultimi anni, ovvero quello dei disaster movie, i film catastrofici per i più nostalgici. Film (per lo più tipicamente americani) dalle molteplici chiavi di lettura: possono essere una sorta di fuga dalle nostre vite, laddove la catastrofe naturale di turno permette una sorta di decontaminazione da tutte le impurità oppure, l’inondazione o terremoto che sia diventa solo la rappresentazione scenografica di un problema ben più radicato.
Twisters: un more of the same di un cult dimenticato
Ma a quasi trent’anni di distanza, come confezioni il sequel di un film sui tornadi? La risposta è semplice: segui lo stesso schema del sequel anni ’90. Un film simile, se non identico al precedente, ma rilanciato più in grande. Twisters, il film diretto da Lee Isaac Chung (Minari) è un sequel standalone, che vorrebbe probabilmente presentarsi come un reboot in modo da rilanciare il titolo per le nuove generazioni che difficilmente ci avranno già interagito in passato.
Perché Twisters in fin dei conti è questo, una riproposizione della medesima storia ma nell’epoca contemporanea. Kate Cooper (Daisy Edgar-Jones) è un’ex cacciatrice di uragani ritiratasi dopo un terribile trauma, che spinta da un amico decide di tornare temporaneamente sul campo per testare un sistema di allerta metereologica. Ad affiancarla lo “scienziato cowboy” Tyler Owen, interpretato da Glen Powell.
Un blockbuster estivo senza infamia e senza lode
Se in Twister si cercava un modo per prevedere con anticipo i tornadi, qui si cerca un modo per fermarli. È l’unica differenza sostanziale con il primo capitolo. Perché anche qui abbiamo una protagonista ritirata ma che decide di tornare sul campo, una storia d’amore improbabile, una squadra fuori di testa estasiata dagli uragani, campi rurali e tanta spettacolarità.
In Twisters non sono presenti riflessioni, spunti creativi o denunce di vario genere (il regista ha volontariamente evitato ogni possibile riferimento al cambiamento climatico). Quello che ci viene proposto è un blockbuster vecchia maniera con i mezzi di oggi, due ore di adrenalina fine a sé stessa, con dei personaggi sì simpatici ma superficiali (Daisy Edgar-Jones e Glen Powell insieme sono credibili fino a un certo punto e quest’ultimo in particolare risulta un po’ uno stereotipo vivente) e tanto, forse troppo, spirito americano. È bello, però, assistere sporadicamente al ritorno di vecchi filoni caduti nel dimenticatoio.
Francesco Ria
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