Il romanzo La quarta compagna edito Fandango Libri 2024, e scritto da Orsola Severini, è la storia di Ada: anti-eroina simbolo della Resistenza ispirata alla storia di una donna realmente esistita: Isolina (Lina) Morandotti.
La quarta compagna, Orsola Severini e la Resistenza femminile
Orsola Severini scrive il romanzo storico La quarta compagna ispirandosi alla figura di Isolina (Lina) Morandotti e rendendo omaggio alla forza di quelle donne che, durante il regime fascista, hanno scelto di esser parte attiva e partecipe della Resistenza subendo angherie e rinunciando a una vita placida e tranquilla, per inseguire fieramente le proprie idee. Il romanzo di Orsola Severini è un’intersezione fra passato e presente; con estrema delicatezza e precisione, l’autrice riporta il lettore nel tempo che fu attraverso dettagliate descrizioni di momenti, luoghi e tempi senza mai tralasciare la parte psicologica ed emotiva dei personaggi.
La trama si apre nel 1978: Ada, la protagonista del libro, è una donna ormai ottantenne che vive con l’amica di sempre, Ivana. Spesso si guarda ma non si riconosce: nonostante il corpo minuto dovuto all’avanzare dell’età, l’essere canuta e quasi invalida non la distoglie dal percepirsi come la ragazza che era anni prima.
Temeraria, coraggiosa, incosciente: Ada non è una persona anziana come tante, ma una donna che ha vissuto, patito e rischiato per le sue idee. L’anima di Ada pullula ancora di fierezza e, anche a distanza di anni, non può non avere memoria di quella vita intensa, bruciante e appassionata che ha vissuto.
Classe operaia e impegno politico: le coraggiose donne italiane della Resistenza
A raccontare la storia è Adalgisa Castelli, vero nome di Ada. Durante i primi anni del Novecento, a Milano, Ada inizia a occuparsi di politica; frequenta i vertici del Partito Comunista Italiano, ne abbraccia gli ideali e fa propaganda degli opuscoli. Una vita scandita a inseguire i suoi ideali e a gestire la famiglia: Ada, tuttavia, fa parte della classe operaia in quanto figlia di un piccolo ristoratore socialista. La protagonista è una donna che, circondata da uomini borghesi e più istruiti, è conscia del divario che le si sta presentando su quella strada così tortuosa da intraprendere; molto spesso interpellano Ada proprio perché esponente e voce della classe operaia. Ma la certezza di queste differenze non fa demordere la protagonista, che non abbandona il suo ideale convinta che le ingiustizie possano essere combattute.
Inizia a collaborare, quindi, alla diffusione dell’Unità a Milano, giornale proibito ai tempi. La narrazione prosegue arrivando al 1927, anno in cui le forze armate fanno irruzione nell’abitazione di Ada con l’intento di perquisirla. Qui troveranno circa cinquanta copie del giornale comunista e sarà proprio questa scoperta a far sì che Ada venga imprigionata e condotta in un luogo senza nome:
Inizia così la parte più reale, storica e cruenta: Ada subirà torture indicibili, proprie del potere oppressivo, violento e disumano che è stato il regime fascista. In una piccola cella fatiscente all’interno del carcere di Bardonecchia, la protagonista resiste a pesanti interrogatori, mortificazioni, insulti, soprusi e violenze di ogni genere. Un baluginio di speranza inizia a rifulgere in Ada solo quando viene a sapere che sarà interrogata dallo stesso giudice istruttore del processo contro Gramsci.
La quarta compagna, dal carcere al manicomio: la rinuncia della libertà per amore di un’idea
Ada resiste in silenzio aggrappandosi a un solo pensiero: Tosca. Non tradisce il partito, non tradisce i compagni; ha già partecipato alle riunioni clandestine e ha conosciuto gli antifascisti di spicco: Terracini, Togliatti, Ravera. Non poteva tradire, era una di loro. L’autrice, nel libro La quarta compagna, a questo punto della narrazione esalta magistralmente la purezza degli ideali della protagonista: un virgulto che non cede nemmeno davanti a un giudice che la esorta a scrivere una lettera in cui afferma di non essere comunista, in cambio della libertà. Quella stessa libertà a cui Ada rinuncia, conscia e consapevole: il giudice le chiede di asserire di essersi fatta trascinare dalle cattive frequentazioni, ma la protagonista ancora una volta declina ogni possibile cedimento mantenendo la sua posizione. Tuttavia, l’unico modo per sfuggire al processo politico come nemica dello Stato è il manicomio.
Il passaggio dal carcere fino alla permanenza nel manicomio si intreccia con le vicende storiche di un Paese segnato dal nazifascismo. Ada stringe nuove amicizie all’interno della sua nuova realtà, ed è proprio qui che capisce che le sue compagne di sfortuna non sono per nulla matte ma solo cadute, probabilmente, nella trappola comune di quel tempo. Alla seconda visita psichiatrica ad Ada viene diagnosticata l’isteria:
Una nevrosi isterica che crea una sorta di ”deviazione” dalla natura femminile. Quante donne, negli anni, sono state etichettate come ”isteriche” proprio al fine di ostacolarle e controllarle?
L’isteria, la patologia usata per controllare le donne
Il termine “isteria” deriva dal greco hysteron, utero. Secondo Ippocrate il disturbo era causato dallo spostamento dell’utero all’interno del corpo femminile. L’isteria si consolida, nel tempo e nella scienza medica, come patologia appartenente prettamente all’universo femminile. Dal Medioevo fino al ‘600, poi, si associa alla stregoneria. Solo nell’800 si giunge a collocare una possibile diagnosi di isteria in ambito neurologico e non ginecologico.
Il neurologo Jean Martin Charcot è il primo a intuire come l’isteria potesse colpire anche gli uomini, scardinando la credenza che quest’ultima fosse una patologia esclusivamente femminile e sostenendo che non avesse nulla a che fare con l’utero. Gli studi saranno poi ripresi da Sigmund Freud che, insieme a Breuer, pubblicherà nel 1893 ”On the Psychical Mechanism of Hysterical Phenomena: A Preliminary Communication” e, successivamente, il volume ”Studi sull’Isteria”. Partendo dal famigerato caso di Anna O, Freud sosteneva che i sintomi dell’isteria avessero un preciso significato psicologico. L’esordio era da ricondurre a un episodio traumatico ma rimosso dallo stesso paziente; secondo Freud l’eziologia era prettamente di natura sessuale.
A tal proposito, secondo il padre della psicoanalisi, proprio la sessualità infantile è fra le maggiori cause delle nevrosi. La concezione secondo cui l’isteria fosse un disturbo esclusivamente femminile perdura fino agli anni ’50; solo negli anni ’80 tale diagnosi è eliminata dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Il disturbo è stato spesso usato per controllare le donne e delegittimarle, proprio come accade alla protagonista del romanzo.
Ardore politico, rinascita e forza femminile
Ada vive gli anni di permanenza all’interno del manicomio quasi come una vergogna. Tre anni duri che sono stati, però, una scappatoia per non affrontare il Tribunale Speciale. Una volta uscita da quella prigione prima lavora come cameriera, successivamente come operaia in una fabbrica dove accade l’impensabile: il 1° maggio 1943 ritrova il proprio ardore politico, un coraggio che sembrava sopito ma che ha sempre abitato nella sua anima. Il percorso di rinascita, dopo tante sofferenze, perdite e dolori sembra adesso più vivido che mai.
Nessuna venatura dolorosa della vita ha fatto sì che Ada rinunciasse ai suoi ideali ma, anzi, il dolore ha intensificato l’ardore; le ferite dell’esistenza sono ora benzina pronta a esser trasformata in una reazione concreta e visibile. L’autrice mostra ai lettori una donna che, nonostante le pieghe delle sue fragilità, si apre al mondo temeraria e orgogliosa, diventando simbolo di Resistenza e resilienza. Alla vicenda storica si intreccia quella umana, quella politica e quella sociale: una donna, una protagonista, una storia realmente vissuta che racconta il sacrificio di tante donne che hanno lottato anche per le donne di oggi.
Stella Grillo
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