L’economia italiana è la più creativa d’Europa. Ma il Paese è meno ricco di quello che potrebbe. Parola di Jyrki Katainen, vice presidente della Commissione UE che si occupa di crescita e occupazione. Sentiamo che dice. E se può essere di spunto per il nostro futuro governo.
Jyrki Katainen, vice presidente Commissione UE su crescita e occupazioneLe parole che arrivano sull’economia italiana da Bruxelles potrebbero servire da monito, o da guida, per chi salirà al governo nel 2018. E non tanto perché ci dicono che l’Italia è “l’economia più creativa d’Europa”. Ma perché se è vero che abbiamo la capacità di produrre un grande valore aggiunto, dobbiamo anche capire cosa ci impedisce di farlo davvero.
A parlare dell’economia italiana, oneri e onori, è Jyrki Katainen, vicepresidente della Commissione Ue responsabile di crescita e occupazione. In un’intervista all’Ansa, dice che “c’è qualcosa che tiene la crescita permanentemente più bassa della media Ue”. Vediamo cosa consiglia.
Economia italiana: come superare il gap?
Dunque, ascoltando bene cosa dice Jyrki Katainen dell’economia italiana, vediamo se riusciamo a trarne qualche spunto interessante. E utile per chi riuscirà, forse, a formare un governo in Italia al termine delle prossime elezioni. Secondo Katainen, il potenziale del nostro sistema economico resta inespresso, o meglio produce meno di quanto dovrebbe.
Quale ricetta propone il vice presidente della commissione Ue che riguarda crescita e sviluppo? Semplice ma forse efficace: colmare il gap attraverso le riforme e all’aiuto degli strumenti Ue. Per quanto riguarda le riforme, il Governo ne ha già fatte di “buone e cruciali”. Come la riforma di P.A., lavoro, banche, giustizia. Tutti colli di bottiglia che tengono imbrigliata la ripresa. Per Katainen il Governo “sa bene cosa deve essere fatto”, anche se è un processo lungo. Molte di quelle “sfide strutturali possono essere affrontate in 6-8 anni”.
Per quanto riguarda poi gli strumenti offerti dall’Unione Europea, il vice presidente Katainen punta soprattutto il piano per gli investimenti (EFSI). Uno strumento che l'”Italia è stata estremamente brava ad usare”. E che, nel futuro, può creare fino a 400mila posti di lavoro. Numero che deriva da un semplice calcolo: “Se si calcola che ogni Pmi assumerà una o due persone in più, si creeranno 205mila o 410mila posti di lavoro”.
Le parole di Katainen suonano anche come uno spot pro UE. O meglio, un’esortazione per i politici a far sapere ai cittadini cosa è l’Ue, cosa fa per loro e per cosa i Governi spingono a Bruxelles. Se non lo fanno, o se “accusano l’Europa di tutto come ha fatto il Regno Unito per vent’anni”, si finisce con la Brexit. Che, però, paradossalmente, ha frenato i populisti: “In molti Stati è stata una sveglia per chi era contro la Ue per motivi opportunistici. E in molti Paesi ho visto che i Governi hanno cambiato posizione”.
Strumenti Ue: davvero così utili per l’economia italiana?
Dunque secondo Jyrki Katainen l’economia italiana potrebbe superare il suo gap, rispetto alle altre economie, grazie alle riforme e agli strumenti messi a punto dall’Ue. In primis il piano degli investimenti. A questo punto, però, ci permettiamo di opporre qualche obiezione. Perché se è vero che l’Italia è “la seconda più grande beneficiaria di questo strumento” e che, avendo “già usato 6,5 miliardi che sbloccheranno 36,7 miliardi di investimenti aggiuntivi”, è ancora in una situazione di gap, forse nemmeno gli strumenti europei possono bastare.
Se è vero che già “205.931 Pmi stanno prendendo i fondi” e questi effetti sull’occupazione non sono ancora così positivi, forse non possono aiutare abbastanza. L’EFSI, ha spiegato ancora Katainen, “è stato anche usato per progetti di infrastrutture, come l’ospedale di Treviso, un investimento unico, combinato con l’investimento ad impatto sociale”. Bellissimo esempio: ma questi fondi potrebbero mai riuscire ad arrivare nelle città del centro e del sud Italia? E a realizzare progetti altrettanti innovativi? Anche qui, ci permettiamo di sollevare qualche dubbio. Perché nel nostro Paese ci sono altri problemi strutturali, come la corruzione, che sarà difficile risolvere con una riforma ad hoc. O con gli strumenti europei. Ovviamente vale la pena tentare, perché è vero che l’Italia potrebbe essere più ricca di com’è. E noi tutti ci meritiamo condizioni migliori di quelle attuali.
Federica Macchia