Incredibile ma vero, Freddie Mercury non amava la sua voce. Questa e altre rivelazioni “scottanti” provengono direttamente dalla bocca di Brian May, storico chitarrista dei Queen. In una recente intervista, Sir Brian ha infatti confessato che, agli esordi della band, lui e i suoi colleghi nutrissero dei dubbi riguardo al frontman. «Quando abbiamo lavorato con lui per la prima volta, è stato un po’ snervante», ha ammesso, «perché correva molto per il locale e urlava come un matto. Così abbiamo pensato: “Funzionerà?”».
«Non a tutti piaceva. Molte persone lo trovavano un po’ brusco, ma tutti pensavano che fosse interessante e divertente. In quel momento, però, non era il cantante che tutti abbiamo conosciuto come Freddie Mercury.». La futura icona rock, dunque, ha dovuto convincere molti scettici circa il suo valore. Anche la sua maniacalità nel lavoro, almeno in principio, è stata un problema, specialmebte durante le prime sessioni di registrazione: «Siamo entrati in studio. Appena Freddie ha sentito la sua voce registrata, ha detto: “Non mi piace. Lo rifarò”. E lo rifaceva, lo rifaceva e lo rifaceva, finché non riusciva a ottenere il risultato che voleva. Così è diventato, all’istante, molto consapevole di ciò che suonava, e incredibilmente rapido nel trasformarsi nel cantante che voleva essere.».
Brian May racconta Freddie Mercury
Un modus operandi che, nel corso degli anni, non è mai davvero cambiato: «Probabilmente è andata avanti per sempre. Ogni volta che dovevamo fare un nuovo album, Freddie si spingeva oltre. Sentiva le registrazioni e diceva: “No, voglio fare di meglio”. Più a lungo, più passione, più, qualunque cosa fosse. Era sempre alla ricerca di nuove strutture, e cercava di ottenere di più da se stesso.».
Quello dei Queen, in ogni caso, è sempre stato un lavoro di squadra. Mercury era arrivato dopo May e Tayor, e aveva bisogno di un aiuto pratico, che gli è sempre stato fornito dai colleghi: «Ogni volta che uno di noi era in studio, gli altri erano in sala di controllo. Quindi, molte volte, io ero seduto e Freddie stava facendo una voce, e diceva: “Com’è?”. E io: “Beh, questo pezzo ci piace, ma non ci piaceva…” Così lo abbiamo aiutato a costruire ciò che funziona. E lo stesso vale al contrario. Io facevo un assolo di chitarra e Freddie era lì a dire: “Va bene, ma…”. Ci spingevamo l’un l’altro per tutto il tempo.». Un team perfetto, quello formato da Brian May, Freddie Mercury, Roger Taylor e John Deacon, un’alchimia che, alla morte del cantante, non è stato più possibile replicare allo stesso modo.
Federica Checchia
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