Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Così tuonava il console Marco Tullio Cicerone davanti a dei senatori attoniti, nel 63 a.C. Nella celebre prima catilinaria non si era rivolto a loro, come prevedeva la struttura dell’orazione deliberativa, ma si era scagliato direttamente contro Lucio Sergio Catilina, accusandolo di aver ordito una congiura ai danni dello stato. Grazie a una soffiata dell’amante di uno dei congiurati, il console era venuto a conoscenza di tutti i particolari: delle riunioni segrete, dell’attentato programmato alla sua stessa vita, del piano di appiccare incendi per tutta Roma, di un esercito di coloni mobilitato in Etruria, pronto a colpire. La prima orazione fa uscire allo scoperto l’arrivismo del suo avversario, ma è con la seconda Catilinaria che Cicerone decreta l’inizio della guerra civile.

La seconda Catilinaria di Cicerone

Cicerone denuncia Catilina in senato, Cesare Maccari, Palazzo Madama, Roma

Il 9 Novembre del 63 a.C. Cicerone invita il popolo romano a riunirsi nel foro per ascoltare gli sviluppi della grave congiura ordita ai danni della res publica da Catilina. Il brillante avvocato fa notare con soddisfazione l’assenza dell’accusato, che dopo l’orazione del giorno precedente nel tempio di Giove Statore ha lasciato Roma per “un esilio volontario”. Catilina è dipinto come “una belva che si era sentita sfuggire dalle fauci la città che stava per dilaniare”. Ma Roma non è ancora al sicuro. Secondo il console, numerosi sono coloro che in quello stesso foro e nel Senato difendono l’azione di Catilina, magari senza dirlo a voce alta. Per questo non ha potuto condannarlo all’esecuzione capitale, nonostante il decreto del senatus consultum, che dava ai consoli in carica poteri di vita e di morte.

Catilina aveva radunato un cospicuo esercito di sostenitori in Etruria. Cicerone passa in rassegna i profili dei seguaci del congiurato, depravati quanto il loro capo. Secondo il console si tratterebbe soltanto di un’accozzaglia di vecchi disperati, giovani diseredati e corrotti dediti alle orge, cittadini indebitati con lo stato e contadini debosciati. L’orazione si conclude con la promessa di annientare definitivamente i ribelli. Dalla parte di Roma ci sono la virtù e gli dei immortali, e dalla parte di Catilina soltanto il vizio e la depravazione.

Catilina, un profilo in chiaroscuro

Catilina nacque a Roma il 108 a.C. La sua gens, i Sergi, apparteneva al patriziato romano da tempi antichissimi, ma era piuttosto decaduta. Nell’88 a.c. Catilina passa agli ordini di Lucio Cornelio Silla e lo segue in Asia nella prima guerra mitridatica. Quattro anni dopo, nell’84, Silla rientra a Roma per sterminare i populares nella guerra civile romana, e Catilina lo segue nell’opera di epurazione. Dopo la caduta del dittatore, segue il cursus honorum diventando prima questore, poi edile, poi pretore e infine governatore dell’Africa. Nella sua visione politica la Repubblica Romana viveva una scissione tra società e istituzioni. Era un organismo con un corpo fragile, il popolo, e una testa malferma, il Senato.

Aveva conosciuto Cicerone da giovanissimo, quando non ancora ventenne aveva militato nell’esercito di Strabone contro le popolazioni italiche in rivolta contro Roma. E lo stesso Cicerone aveva cercato il suo appoggio politico nel 65, in cerca dei voti dei populares. Da notare come Catilina avesse tentato strade più costituzionali per raggiungere il potere: si era infatti candidato come console per tre volte, dal 66 al 62. Si era guadagnato l’appoggio della plebe con elargizioni. I veterani di Silla caduti in disgrazia lo appoggiavano perché aveva promesso di ridistribuire bottini e terre demaniali. La sua popolarità alle stelle e i suoi influenti contatti (tra cui anche Crasso e Cesare, futuri triumviri) lo avevano messo nel mirino della classe senatoria, che temeva il ritorno di una dittatura come lo era stata quella di Silla.

Tortura dei nemici politici, cannibalismo, incesto, violenze ai danni di una Vestale vergine, corruzione e concussione, omosessualità sfrenata. Sono molte le accuse che vengono rivolte al cospiratore Catilina, a partire dai coevi Cicerone e Sallustio. La sua leggenda nera era alimentata in parte dalla sua effettiva spietatezza quando sostenne Silla nell’ascesa alla dittatura, e in parte era frutto di una campagna persecutoria e personalistica da parte dell‘oligarchia senatoria. Screditare il nemico interno da un punto di vista umano fa parte di una lunga tradizione che il Senato porterà avanti anche in età imperiale, contro quei princeps che accentreranno troppo il potere.

Lorenzo La Rovere

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