Le forze di pace dell’Unifil sono finite di nuovo sotto tiro nel Libano meridionale in tre distinti incidenti in giornata, con quattro caschi blu ghanesi rimasti feriti. Stavolta però a colpire non sono state le truppe di Israele bensì i razzi di Hezbollah. Otto ordigni da 107 millimetri hanno centrato il quartier generale del contingente italiano e del settore ovest di Unifil a Shama, cadendo su alcune aree all’aperto e sul magazzino ricambi della base, dove in quel momento fortunatamente non c’erano soldati. Cinque militari italiani sono stati portati in infermeria, ma le loro condizioni non destano preoccupazioni. Mentre i 4 peacekeeper del Ghana sono stati colpiti nella loro base Unp 5-42, a est del villaggio di Ramyah

La missione Onu in una nota ha dichiarato che i lanci sono probabilmente da attribuire ad “attori non statali”, cioè all’organizzazione filo-iraniana. Fonti della Difesa italiana hanno fatto sapere che i razzi caduti sulla base di Shama sono stati lanciati da Hezbollah, come hanno rilevato gli artificieri certificando la provenienza dei proiettili precedentemente attribuiti erroneamente a Israele. Informazioni che in un primo momento avevano indotto lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto a parlare di responsabilità israeliane. “E’ inammissibile che si spari contro il contingente Unifil. Non hanno alcun diritto di farlo, sono truppe che hanno garantito anche la sicurezza di Hezbollah. Se è stato un errore, imparino a utilizzare meglio le armi. Noi non siamo nemici di nessuno, siamo lì per portare la pace”, ha commentato dalla Farnesina il ministro degli Esteri Antonio Tajani, esprimendo solidarietà ai militari italiani che sono impegnati con Unifil.

Sempre nel Libano meridionale, l’esercito israeliano avrebbe ucciso il comandante dell’unità missilistica a medio raggio di Hezbollah, Ali Tawfiq Dweiq, in un raid sul villaggio di Juz, vicino a Nabatieh. Da quando aveva assunto quel ruolo a settembre, dopo l’uccisione del suo predecessore, Dweiq sarebbe stato responsabile di oltre 300 lanci di razzi.

Sul fronte diplomatico, l’inviato speciale degli Stati Uniti Amos Hochstein è arrivato a Beirut «perché abbiamo una reale opportunità di porre fine al conflitto». «Sono qui per facilitare questa decisione – ha detto – ma in ultima analisi è una decisione delle parti». Dopo un colloquio «molto costruttivo» con il presidente del Parlamento Nabih Berri, ha incontrato il primo ministro Najib Mikati, che gli ha espresso «la preoccupazione che gli sfollati ritornino rapidamente ai loro villaggi e città e che si fermi la distruzione», ribadendo che «la priorità è attuare chiare decisioni internazionali e rafforzare l’autorità dell’esercito nel sud del Libano». Dopo la tappa a Beirut, Hochstein dovrebbe arrivare oggi in Israele. Ma sulla missione mediorientale dell’inviato americano regna la massima incertezza. La partenza per Beirut, l’altra sera, era stata data per rinviata all’ultimo momento.