È ormai noto che dalla città di Bologna provengano talenti decisivi, e questo caso non fa eccezione. Raffaella Carrà, nata nel 1943, in oltre sessant’anni di carriera da showgirl, cantante, ballerina, attrice, si è distinta all’interno del mondo dello spettacolo, diventando icona di stile e celeberrima soprattutto in Italia, Spagna e in America Latina.
Uno stile “scandaloso”
La Carrà ha rivoluzionato il mondo televisivo dell’epoca, proponendo un’immagine fresca, rivoluzionaria e libera. Con i look audaci che lasciavano l’ombelico scoperto, le tutine attillate e dai colori sgargianti, attraverso brani come “Rumore”, “A far l’amore comincia tu”, rompe quel fastidioso silenzio e linearità dell’immagine della showgirl “tradizionale”, andando incontro a non poche critiche.
Nel 2020 il quotidiano inglese “The Guardian” definisce la Carrà “l’icona culturale che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso”, ma Raffaella ha fatto molto più di questo.
Viene spesso definita col termine “soubrette”, che per una personalità come la sua, non potrebbe essere più riduttivo. “Tanti auguri a chi tanti amanti ha”, così cantava nel 1976, celebrando l’amore libero, la libertà sessuale, l’indipendenza. Una donna che parla ad altre donne, non con la presunzione di avere la verità in mano, piuttosto come un’amica che ti parla senza troppi filtri, sostenendo che non ci sia del marcio negli stimoli, nel vestito che indossi, nel ballo.
Il testo racconta di una donna indipendente ed emancipata, anche, sessualmente, che non si vergogna delle sue voglie e delle sue scelte- “L’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu!”. La stessa canzone è anche un inno alla comunità gay, da sempre frequentata e sostenuta dalla Carrà, che in “Luca”, racconta del suo amore non corrisposto per un ragazzo omosessuale.
È difficile rendere giustizia a una figura del genere, talmente completa, complessa e variegata, ma oggi ricorre l’anniversario della morte di questa splendida donna e “mi è sembrato di sentire un rumore”, una eco fortissima e ridondante, tutta l’eredità che ci ha lasciato, di cui saremo sempre grati.
Joelle Cotza
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