
Questa settimana la nostra consueta rubrica dedicata ai libri, va alla scoperta di un continente immenso, sconfinato, per molti versi ancora sconosciuto: l’Africa. Non ci è dato sapere con esattezza da dove derivi il suo nome, secondo la nostra tradizione letteraria potrebbe significare terra degli Afri, nome che i latini avevano dato ad alcune popolazioni del nordafrica, ma a noi piace pensare che il suo nome possa derivare da quella parola greca il cui significato è “senza freddo”. Perché quando pensiamo all’Africa pensiamo al suo calore, ai suoi colori, immaginiamo quei tramonti che racchiudono in se qualcosa di sacro.
L’Africa è considerata non a caso la culla dell’umanità; nel cuore della sua terra sono stati ritrovati i più antichi reperti umani. Il deserto del Sahara, tanto amato anche da molti registi cinematografici, ha costituito un elemento importante nell’evoluzione storica del continente. La storia dei popoli del nordafrica invece, si intreccia con quella del Medio Oriente, ma soprattutto con quella dell’Europa, con la nostra. Ieri come oggi. Ma l’Africa che più vorremmo vedere, conoscere, visitare, è quella dei grandi romanzi spesso divenuti anche grandi film: l’Africa magica di Karen Blixen e Kuki Gallmann, quella avventurosa e seducente di Paul Bowes. E poi c’è quella dura, crudele, potente di Alice Walker e Taiye Selasi, in cui attraversiamo la storia e la cultura di un paese, immergendoci in vicissitudini familiari impregnate di dolore, riscatto, sentimento.
Karen Blixen : La mia Africa
La mia Africa è il libro della scrittrice Danese nata nel 1885 dalla nobile famiglia Dinesen. Nel 1914 sposa il barone Blixen con il quale si trasferisce in Africa, in kenya, in una fattoria alle pendici delle colline Ngong. E’ li che rimarrà fino al 1931, quando ridotta in rovina, sarà costretta a tornare in Europa. Il libro descrive la sua permanenza in quella che lei definisce la terra più vicina a Dio. Senza mai occuparsi delle questioni politiche che in quel periodo infiammavano il paese, Karen Blixen dando prova di quella scrittura magistrale che la contraddistingue, da dell’Africa, dei suoi paesaggi, e dei suoi abitanti un ritratto indimenticabile; forse il più bello mai scritto.
Il tema dominante infatti è quello dell’amore che la legherà per sempre a quella terra, a quei popoli, e a quelle persone con le quali verrà a contatto. I Kikuyu che nulla più può stupire, i Somali, fiero popolo del deserto, e i Masai condannati ad estinguersi, che dalle loro riserve osservano l’avanzare di una civiltà che odiano. I bianchi, scrive, cercano in tutti i modi di proteggersi dall’ignoto e dagli assalti del fato, l’indigeno considera il destino un amico, perché è da sempre nelle sue mani.

Kuki Gallmann : Sognavo L’Africa
Sognavo l’Africa appartiene alla categoria dei libri evocativi, veloci, pieni di vita nonostante la morte e il dolore. Anche questa è la storia vera, coraggiosa della scrittrice, che a 25 anni si trasferisce in Africa con il marito e un figlio. Vivono da qualche anno in una grande fattoria vicino Nairobi, quando la morte le strappa il compagno Paolo, e rimane da sola con il figlio ormai adolescente e una bambina in arrivo. Purtroppo la passione che il ragazzo nutre per i serpenti gli costerà la vita a causa di un morso di uno di quegli esemplari per lui tanto affascinanti.
Nonostante tutto il dolore vissuto in quella terra, il suo legame con essa è ormai cosi’ forte da non permetterle di abbandonarla. In memoria del marito cosi fonderà la Gallmann Memorial Foundation per la salvaguardia della natura. Kuki Gallman italiana naturalizzata keniota, nel 2017 è stata ferita da un colpo d’arma da fuoco all’interno della sua tenuta, cosa che stava per costarle la vita, e neanche in seguito a questo, ha abbandonato quella terra tanto amata che sognava da bambina.

Paul Bowles : Il tè nel deserto
Il tè nel deserto uscito per la prima volta nel 1949 è considerato uno dei migliori romanzi in lingua inglese di un periodo che va dal 1923 al 2005. La storia è quella di tre viaggiatori americani, come si definiscono loro, a dispetto di chi li vorrebbe solo turisti, che si addentrano nelle profondità del deserto del Sahara. Sono una coppia con un matrimonio in crisi, accompagnati da uno dei loro amici più cari. Attraverso le vicissitudini sentimentali ed umane dei protagonisti, lo scrittore descrive uno spaccato di cultura nordafricana, immerso in paesaggi dai colori unici.
I magrebini con le loro furbizie, le loro usanze, il loro religioso modo di intendere la vita saranno qui protagonisti nelle vite dei tre americani. Anche qui il tema del destino e del libero arbitrio gioca un ruolo importante nelle differenze che ci sono nel modo di concepire la vita fra noi occidentali e loro, fra cristiani e musulmani. Bowles scrive alla fine: Non sappiamo quando moriremo e quindi pensiamo alla vita come a un pozzo inesauribile. Eppure tutto accade solo un certo numero di volte. Quante volte ricorderemo un certo pomeriggio della nostra infanzia, un pomeriggio che è così profondamente parte di noi che non potremmo nemmeno concepire la nostra vita senza? Forse quattro o cinque volte, forse nemmeno. Quante volte guarderemo sorgere la luna piena? Forse venti. Eppure tutto sembra senza limiti”.

Alice Walker: Il colore viola
Arrivato in Italia nel 1984 due anni dopo la sua uscita negli Usa e un anno dopo aver vinto il Pulizer, Il colore viola è ancora un best seller mondiale. Un libro potente che sotto forma di romanzo epistolare, narra la storia di una donna afroamericana che vive nel sud degli Stati Uniti durante la prima metà del ventesimo secolo. Attraverso le lettere della sorella dalla quale sarà separata, e che scoprirà solo molto tardi esserle state nascoste dal marito, noi, insieme alla protagonista, assisteremo non solo alla crescita di quei figli che le furono strappati alla nascita, ma anche alla progressiva demolizione dell’ambiente e delle tradizioni tribali africane da parte della civiltà occidentale.
Il colore viola è un libro forte, indimenticabile, che parla di oppressione maschile, emancipazione femminile, e di pregiudizio razziale e di genere all’interno della stessa comunità nera. Ma è anche un romanzo che parla dell’amore, della vita, di tutti noi.

Taiye Selasi : La bellezza delle cose fragili
La bellezza delle cose fragili è il libro d’esordio della scrittrice Tayse Selasi nata a Londra da padre ghanese e madre nigeriana. Attraverso la storia di una famiglia divisa fra l’Inghilterra, il Ghana, e la Nigeria, famiglia che si ritroverà riunita in Africa per il funerale del capostipite, la Selasi mostrerà un’altra faccia dell’Africa e del mondo. Le vicende di cui narra infatti, si svolgono in un mondo ormai globalizzato, dove i cosiddetti afropolitan, i figli cioè dell’immigrazione degli anni sessanta e settanta, sono brillanti, privi di complessi d’inferiorità, lontani da ogni stereotipo etnico.
È la storia di una famiglia di neri belli, ricchi e talentuosi, una famiglia di medici, avvocati artisti, che seppur sbriciolata da eventi dolori e segreti inconfessabili, troverà il modo per riunirsi. La bellezza delle cose fragili è un libro che sembra contenere tutto il mondo, e che per la prima volta si allontana dalle storie di emarginazione, e rivoluziona l’intera storia del romanzo africano.

Cristina Di Maggio
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