Nello spazio di LetteralMente Donna una donna eccezionale che è stata una delle pioniere del ciclismo italiano e simbolo dell’emancipazione femminile. Il suo nome è Alfonsina Strada e questa è la sua storia
Alfonsina strada, una passione precoce
La storia d’amore tra la bicicletta e Alfonsina Morini Strada inizia nel 1901 quando il padre, un bracciante agricolo, acquista una vecchia bici da un medico. Questa bicicletta era quasi un rottame. Eppure fu così che la Strada imparò a pedalare e si appassionò al ciclismo tanto che prima dei 14 anni aveva già partecipato e vinto diverse gare di nascosto dai genitori ai quali diceva di andare alla Messa domenicale. A quell’epoca non era ben vista una donna che si dava la ciclismo perchè “la sella era nociva per la salute delle donne”. La Strada però non si scoraggiò e continuò a gareggiare tanto da guadagnarsi il titolo di miglior ciclista donna italiana e il record mondiale femminile di velocità conquistato a Moncalieri nel 1911 con la velocità di 37,192 chilometri orari.
La svolta definitiva arrivò però nel 1915 quando i suoi le imposero di andare via di casa qualora avesse continuato con il ciclismo per questo il 26 ottobre di quell’anno sposò il cesellatore Luigi Strada. Infatti quell’uomo, contrariamente alle usanze dell’epoca, le permise di continuare a coltivare la sua passione regalandole, come dono di nozze, una bicicletta nuova e facendole da allenatore una volta che si furono trasferiti a Milano. 2 anni dopo, in piena prima guerra mondiale, la Strada si presentò alla redazione della Gazzetta dello Sport per partecipare contro tutti i canoni del tempo ad una corsa prettamente maschile come il giro di Lombardia. Nessun regolamento vietava ad una donna di partecipare e per questo la Strada si ritrovò in gara con assi del ciclismo come Girardengo ma riuscì a completare la competizione nonostante la bizzarria che la sua decisione all’epoca aveva suscitato.
Quel giro d’Italia del 1924
“Sono una donna, è vero. E può darsi che non sia molto estetica e graziosa una donna che corre in bicicletta. Vede come sono ridotta? Non sono mai stata bella; ora sono… un mostro. Ma che dovevo fare? La puttana? Ho un marito al manicomio che devo aiutare; ho una bimba al collegio che mi costa 10 lire al giorno. Ad Aquila avevo raggranellato 500 lire che spedii subito e che mi servirono per mettere a posto tante cose. Ho le gambe buone, i pubblici di tutta Italia (specie le donne e le madri) mi trattano con entusiasmo. Non sono pentita. Ho avuto delle amarezze, qualcuno mi ha schernita; ma io sono soddisfatta e so di avere fatto bene.”
È una dichiarazione di Alfonsina Strada rilasciata al Guerin Sportivo sui motivi che la spinsero prendere la storia decisione, prima donna a farlo, di iscriversi al Giro d’Italia all’epoca totalmente maschile. Era il 1924 e Emilio Colombo e Armando Cougnet, direttore e amministratore della Gazzetta dello Sport, permisero alla Strada tra mille polemiche di partecipare. La grande ciclista si guadagnò la affetto e la stima del pubblico affrontando un percorso proibitivo segnato da forature, cadute, ritardi all’arrivo e sfinimenti che però non la fiaccarono affatto. Scrisse di lei Silvio Zambaldi sulla Gazzetta in tono provocatorio che:
“In sole due tappe la popolarità di questa donnina si è fatta più grande di quella di tutti i campioni assenti messi insieme. Lungo tutto il percorso della Genova-Firenze non si è sentito che chiedere: – C’è Alfonsina? Viene? Passa? Arriva? A mortificazione dei valorosi che si contendono la vittoria finale, è proprio così. È inutile, tira più un capello di donna che cento pedalate di Girardengo e di Brunero. […] D’altronde a quale scopo, per quale vanità sforzarsi d’arrivare un paio d’ore prima? Alfonsina non contende la palma a nessuno, vuole solo dimostrare che anche il sesso debole può compiere quello che compie il sesso forte. Che sia un’avanguardista del femminismo che dà prova della sua capacità di reclamare più forte il diritto al voto amministrativo e politico?”.
A causa di un estremo ritardo sulla tappa di L’Aquila- Perugia la Strada venne esclusa dalla gara ma Colombo, sulla scia della popolarità raggiunta da quella donna, le permise comunque di terminare il giro. La celebre ciclista non fu mai più ammessa a partecipare al Giro d’Italia ma la sua fama aveva ormai varcato i confini italiani tanto che nel 1938 conquistò il record dell’ora femminile non ufficiale con 35,28 km a Longchamp.
Stefano Delle Cave
Seguici su Google news