“Alien: Covenant” verrà trasmesso stasera alle 21:20 su Rai 2. Perché bisognerebbe recuperare l’imperfetto eppure affascinante seguito di “Prometheus”?
Nello spazio nessuno può sentirti urlare. Questa era la frase che lanciò uno dei titoli di punta della fantascienza cinematografica e uno dei primi successi del regista Ridley Scott: “Alien”.
Si è parlato molto del futuro della saga negli ultimi anni (compreso un quinto capitolo diretto da Neil Blomkamp ancora inedito) finché lo stesso Scott non riprese in mano il franchise con “Prometheus”.
Il film del 2012 narrava le origini dell’universo di “Alien”, svelando i retroscena che riguardano la colonizzazione dello spazio e le origini dei feroci xenomorfi.
“Prometheus” non è un film perfetto ma non si può negare che Scott abbia osato con un titolo fantascientifico che affronta tematiche universali e di stampo “biblico” per discutere sul senso della nostra esistenza.
“Alien: Covenant” ne è il seguito diretto.
Cambiano le ambientazioni e i personaggi ma i legami con l’universo inaugurato nel ’79 si fanno più numerosi e le riflessioni esistenziali e teologiche giungono al passo successivo.
“Covenant” è un film che ha gli stessi difetti del suo predecessore: una trama schematica, personaggi poco approfonditi e presentati solo come carne da macello e alcuni cliché che oggigiorno si potrebbero dosare con maggiore arguzia.
Tuttavia “Covenant” è quel genere di racconto Sci-Fi che, proprio come “Prometheus”, tenta di fare quello che, in fondo, è sempre stato lo scopo della fantascienza: utilizzare scenari o elementi ipoteticamente scientifici per parlare delle nostre paure e i nostri sogni.
Se “Prometheus” sfruttava l’esplorazione spaziale per mostrare la potenza della fede di una donna decisa a trovare le “divinità” che l’hanno creata, “Covenant” parla proprio di quella creazione.
Non è un caso che il personaggio centrale di entrambi i film sia l’androide David (un magnifico Michael Fassbender), essere artificiale costruito dagli umani ma che prova verso di loro un disprezzo tale da spingerlo a creare la forma di vita perfetta.
Le risposte a dilemmi così complessi non le troverete certo in “Covenant”, film che non sempre riesce a gestire la sua doppia natura di opera filosofica e prodotto indirizzato al grande pubblico.
Potrete comunque accontentarvi di un film visivamente splendido (Scott è una garanzia in questo) e un viaggio spaziale che bisogna godersi con un occhio attento e la mente aperta.
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