Allen Iverson, impossible is nothing

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Di Redazione Metropolitan

Al termine della stagione 99/2000, Shaq viene nominato MVP, quasi all’unanimità. Quasi, perché un solo voto andò a The Answer, Allen Iverson. L’anno dopo, lo stesso fuoriclasse di 183 cm portava i Philadelphia 76ers al primo posto della Eastern Conference e alle Finals. La partecipazione al titolo di Most Valuable non fu solo una comparsa. Un singolo voto si trasformò in 93. Oggi, parliamo di Allen Iverson, the shortest MVP ever.

Allen Iverson, i 76ers di Larry Brown

Dopo i 28 abbondanti di media della stagione precedente, Iverson cresce ancora sfondando quota 31. Il segreto del clamoroso impatto dell’uomo da Newport è il contesto in cui si trova. Una Philadelphia cresciuta anno dopo anno e guidata da un Larry Brown, Coach of The Year.
I 76ers partono alla grande con 10 vittorie nelle prime 10 e si impongono subito come leader dell’Est. In prossimità della pausa All Star Game, Allen e compagni sono 34-16. Larry Brown è sulla panchina del team dell’Est e si trova sotto nettamente contro il selvaggio West. E lì avviene l’intuizione che cambierà la storia di quell’evento e della stagione stessa. 4 esterni (Stephon Marbury, Allen Iverson, Vince Carter e Tracy McGrady) e Dikembe Mutombo in mezzo, rimonta e vittoria con AI MVP. Coach Brown rimase talmente folgorato da quella strategia e dal ruolo di Dikembe che, nonostante Phila stesse volando in quella stagione, imbastì una serie coinvolgendo Kukoc, Mohammed, Ratliff e Pepe Sanchez e portò il centrone degli Hawks in Pennsylvania.
Il resto? La storia dice Larry Brown COTY, Mutombo difensore dell’anno, Mckie 6th Man of The Year. Insomma, si sono viste stagioni peggiori…

Il rapporto con Larry Brown

“Mi ha mandato Dio ad allenarlo” . Così coach Brown iniziò il suo discorso durante la celebrazione per il ritiro della maglia di Iverson. Il loro fu un rapporto altalenante, che raggiunse dei picchi altissimi, ma che sprofondò anche spingendo AI all’addio da Phila.
Mi ha reso un allenatore migliore. Anche una persona migliore. Ero solito dirgli che le persone lo amavano come Magic Johnson, Larry Bird, Michael Jordan e Julius Erving. Nessuna competeva così duramente come faceva lui. Certo: mi ha causato diversi problemi. Lui non si approcciava alla pallacanestro come Kobe Bryant o Michael Jordan. E lo sapeva. Questa cosa mi ha frustrato perché non pensavo ci fosse nessuno più atletico e talentuoso di lui. E nella mia carriera ho allenato diversi grandi giocatori. Aveva un grande rispetto per compagni ed allenatori, ma c’erano cose che avrebbe potuto fare meglio”.
La stagione successiva a quella storica del 2000/2001, I Sixers erano intenzionati ad andare fino in fondo e giocarsela, consapevoli dall’anno prima che avevano i mezzi per farcela.
Alcune problematiche insorsero, tra cui, soprattutto, i dissidi tra Brown e Iverson, principalmente per le condotta della stella nei practice. Spesso, Allen si faceva sentire in conferenza stampa con dichiarazioni forti. Dopo l’eliminazione vs Boston ai playoff, Iverson tenne una conferenza che passò alla storia. Era un punto di svolta per il suo rapporto con il coach. Un coach che tanto gli ha dato, ma che altrettanto ha ricevuto.

Allen Iverson
Allen Iverson e coach Larry Brown
(photo credits: NbaPassion)

Allen Iverson, dai playground al titolo MVP

Cresciuto con la passione per il football, Allen muove i primi passi da cestista nei playoground di Hampton. Il suo talento è troppo palese per non farne tesoro. Dominando sia durante il periodo High School, sia a Notre Dame, nel college, si presenta in Nba come un ottimo prospetto, ma nessuno avrebbe mai immaginato dove potesse arrivare il suo talento.
La stagione del premio individuale per eccellenza è da incorniciare, non solo per i 31.1 di media e per le Finals raggiunte contro tutti i pronostici, ma perché la facilità con cui il play dei 76ers si comportava in un campo di giganti, era un esempio di tenacia e fantasia, che andava oltre il basket stesso.
Manifesto di un’annata storica, la gara 1 contro i Lakers imbattibili di Kobe e Shaq, l’unica vittoria di coach Brown e compagni, in quelle Finals. 48 punti, 8 assist e 5 steal in una delle partite più incredibili di sempre, vinta all’OT. Los Angeles vincerà 4-1 serie e anello, ma una cosa era certa: l’impossibile era diventato possibile, l’impensabile realizzabile, come quando una sentenza ti condanna a 15 anni di galera e 8 anni dopo sei il giocatore più forte dell’Nba.

Allen Iverson
Uno degli scatti più iconici della storia del gioco.
(Nss Magazine)