“Un viaggio attraverso gli occhi di Altair Ibn-La’Ahad”.

Il mio peregrinare, così raro e desiderato, in questi giorni mi ha portato lontano dalle solite mete, in una città che per millenni è stata teatro di guerre, contese, sacralità e di alcune delle più grandi storie mai raccontate: Gerusalemme.

Volendo scriverne qualcosa, ci sono migliaia di spunti da cui partire: la situazione delicata nella quale vivono le terre che la circondano, la storia sanguinosa ed affascinante che impregna le sue pietre bianche, il profumo di un mondo così distante dal nostro. Per non parlare dell’imponente spiritualità che si respira nell’aria, poiché è lì che le tre più grandi religioni del mondo coesistono e persistono da secoli in un equilibrio instabile, per preservare un luogo sacro a tutti loro.

jerusalem altair
(photo: Antea Ruggero)

Ma poi ci penso un attimo e mi dico, io non sono così seria.

La politica internazionale non è di certo il mio forte, la storia, per quanto mi intrighi, non è mai stata la mia materia preferita e (purtroppo) non scrivo per un blog di viaggi. Di spiritualità poi, non ne parliamo proprio, che nella chiesa dove ho fatto la Comunione mi considerano ancora la prole del Diavolo, per aver saltato gli anni.

Io scrivo di nerd, e se quindi vogliamo dirla tutta, c’è un’altra cosa che affiora ad una mente disturbata come la mia, quando si parla di Gerusalemme. Tra storie di crociati e templari, luoghi sacri e tensioni politiche, un nome affiora in tutto quel caos: Altair.

altair assassin's creed

Ebbene sì, datemi per matta, ma mi risulta praticamente impossibile scindere la Città Sacra dal primo, storico capitolo della saga di Assassin’s Creed.

In fondo è un po’ come andare a Firenze e non pensare ad Ezio Auditore che scala campanili senza apparente motivo.

Ma in questo caso la questione è leggermente diversa.

Partiamo dal presupposto che, nonostante gli alti e bassi della saga, nata come l’appassionante storia di Desmond Miles e di una setta millenaria di assassini (e poi miseramente perduta nel tempo), l’unica costante in Assassin’s Creed è sempre stata l’eccellente ricostruzione storica delle ambientazioni.

Tutti abbiamo patriotticamente amato Firenze, Roma e Venezia, ci siamo incuriositi per l’America coloniale, entusiasmati nel Mar dei Caraibi, siamo stati sopraffatti dalla Londra vittoriana, dalla Parigi rivoluzionaria e così via.

Ma il primo amore non si scorda mai, e questo amore porta il nome di Altair Ibn-La’Ahad.

Da Masyaf a Damasco, passando per Acri fino a Gerusalemme, Altair ci portò alla scoperta di una terra lontana, in un modo sorprendente, accurato, mai visto prima, e per questo la prima avventura sotto il cappuccio bianco è quella che si ricorda con più affetto. Prima che tutto sfuggisse dalle mani di mamma Ubisoft.

Con i capitoli successivi, abbiamo visitato posti molto vicini a noi, e per quanto le avventure degli assassini fossero distanti nel tempo, le città toccate, mantengono ancora oggi una forte impronta della loro precedente conformazione.

I canali di Venezia e i suoi sfavillanti palazzi non sono cambiati poi di molto, per quanto Londra sia moderna, la Victorian Age aleggia ancora sommessamente tra le strade e i monumenti, e guai a far dimenticare a Parigi il proprio momento rivoluzionario.

Con Gerusalemme invece, è tutto diverso.

Se nei panni di Ezio ti divertivi a gettarti nel vuoto dal Pantheon, passeggiando per il centro di Roma trovi ancora lì il mastodontico edificio, inamovibile attraverso i millenni.  

Passeggiando per Gerusalemme invece, molto poco di ciò su cui saltellava Altair è rimasto ancora lì. Secoli e secoli di guerre, distruzioni, dominazioni diverse e contese ancora oggi irrisolte, hanno trasformato la città innumerevoli volte, e di quello che Altair vedeva nel 1200 è rimasto ben poco.

Persino le mura sono diverse.

E allora ti aspetti di arrivare al cospetto di una città completamente nuova, della quale non hai la ben che minima cognizione, e che, contrariamente alle altre, non riuscirai a rivedere attraverso gli occhi dell’assassino che per tante ore hai guidato.

jerusalem altair
(photo: Antea Ruggero)

All’inizio è così.

Disorientata, cammini attraverso un mondo completamente diverso da quello a cui sei abituata.

Vicoli, monumenti, case, nulla di tutto ciò che ti circonda sembra corrispondere al luogo che è impresso nella tua testa.

jerusalem altair
(photo: Antea Ruggero)

Eppure, in lontananza, sin da subito senti questo strano senso di nostalgia, un’assurda rimembranza di un luogo che in realtà non hai mai visto e che non riconosci.

Ti addentri ancora di più nelle strade della città, nella speranza di trovare qualcosa a cui aggrapparti, che possa giustificare questo bizzarro déjà vu che non riesce a sovrapporsi alla realtà. Ma per quanto provi a studiare le bianche pietre delle quali è ricoperta la città, ancora non riesci a dare un senso a tutto.

jerusalem altair
(photo: Antea Ruggero)

Allora ti ritrovi a chiederti, come può questo grande bazaar a cielo aperto avere a che fare con quella città nella tua mente?

Tra i mille, sgargianti negozietti e il pungente profumo di spezie dov’è la città che speravo di vedere?

Ma alla fine sali sui tetti, e il senso lo ritrovi in un respiro.

jerusalem altair
(photo: Antea Ruggero)

Le cupole delle moschee e i loro minareti, i tetti tondeggianti, i campanili delle chiese e quelle candide pietre, abbaglianti anche nel cuore della notte, ti catapultano improvvisamente in quella città familiare che ti aspettavi di trovare e che ancora non eri riuscita a vedere.

Non sono gli stessi tetti, non sono le stesse cupole o gli stessi monumenti, ma l’effetto rimane.

jerusalem altair
(photo: Antea Ruggero)

E da quel momento, ad ogni passo, in ogni vicolo, in ogni gradino ed in ogni arco, piano piano riscopri un po’ di Gerusalemme, un po’ di quel luogo leggendario ed esotico, che per qualche strano motivo hai sempre sentito vicino. Quelle pietre che hai esplorato centinaia e centinaia di volte attraverso romanzi, storie, film, e che una volta hai addirittura vissuto, attraverso l’occhio vigile di un assassino vissuto quasi 1000 anni fa.

E allora diventa quasi naturale vedere Altair che si arrampica su di un minareto, e dopo aver osservato dall’alto quella città unica, nella speranza di carpire anche solo una delle sue mille storie, con uno spettacolare Salto Della Fede, si tuffa senza paura nella particolare luce bianca che si può trovare solo lì, e scompare agli occhi di tutti.

jerusalem altair
(photo: Antea Ruggero)

Concludendo, questo mio divagare non voleva essere altro che una riflessione personale su quanto un videogioco possa distaccarsi dal suo semplice ruolo di mezzo d’intrattenimento e permeare all’interno del giocatore fino a creare una magia.

Potrà sembrare banale, ma se arrivi in una città distante come Gerusalemme, diversa, spiazzante e sconosciuta, e nonostante tutto, nel vedere i suoi tetti, ti ritrovi a provare un distante eco di nostalgia e appartenenza, l’unica parola che mi viene in mente per descrivere questo fenomeno stupefacente è “magia”.

 

 

Antea Ruggero

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