Amen Corner: le buche storiche del Masters

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Di Redazione Metropolitan

Una fetta di paradiso in terra che può diventare un piccolo inferno, a seconda della predestinazione che si possiede. Il secondo colpo alla 11, tutta la buca 12 ed i primi due della 13 all’Augusta National sono delle occasioni subdole, a formare l’angolo delle preghiere: l’Amen Corner.

L’origine del nome “Amen Corner”

Augusta 1958: Arnold Palmer vince il primo dei suoi quattro Masters ma la modalità è tutt’altro che chiara. Alla buca 12 la palla di Palmer è affossata davanti al green ed è impossibile giocarla, anche per delle mani più che fini. Quando Palmer esce in doppio bogey da una buca, però, vuol dire che qualcosa è da rivedere. Arnold quindi dopo aver imbucato gioca un’altra pallina, si assegna un droppaggio senza penalità e chiude la buca con un punteggio consono al personaggio: par. Due score diversi alla stessa buca ma quello valido resta, per ora, il doppio bogey.
Alla 13 torna l’aquila: eagle e pressione sull’avversario Kevin Venturi che fa bogey alla 14. Alla 15 un messaggero speciale, Bobby Jones informa che alla 13 è valido il par.
Venturi si scioglie. Infila un bogey alle 16 e chiude dietro Palmer di due colpi, proprio la differenza tra un par ed un doppio bogey.

L’ispirazione per il termine “Amen Corner”

Questa impresa forma il reggimento di Palmer: “Arnie’s Army” è il nome dei tifosi al suo seguito, ma quelle tre buche ormai nella storia del golf necessitano anche loro di un nome. L’appellativo corretto lo trova Herbert Warren Wind, tra i più grandi scrittori sportivi americani, definendo le tre buche “Amen Corner”, nomignolo tutt’ora in uso.
Luogo di preghiere urlate al cielo e frasi ingloriose (di Venturi si presume) per un momento topico del golf, battezzato grazie ad un’influenza particolare. Difatti nel 1984 Herbert Warren Wind svela di aver preso in prestito il titolo di una canzone Jazz.

Herbert Warren Wind nel suo studio. Photo Credits: Masters Tournament

Tante bibbie stampate in una località a Sud di New York in cui i pastori tengono più sermoni del solito, le strade sono piene di fede e del suo motto più abusato: “Amen”, e la canzone viene da sé. Il pezzo “Shouting in that Amen Corner” è famoso grazie alla voce di Mildred Bailey, voce Jazz degli anni ’30 non ancora dimenticata. Una nativa-americana eppure musa dell’angolo nel tempo del golf. Sport che allora andava oltre l’esclusivo, ancora fermo all’escludente.
Il soprannome di Mildred Bailey? “Mrs Swing”. Dal diaframma all’udito per mezzo dell’aria, la stessa in cui vola anche la più bianca delle palline.

Mildred Bailey. Photo Credits: nts.live

Il modo di dire “Amen Corner” oggi sta anche ad indicare chi dice sempre di “Sì”. Una risposta che si dà spesso, per alcuni anche falsamente ma che infonde sempre speranza. Quella che noi abbiamo verso Chicco Molinari dopo un anno particolare, talmente tanta da ricordargli che il nostro sentimento ha anche un colore: “Verde”. La Green Jacket prima o poi arriverà.

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