Non c’è pace per l’ex fabbrica di amianto nel cuore di Broni, in provincia di Pavia. Sono stati sequestrati ieri mattina 140mila metri quadri dell’area ex Fibronit a Broni e perquisizioni in corso presso la stazione appaltante della bonifica e due aziende coinvolte nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori del secondo lotto. Le ipotesi di reato sono frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, inquinamento ambientale, omessa bonifica, attività di gestione rifiuti non autorizzata, violazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto e responsabilità amministrativa. Inviati in mattinata diversi avvisi di garanzia ad amministratore e direttori tecnici.
Le indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Pavia riguardano infatti i lavori del secondo lotto della bonifica dell’area. “I lavori – spiega la Procura – consistevano nel completamento dello smaltimento dei manufatti-tubazioni collocati sui piazzali esterni dello stabilimento, della bonifica dell’interno dei capannoni contaminati da amianto e della rimozione e smaltimento di tutte le lastre di copertura e tamponamento degli edifici dell’area”.
Proprio la fase dei lavori più complessa e delicata, terminata la quale a Broni era stata letteralmente festeggiata come la fine di un incubo. Ma la Finanza stava indagando dal 2019, monitorando le attività e portando alla luce sospetti su quello che viene definito (pur se ancora in ipotesi) “un articolato sistema di frode in pubbliche forniture e prestazioni di servizi”, a vantaggio delle società che si erano aggiudicate la progettazione ed esecuzione dei lavori.
“Dalle indagini è altresì emerso – afferma la Procura – che alcuni degli indagati, fra cui i direttori di cantiere, dei lavori e della sicurezza, in base ai ruoli rivestiti che prevedono, tra l’altro, di impartire delle direttive agli operatori di cantiere nonché di vigilare sulle operazioni eseguite, anche omettendone l’attività di controllo in loco, avrebbero consentito che l’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto nell’area del sito monitorata dagli investigatori, non venisse ridotta al minimo con pregiudizio per gli operatori stessi e per la contaminazione dell’ambiente esterno”. Sono 8 gli indagati, in stato di libertà.