Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Faremo un viaggio negli Stati Uniti tra gli anni 60 e gli anni 2000. Parleremo di femminismo radicale, di violenza e di pornografia. Abbiamo dedicato la puntata di oggi ad Andrea Dworkin e alle sue opere

“Non siamo femministe perché odiamo gli uomini; siamo femministe perché crediamo nella loro umanità, nonostante tutte le prove contrarie”

Sono parole di Andrea Dworkin che immediatamente ci introducono nel suo credo teorico e politico. Stiamo parlando di quella seconda ondata di femminismo radicale di cui la Dworkin divenne una grande attivista. Stiamo parlando di una donna che è stata più volte vittima di stupro in diverse circostanze e non per questo ha odiato gli uomini ma si è altresì battuta contro ogni forma di violenza a cominciare dalla guerra in Vietnam. Proprio a causa del suo essere attivista contro la guerra subì una perquisizione della polizia, durante la quale, la Dworkin raccontò di aver subito una grave forma violenza sessuale. Un fatto che la provà e che successivamente si aggiunge ai gravi abusi e violenze fisiche subite dal marito.

Andrea Dworkin, la lotta contro la violenza, la prostituzione e la pornografia

Andrea Dworkin, fonte bostonreview.net

Analizzando gli scrittti politici di Andrea Dworkin come i più famosi “Pornography. Men Possessing Women”, “Intercourse” e “Life and death. Unapologetic writings on the continuing war against women” si evince subito uno smarcamento dal femminismo sessuale positivo. Nonostante però avesse subito nella sua vita diverse violenze, la prima quando aveva solo 9 anni, non si è mai sentita una vittima quanto piuttosto una resistente ai valori imposti alla donna dalla società patriarcale. Per questo la Dworkin si era sempre battuta contro la prostituzione, la pornografia e l’erotismo che considerava pari allo stupro e contro una rappresentazione degradata della sessualità femminile.

A causa di questo da un lato è vista come una delle attiviste più importanti e illuminanti del femminismo americano, dall’altro ha subito grosse critiche e censure. La Dworkin è stati infatti accusata dai suoi detrattori di non rispettare il principio di autodeterminazione della donna, inclusa la possibilità di vendere il suo corpo e di esporlo, e di essere bigotta e antisesso.

Stefano Delle Cave

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