Il Volley di Metropolitan continua, nonostante lo stop al campionato, a far sentire comunque la voce dei suoi protagonisti. Incontriamo questa volta uno dei monumenti del volley nazionale, componente della “generazione di fenomeni”, uno che in carriera ha vinto davvero moltissimo, tanto da meritarsi l’entrata nella “Hall of Fame” dei grandi di questo sport, il giocatore universale Andrea “Giangio” Giani.
Andrea Giani, generazione di fenomeni
Iniziamo parlando con Andrea Giani dell’attualità, di queste giornate forzatamente chiusi in casa e di come si vive questa fase così delicata della Nazione.
La situazione non è facile, c’è una bella emergenza, si sta tutti a casa. Qui in Emilia c’è preoccupazione e dobbiamo quanto mai rispettare tutte le precauzioni che ci vengono date, vediamo cosa succederà nelle prossime settimane.
Il campionato
Spostiamoci sulla pallavolo, anche per restare positivi e alleggerire il clima di questa giornate. Fino a prima dello stop stavate viaggiando molto bene, fatta eccezione per la parentesi di qualche risultato negativo di dicembre.
Sì, hai ragione, in effetti abbiamo avuto queste due settimane di dicembre nella quale ci siamo un po’ incartati da soli. Si potrebbe pensare che abbiamo avuto infortuni o ci siamo allenati particolarmente male, niente di tutto ciò. Dopo aver vinto a Monza, abbiamo mollato un po’ la presa e questo è un campionato talmente difficile che non ti permette di farlo mai. Questo ci ha portato a perdere tre partite su quattro.
Poi però vi siete ripresi molto bene, sono arrivate tre vittorie pesanti contro Milano, Lube e Trento ed un cammino seguente decisamente positivo.
Sì, dopo le qualificazioni europee che ha visto impegnati diversi nostri giocatori, abbiamo ripreso bene. Abbiamo avuto un ruolino di marcia positivo, con dieci vittorie consecutive, giocando sempre bene, migliorando costantemente il nostro livello, fino ad arrivare alla semifinale di Coppa Italia dove abbiamo giocato male: questa è una pecca. Sia chiaro, perdere con squadre come Civitanova e Perugia ci sta, sono squadre molto ben attrezzate; è anche vero però che le sconfitte ti danno un po’ anche la dimensione individuale, nel senso che se giochi bene e hai un feedback positivo, devi essere consapevole che quando arrivi a questi appuntamenti te la devi poter giocare e noi, invece, siamo arrivati alla semifinale prendendo 3-0 e giocando male.
Ora siete secondi: comunque è stato fatto un bel lavoro.
Sì siamo secondi. Se il campionato dovesse ripartire e dovessimo avere la possibilità di arrivare secondi in regular season, sicuramente vorrà dire che avremo fatto bene. Onestamente, però, abbiamo le qualità per poter fare meglio.
Giangio e il percorso da allenatore
Dalle tue parole e parlando con qualche tuo giocatore, si capisce che tu pretendi sempre il massimo, in fin dei conti anche il tuo curriculum parla da solo, sia da atleta, sia ora da allenatore. L’essere passato negli anni dalle panchine della nazionale Slovena, Milano, nazionale tedesca e Modena, è sempre la ricerca di passare ad uno step successivo?
Diciamo che un allenatore deve fare tanta esperienza, il fatto di aver potuto allenare all’estero, ti permette di acquisire delle esperienze e delle culture che ti aiutano molto ad allenare. Chiaro che poi ognuno di noi deve trovare quelle risorse che ti spingono a trovare e dare il cento per cento.
Io sono contento di quello che sto facendo: sono arrivato a Modena partendo da Modena! Ho iniziato ad allenare qui, poi sono stato esonerato e ci sono ritornato dopo aver fatto un bel po’ di gavetta. Sono contento perché ho in mano una squadra altamente competitiva.
Pretendere il massimo
Pur facendo parte della ”generazione di fenomeni” che ha vissuto una pallavolo totalmente diversa, ti sei continuamente aggiornato, hai studiato e ti sei calato in modo splendido nella pallavolo moderna. Pretendi sempre il massimo, giustamente, in ogni allenamento e trasmetti in ogni partita ai tuoi uomini una carica impressionante.
Bah, sono dell’idea che allenare è molto diverso rispetto a giocare, la forma di crescita non è tecnica: un giocatore cresce tecnicamente, un allenatore invece deve trovare soluzioni diverse e lo fa studiando, perché proprio le tempistiche sono diverse. Un giocatore pensa alla pallavolo forse quattro ore al giorno, un allenatore ci pensa dalla mattina alla sera. Realmente è così, bisogna riflettere, pensare, studiare, aggiornarsi, un consumo di molte energie, perché non è solo la capacità di quello che sai, perché devi studiare e pensare, però mi piace molto per cui sono felice di quello che faccio.
I suoi dubbi sulla ripresa
Che ne pensi di questo campionato? Secondo te riparte, si ferma qui o è un terno al lotto?
È molto difficile, perché noi dipendiamo molto dalla Federazione Internazionale. Se possiamo allungarlo e giocare anche a giugno, potrebbe essere fattibile, altrimenti la vedo dura. Le coppe sono sospese, ma tornando al campionato a noi piacerebbe giocare, ma il nostro sport ha un problema, che è quello legato ai giocatori delle nazionali le cui licenze scadono il 15 di maggio.
Ti riferisci a qualche deroga?
Se le federazioni ti danno la possibilità di avere una deroga si potrebbe fare, ma la vedo difficile.
Anche perché poi ci saranno le Olimpiadi.
Ma, qui non so risponderti, anche perché si dovrebbe giocare ad agosto e secondo me non ce la fanno.
Dobbiamo dire che parlare con Giangio ogni volta è un vero piacere. Ad ogni parola che dice si ha la percezione esatta di cosa sia la pallavolo vissuta intensamente, al di là della categoria. La sua forza è nell’avere passione, voglia di studiare, di aggiornarsi, di migliorare sempre, di mettersi in gioco continuamente, anche quando è nella Halle of Fame e ha già vinto tutto.
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