I governatori di centrodestra attaccano il Governo e rivendicano la propria autonomia decisionale, applicando provvedimenti meno stringenti di quelli disposti dal nuovo Dpcm.
Lo scontro diviene politico
La tensione tra Regioni e Governo è più accesa che mai. Durante la videoconferenza di ieri, il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia ha severamente ammonito i governatori affinché le ordinanze regionali fossero coerenti con il Dpcm. “Se ci sono ordinanze non coerenti invio una diffida, una lettera con la scheda indicando le parti incoerenti e la richiesta di rimuoverle (solo in caso di allentamento delle misure). Se non avviene sarò costretto a ricorrere all’impugnativa al Tar o alla Consulta” ha dichiarato, ipotizzando così il ricorso alla Corte Costituzionale. Le Regioni, d’altra parte, rimangono ferme sulle proprie decisioni.
Ammutinamento e pressioni sociali
Da oggi infatti la Calabria darà il via libera alla riapertura di bar, ristoranti, pasticcerie e agriturismi “con somministrazione esclusiva attraverso i tavoli all’aperto”, ordinanza in netto contrasto con il Dpcm in vigore fino al 3 maggio. Intanto il governatore Bardi ha predisposto tamponi obbligatori per chiunque entri in Basilicata. Dietro a questi gesti di ribellione contro provvedimenti ritenuti troppo restrittivi, ci sarebbe la considerevole pressione che commercianti, ristoratori, albergatori e parrucchieri esercitano sui governatori stessi per poter riaprire le rispettive attività. Ancora aperta resta poi la questione dei trasporti pubblici, per cui oggi si terrà un incontro con la ministra dei Trasporti Paola De Micheli.
La sconfitta del compromesso
Eppure Boccia aveva cercato di venire incontro alle richieste delle Regioni, promettendo un’interpretazione meno severa delle prescrizioni del decreto con le prossime faq e l’allentamento, a partire dal 18 maggio, dei divieti su base territoriale. “Diamoci un metodo, rendiamo costante il confronto tra gli uffici per coordinarci meglio“, così il ministro aveva esortato alla cooperazione i governatori, invito che oggi è stato definitivamente rifiutato. E in mezzo a questo gran caos, con la Lega che da ieri sera occupa le aule di Camera e Senato e il rifiuto da parte delle Regioni di rispettare le decisioni dell’esecutivo, Conte non può che condannare come “illegittime” e “improvvide” le iniziative degli enti locali. “Non possiamo permettere che gli sforzi compiuti risultino vani per imprudenze in questa fase così delicata. Qualsiasi atteggiamento ondivago – ha aggiunto il Presidente del Consiglio-, come passare dalla politica del chiudiamo tutto al riapriamo tutto, rischierebbe di compromettere in maniera irreversibile questi sforzi“.
I criteri per le nuove zone rosse
Nonostante la diatriba tra Regioni e Governo, è stata ultimata la circolare della Salute che fissa i criteri per le nuove zone rosse. L’articolo 2 del nuovo Dpcm stabilisce che le Regioni avranno il compito di monitorare i dati e proporre “le misure restrittive necessarie e urgenti” per le attività produttive al ministro della Salute. In particolare, dovranno essere tenuti sotto rigido controllo tre indicatori: il primo quantifica la velocità del virus e la disponibilità di posti letto in terapia intensiva e altri ricoveri, mentre gli altri due si riferiscono all’andamento dei casi e alla capacità di effettuare tamponi e tracciare i positivi.
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