Nel nuovo appuntamento con la nostra rubrica Passi di danza, scopriamo insieme uno dei passi più belli del balletto: l’arabesque. Molto scenografico, è una figura che ha subito una forte evoluzione dall’Ottocento in poi. Ma vediamo come nasce e come è oggi.

La tipica torsione della figura, con una gamba “en l’air”, e le braccia distese in direzioni opposte, è tutt’ora un grande simbolo. Di per sè, l’etimologia della parola può essere confusa con il termine arabesco. Non si tratta infatti dello stile ornamentale tipicamente arabo, sebbene nell’Ottocento venisse (e viene fatta ancora oggi) questa associazione. Probabilmente, proprio perché la posa somiglia a un bellissimo ornamento, si è associata al motivo ornamentale. In ogni caso, verso la fine del XVIII secolo, fa capolino questa figura. Nella seconda metà del Settecento però, era uno stile di danza. Infatti, assumeva il significato di “grottesco”, lo stile decorativo creato da Raffaello, che si era ispirato agli affreschi delle ville romane dissotterrate alla fine del XV secolo, ritrovati anche negli scavi di Pompei ed Ercolano. In Francia, le “grottesche” diventano “arabesque”: una vera e propria moda.

La scuola Arabesque e l’evoluzione della figura

Essendo la danza (e il balletto) una parte fondamentale della cultura francese dell’epoca, è stata investita da questa nuova corrente. Si trattava infatti di una contrapposizione del famosissimo “bello ideale”, creato dall’Académie Royale di Luigi XIV, che invece presupponeva uno stile lineare e dritto. L’arabesque invece, per sua natura, era contorto e libero, rendendo la figura indeterminata. Il termine compare già con Carlo Blasis, nel suo Traité élémentaire théorique et pratique de l’Art de la danse del 1820, che per primo ne analizzerà la figura estetica ma soprattutto strutturale. Paragonandolo dunque, al motivo raffaellesco, affermando che: ‘’i bassorilievi antichi, alcuni frammenti di pitture greche, come quelle a fresco delle Logge del Vaticano dai bei disegni di Raffaello, ce ne hanno fornito l’idea”.

Dunque, sono quattro i punti individuati nel trattato: intanto l’irradiamento, la distribuzione delle diverse parti del corpo in direzioni diverse e opposte, e la degradazione, cioè l’alleggerimento, progressivo, delle parti dal centro del corpo alla periferia. Ancora, la leggerezza aerea dei modelli antichi, e il dinamismo, inteso come carica espressiva e gioia. Col tempo, e con l’avvento del metodo Vaganova, sono nate quattro varianti della posa: primo, secondo, terzo e quarto arabesque. Quello più famoso è il quarto, con la famosa torsione. Il metodo Cecchetti invece, ne individua tre, dove la terza riprende la figura Ottocentesca. A prescindere dal metodo, è sempre affascinante vedere un ballerino eseguire questa posa spettacolare.

Marianna Soru

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Metropolitan Magazine n.2 – Maggio 2021