Al gran pueblo argentino, ¡salud!. Così recita un verso dell’inno argentino e mai parole appaiono più sentite all’indomani di un’impresa storica. L’Argentina si è laureata campione del mondo trionfando in finale contro la Francia in una partita che definire epica non riassume nemmeno bene il concetto. Adesso dunque l‘Albiceleste può finalmente tornare a festeggiare un titolo che mancava da 36 anni, più volte cercato con forza. Perché essere continuamente data per favorita e non riuscire mai a compiere la propria missione genera un senso di impotenza dal quale difficilmente ci si rialza. Gli uomini di Scaloni invece lo hanno fatto e hanno un po’ ricostruito la solita trama dei film disney, quella del “se lotti per il tuo sogno alla fine si realizza“. Esulta un popolo, esulta la Nazione e si chiude un’epoca nel migliore dei modi possibili.
Argentina, missione finalmente compiuta. Campioni del mondo
36 anni, due secondi posti e per ben sei volte l’Albiceleste si è posizionata ben lontano dalla finale. Quando però finalmente si raggiunge il successo, tutto questo pesa meno e diventano più leggere anche le responsabilità di cui ci si fa carico sulle spalle. Un fardello da cui gli uomini di Scaloni si sono scossi tornando in cima al mondo. Eppure il mondiale dell’Argentina è stato tutto fuorché scontato, a partire da quella sconfitta in apertura con l’Arabia Saudita. Forse non hanno avuto torto a dichiarare un giorno di festa nazionale nel regno.
Anche perché questa volta la squadra sudamericana era sì la favorita, ma sul piano del gioco non aveva mai convinto. Lo ha fatto certo nel momento giusto, in finale contro la Francia, mostrando però quel costante calo di attenzione che ha rischiato di pagare a carissimo prezzo. Come nelle favole, il lieto fine però non poteva più aspettare e in definitiva quando si vince, si giochi male o si giochi bene poco conta: contano i risultati.
Il percorso dell’Albiceleste ai mondiali
Come detto si è trattato di un percorso tutt’altro che scontato messo subito in dubbio da una delle prime sorprese, ovvero l’Arabia Saudita. L’unica squadra che potrà vantarsi di aver battuto i campioni del mondo. Poi i due successi per 2-0 contro Messico e Polonia, hanno regalato all’Argentina la vetta del girone. Così agli ottavi ha incontrato l’Australia, anch’essa però superata a fatica per 2-1 e con più di qualche brivido nel finale.
Il match contro l’Olanda è stato quasi speculare alla finale di ieri, almeno negli esiti, con la squadra di Scaloni che dopo aver dominato si era fatta raggiungere negli ultimi istanti della partita. Ai calci di rigore però, Emiliano Martinez si era distinto come spesso ha fatto in questa rassegna, regalando il successo ai suoi neutralizzando due calci di rigore. Decisamente senza storia invece la sfida contro la Croazia che ha visto un trionfo totale per 3-0 da parte della squadra sudamericana, che si è così potuta proiettare in finale contro la Francia.
Argentina è la fine del ciclo d’oro
Contro la Francia è stato un continuo susseguirsi di emozioni per una partita che fino al minuto 78′ sembrava vinta e che invece Mbappe ha rimesso clamorosamente in piedi, trascinandola prima ai supplementari e poi ai rigori. Qui si è vista forse la differenza tra le due squadre, perché aiuto di Maradona dall’alto o meno, l’Argentina la sua vittoria l’ha strappata con le unghie e con i denti. E’ la fine di un ciclo, quello di una generazione d’oro che rischiava di aver vinto troppo poco per le sue indiscusse qualità.
Che lo si voglia o meno, è la fine del ciclo di Messi, colui che forse più ha pagato quando nelle finali non era riuscito ad essere decisivo. Colui che non avrebbe mai raggiunto Maradona perché un mondiale non lo aveva mai vinto. Confidando nel fatto che sia inopportuno paragonare giocatori di due epoche diverse, ormai questo è solo mero chiacchiericcio. Perché alla fine il suo lo ha fatto trascinando la squadra in cima al mondo. Certo, resta sbagliato dire che questa squadra sia stata composta dal solo Messi, ma di fatto lui ne resterà l’uomo più rappresentativo.
Da Martinez a Di Maria, i protagonisti del successo
Nel 2018, l’Albiceleste uscì agli ottavi di finale contro la stessa Francia che poi avrebbe alzato la coppa. In campo c’erano Messi, Di Maria, Otamendi, Tagliafico e se si contano anche gli uomini in panchina altri nomi sono in comune con quelli che hanno partecipato alla spedizione. Come poter vedere la luce dopo tanti anni di supposti fallimenti? Era difficile, ma ognuno dei giocatori impiegati in questa edizione ha contribuito al successo. Si è già parlato di Emiliano Martinez, fondamentale pararigori e autore di ottime prestazioni nel complesso. Di Maria che resta l’uomo delle finali, con una costanza nell’incidere che fa pensare a quanto riesca a tollerare bene le pressioni.
De Paul, il bodyguard di Messi come lo hanno definito alcuni. In Italia avevamo avuto l’opportunità di conoscerlo a Udine, ora è divenuto un giocatore totale. Uno dei migliori centrocampisti al mondo. La sorpresa Enzo Fernandez, che va ricordato, ha solo 21 anni, così come ha piacevolmente stupito Mac Allister. In patria poi tutti pazzi per Alvarez, ex River Plate e passato di recente al Manchester City. Al netto di qualche errore poi, anche il pacchetto difensivo non ha sfigurato con i vari Otamendi, Romero, Tagliafico, Montiel, Molina e via dicendo. Tutti hanno fatto la loro parte.
Perché alla fine, come una famosa citazione del Signore degli anelli insegna: “È come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perchè come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra, anche l’oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno e quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso”. E di sicuro oggi in Argentina risplende un sole stupendo, magari proprio quel Sol de Mayo raffigurato con tanta fierezza nella bandiera.
Maria Laura Scifo
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