Armando Picchi, il livornese che conquistò l’Inter

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Di Maria Laura Scifo

Alcuni giocatori rimangono legati per sempre alla propria terra, anche se alla fine dei conti hanno fatto fortuna altrove: è il caso di Armando Picchi. Nato e cresciuto a Livorno, divenne grande con l’Inter di Helenio Herrera, dando un grandissimo contributo ad una squadra che vinse tutto. In seguito, finita prima del tempo la carriera da giocatore per via di un infortunio, cominciò quella da allenatore.

Fu presente per la sua terra nel momento del bisogno, conquistando una salvezza indimenticabile con il Livorno. Quel piccolo miracolo gli aprì le porte della Juventus, ma per un periodo molto breve. Qualcun altro lassù, aveva bisogno di lui e lo chiamò a Sé a soli 36 anni. Ecco la storia di “Armandino”, il leader carismatico a cui è dedicato lo stadio di Livorno.

La carriera di Armando Picchi: dal debutto al Livorno fino alla Grande Inter

Nel 1954-55 comincia l’avventura nel mondo del calcio professionistico con il Livorno in Serie C. Armando Picchi resterà nella squadra della sua città natale per ben 5 anni, collezionando ben 105 presenze e 5 reti. La prima di queste il 30 Dicembre 1956 contro il Mestre. Nel 1959, il presidente della Spal Paolo Mazza, notando le qualità del terzino, decise di ingaggiarlo e portarlo in Serie A. Con i biancoazzurri però, si trattenne per una sola stagione contribuendo al quinto posto finale, il miglior risultato della storia degli estensi.

La sua carriera era in piena ascesa infatti, si gettò su di lui l’Inter di Helenio Herrera. Il tecnico nerazzurro fu tra gli artefici della svolta della carriera di Armando Picchi, in quanto lo spostò dalla posizione di terzino a quella di libero. A Milano arrivò di fatto la sua consacrazione e anche diversi trofei. Il livornese partecipò attivamente alle conquiste della Grande Inter, vincendo tre scudetti, due coppe dei campioni e due coppe intercontinentali.

Armando Picchi
Una formazione della Grande Inter (1964-65). In piedi da sinistra: Sarti, Guarnieri, Facchetti, Tagnin, Burgnich e Picchi. Accovaciati da sinistra: Jair, Mazzola, Suarez, Corso e Milani. Foto di pubblico dominio da wikipedia.org

Nel 1964 inoltre divenne anche il capitano della squadra e si distinse per il carisma con cui ricoprì quel ruolo. Proprio la sua autorevolezza fu la causa di dissapori con Helenio Herrera. Nel campionato 1964-65 l’Inter incontrò il Vicenza a San Siro e al termine del primo tempo il risultato stava premiando i biancorossi per 1-2. Negli spogliatoi le osservazioni e i suggerimenti di Herrera rimasero inascoltati da tutti i giocatori e addirittura, Picchi mostrò platealmente il suo dissenso. Nella ripresa però, i nerazzurri ribaltarono il risultato seguendo le indicazioni del livornese.

“Se l’Inter deve qualcosa al Mago, quanto deve il Mago a noi giocatori? Molto, forse moltissimo” (Armando Picchi)

La cessione al Varese e la nazionale

Il Mago ovviamente si legò al dito questa vicenda e di fatto costrinse l’Inter a cedere Picchi al Varese. Armando Picchi chiuse lì la sua carriera da giocatore per via di un infortunio che si era procurato in una partita in nazionale contro la Bulgaria. Nel 1968 infatti, fu convocato per tutte le partite di qualificazione all’Europeo. Tuttavia fu escluso dalla fase finale per via della frattura del bacino.

Provò a tornare in campo, ma a Varese si accorse di non poter rendere più come prima e dunque, decise di ritirarsi. Ad ogni modo, nella cittadina lombarda il suo compito non era finito. Si fermò lì per tutto il campionato 1968-69 in veste di giocatore-allenatore e con i Bosini mancò la salvezza di un solo punto. La classifica della Serie A di quell’anno difatti si chiuse con il Varese quattordicesimo a quota 22, mentre Sampdoria e Vicenza entrambi tredicesimi con 23 punti.

Servizio su Armando Picchi a partire dal minuto 47:32 fino al minuto 57:56

Le ultime panchine tra Livorno e Juventus

L’anno successivo, il Livorno chiese aiuto a Picchi per risollevarsi in campionato: gli amaranto si trovavano in piena zona retrocessione nella Serie B del 1969-70. Convinto da qualche amico, l’ex libero decise di prendere le redini della squadra e terminò quella stagione incredibilmente al nono posto. Allodi e Boniperti, allora dirigenti della Juventus, si accorsero delle sue qualità da allenatore e pensarono di metterlo alla guida della squadra bianconera.

Detto, fatto: all’alba della stagione 1970-71 Armando Picchi si ritrovò alla guida della Juventus. Dopo un iniziale periodo di rodaggio, la squadra cominciò a girare sia in campionato che nelle coppe. Il destino però, prese una decisione diversa da quella che si aspettavano gli appassionati di calcio. Nei primi mesi del 1971, il tecnico livornese cominciò ad avere dei forti dolori alla schiena. Solo più tardi e dopo numerosi accertamenti si scoprì che si trattava di un tumore alla colonna vertebrale. Pochi mesi e la malattia non gli lasciò scampo perché il 26 Maggio del 1971 lasciò questa terra.

Lo stadio Armando Picchi

Dopo qualche tempo il Livorno decise di onorare la memoria di Picchi intitolandogli lo stadio in cui disputa le partite interne. Nel 1990 infatti, il “Comunale” prese il nome di “Armando Picchi”, un livornese che era diventato grande fuori dalla sua città natale, ma che non aveva esitato ad aiutarla nel momento del bisogno.

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