Con la circolare n.166/2021 l’INPS ha istituito il “Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza“. Si potranno ottenere fino a 400 euro mensili utili per favorire il percorso di autonomia ed emancipazione delle donne. La nuova misura rientra nella legge 77/2020 approvata a luglio dello scorso anno.
“Reddito di libertà”: cos’è e come fare domanda
Il reddito di libertà è una misura introdotta per aiutare le donne vittime di violenza che vivono in condizioni di vulnerabilità o povertà. L’INPS potrà erogare i redditi per aiutare le donne nel loro percorso di emancipazione e autonomia personale.
Si potrà ricevere una somma massima di 400 euro mensili pro capite, per non più di 12 mesi. Il reddito sarà versato in un’unica soluzione, pertanto sarà possibile ottenere fino a 4800 euro totali nel caso si riceva l’importo massimo. Per la distribuzione dei “redditi di libertà” si terrà conto del limite delle risorse assegnate a ciascuna Regione o provincia autonoma.
Destinatarie del reddito, che dunque possono fare domanda per riceverlo, sono le donne seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e coloro aiutate dai servizi sociali. Con il contributo si vogliono sostenere in via prioritaria le spese per l’autonomia abitativa e personale, oltre al percorso scolastico e formativo di eventuali figli e figlie minori.
I requisiti di accesso e le modalità per compilare e presentare la domanda sono spiegate nella circolare 166/2021 pubblicata sul sito ufficiale INPS. Il testo contiene anche le istruzioni che gli operatori sociali devono seguire. Il servizio sociale di riferimento deve rilasciare una dichiarazione relativa alla condizione di bisogno della richiedente. Inoltre, i centri antiviolenza devono presentare una dichiarazione relativa al percorso di emancipazione e autonomia della richiedente.
Per facilitare la presentazione delle domande è stata progettata una piattaforma specifica che permette il collegamento con i Comuni italiani. La piattaforma online consentirà a ogni Comune di inoltrare all’INPS le domande ricevute dalle donne interessate. Infatti, per l’approvazione delle richieste si terrà conto del momento in cui le amministrazioni comunali hanno inoltrato le domande all’INPS, e non il momento in cui ciascuna donna ha compilato i moduli.
Giulia Panella
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