Cambiano le regole per l’assegno divorzile: non più solo il tenore di vita

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Di Redazione Metropolitan

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto riguardante i canoni da utilizzare per la quantificazione dell’assegno divorzile.

Aveva fatto un enorme scalpore la sentenza della Cassazione che, nel Maggio scorso, aveva, sulla scorta di un orientamento che era in via di consolidazione, eliminato tout court lo storico criterio, sempre giurisprudenziale, del “tenore di vita” quale metro di giudizio per la quantificazione dell’assegno divorzile.
Il giudizio degli Ermellini riguardava allora il divorzio tra l’ex ministro Vittorio Grilli e la ex moglie Lisa Lowenstein, in occasione del quale, facendo leva sul criterio di “autonomia” previsto dalla legge per l’assegno da devolvere alla prole maggiorenne in caso di divorzio, si era affarmato il superamento del “precedente consolidato orientamento, che collegava la misura dell’assegno al parametro del tenore di vita matrimoniale, indicando come parametro di spettanza dell’assegno, avente natura assistenziale, l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede“.

Da quella sentenza era derivato un contrasto in seno alla Cassazione stessa che ha così portato alla sentenza delle Sezioni Unite depositata ieri in cancelleria, con la quale i giudici hanno cercato di sviluppare un “criterio composito”, vista l’indiscussa inattualità del criterio del tenore di vita, da una parte e i rischi di ingiustizia connessi al principio affermato nella sentenza sul divorzio Grilli-Lowenstein, dall’altra. Il rischio, uno dei tanti, era quello che un coniuge divorziato, nella fattispecie la moglie, la quale aveva dedicato la propria vita matrimoniale alla famiglia, magari rinunciando al lavoro e ad un proprio guadagno, si vedesse riconosciuto un assegno totalmente insufficiente tanto da dovere ricominciare a lavorare in un’età non facile.

Il criterio composito tra condizioni economico-patrimoniali, tenore di vita, durata del matrimonio e contributo familiare del coniuge richiedente l’assegno divorzile

Secondo il nuovo criterio, definitivamente inaugurato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, l’assegno divorzile non sarà più parametrato solamente sul tenore di vita, nè solo sull’autonomia del coniuge (canone peraltro previsto solo per i figli maggiorenni dalla legge) ma “si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto“.

Tutto questo vuol dire che l’assegno divorzile avrà una diversa misura in base anche alla durata del matrimonio, all’impegno che il coniuge assegnatario ha speso per la famiglia, così consentendo l’accrescimento del patrimonio dell’altro coniuge, nonché in base al tenore di vita di cui si è goduto durante il periodo matrimoniale.

Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, all’assegno divorzile “deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa. Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo“.

Sulla scorta del più recente arresto giurisprudenziale, dunque, gli assegni divorzili già quantificati, così come quelli decidendi, dovranno essere oggetto di una specifica valutazione in concreto, caso per caso, al fine di valutare i diversi elementi che compongono il ‘criterio composito’ inaugurato dalle Sezioni Unite.

Contentezza e soddisfazione non solo per le coppie divorziate, che possono così godere di un criterio certo e tutto sommato ragionevole, ma anche per gli avvocati stessi i quali, se da una parte da tempo denunciavano l’inadeguatezza del solo criterio del ‘tenore di vita’, dall’altra non potevano non temere e sottolineare i pericoli del solo criterio dell”autoresponsabilità’.
La sentenza “non lascia più spazio a dubbi perché finalmente si chiarisce che non è possibile equiparare tutti i matrimoni – afferma Gian Ettore Gassani, presidente nazionale dell’Associazione avvocati matrimonialisti italiani -. Un conto è il matrimonio ‘mordi e fuggi’ che non prevede assegno, altro conto la relazione di una vita nella quale entrambi i coniugi hanno contribuito sostanzialmente alla relazione. Si chiarisce insomma che in caso di impegno il coniuge più debole ha diritto a qualcosa in più“.

Dopo l’arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite, che ha messo un punto fermo, nelle more della legge, circa il criterio di quantificazione dell’assegno divorzile, è facile immaginare come nei prossimi mesi possa scatenarsi un vero e proprio ritorno in aula per tutti quei divorziati, anche illustri, che ritengono di dovere chiedere la riforma dell’assegno divorzile da dare all’altro ex coniuge o percepito da quest’ultimo.

Di Lorenzo Lucarelli